Bartolomeo I ,Patriarca Ecumenico di Costantipoli, in una lettera inviata a Papa Francesco, in occasione della visita della Delegazione, giunta a Roma per la Solennità di San Pietro e Paolo, ricorda con affetto e gratitudine l'incontro a Lesbo con il Pontefice.
La Chiesa Cattolica e quella Ortodossa devono collaborare insieme in attività concrete verso chi è bisognoso e sofferente. E' una delle riflessioni di Papa Francesco contenuta nel discorso alla Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, giunta come di tradizione a Roma in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Gioia e amore. Le chiavi del pontificato di Benedetto XVI sono nelle parole del cardinale Mueller successore di Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede, che ha salutato il Papa Emerito nella celebrazione dei suoi 65 anni di sacerdozio voluta da Papa Francesco e che si è svolta nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico.
Una festa sobria ma cordiale e affettuosa quella che il Papa e la Curia Romana hanno riservato nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico al Papa Emerito Benedetto XVI in occasione del 65/mo anniversario della sua ordinazione presbiterale.
Misericordia e solidarietà, ne parleranno i segretari generali delle Conferenze episcopali europee a Berlino dal 30 giugno: tre le prospettive, accoglienza, integrazione, e sinodalità.
25 anni fa - esattamente il 28 giugno 1991 - Papa Giovanni Paolo II procedeva al suo quinto concistoro per la creazione di nuovi cardinali. Una "infornata" di porpore piuttosto significativa non tanto per il numero - 23 - di cardinali creati, quanto per i nomi. E tra i porporati che oggi festeggiano il loro 25/mo anniversario di cardinalato ci sono due nomi che hanno avuto un peso specifico rilevante nella storia recente della Chiesa contemporanea: Angelo Sodano e Camillo Ruini. Due cardinali molto diversi tra loro ma che anche oggi, nonostante l'età avanzata, restano tra i più influenti ed ascoltati dentro e fuori la Città del Vaticano.
Qual è il destino del popolo armeno? “Una vita di pietra e tenerezza di madre”, ha detto Papa Francesco, nel volo di ritorno dai 3 giorni di viaggio nella prima nazione cristiana. La verità è che il popolo armeno ha avuto anche 36 soldati per difendere la fede. Soldati che hanno costruito la nazione, che non solo è stata la prima a proclamarsi cristiana, ma che probabilmente è il vero “popolo del libro” in tempi moderni. Perché il libro per gli armeni è tutto, e permea la religiosità popolare.
49 anni dopo la Guerra dei sei giorni verrà bonificata dalle mine e da altri ordigni che ancora vi si trovano disseminati, l’area della riva occidentale del fiume Giordano, all’altezza del luogo che la tradizione identifica come il posto del battesimo di Gesù.
Che succede se la Bibbia va in palcoscenico? I temi biblici sono spesso stati drammatizzati, ma certo i tre atti unici che Gianni Maritati, giornalista e scrittore, ha messo sulla carta insieme a Sergio Ronci, sono qualcosa di più.
“Abbiamo scritto una pagina di storia, un capitolo nuovo nella storia contemporanea della nostra Chiesa. Tornando a casa possiamo dire di aver dato prova ancora una volta della nostra unità in Cristo. Siamo una Chiesa indivisibile e abbiamo sperimentato la gioia dell’unità nella nostra diversità”. Lo ha detto il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, chiudendo ieri il Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa che si è svolto a Creta. Un concilio storico ma segnato dalle tensioni e dalle assenze, a partire dal Patriarcato di Mosca passando per Antiochia, Georgia e Bulgaria.
Per qualche giorno una folla gioiosa invaderà una storica location, nei caldi pomeriggi di luglio sarà possibile veder girare un gruppo di bambini in festa o cantare serenate, comparire burattini artigianali o strani personaggi sui trampoli e pensare di essere proprio in una bella favola. Tutto questo succederà nel cuore del quartiere medievale di Castellone a Formia, dove torna il festival di Teatro per ragazzi “Il Cancello delle favole”.
Giustizia e pace. Francesco le augura all’Armenia, terra biblica di grandi contrasti come violento e contrastato è il clima, così la storia, la cultura, la vita. “Vita di pietra” e “tenerezza di madre” dice Francesco ai giornalisti che lo hanno seguito in queste 52 ore nel paese dove per la prima volta il cristianesimo è stato dichiarato religione di stato.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato ieri sera un messaggio di saluto a Papa Francesco, al suo rientro dal viaggio apostolico in Armenia.
Al popolo armeno auguro "la giustizia e la pace e prego per questo, perché è un popolo coraggioso, e prego perché trovi la giustizia e la pace, io so che tanti lavorano per questo". E' un popolo che "ha portato croci, ma non ha perso la tenerezza, l’arte, la musica... un popolo che ha sofferto tanto nella sua storia e soltanto la fede lo ha mantenuto in piedi, perché il fatto che sia stata la prima nazione cristiana, questo non è sufficiente. E’ stata la prima nazione cristiana perché il Signore l’ha benedetta, perché ha avuto i santi, ha avuto i vescovi santi, martiri e per questo ha fatto della resistenza la pelle di pietra, diciamo così, ma non ha perso la tenerezza di un cuore materno. L’Armenia è anche madre". Sono le prime parole del Papa, nella consueta conferenza stampa con i giornalisti ammessi al volo papale, durante il viaggio di ritorno verso Roma.
La visita al monastero di Khor Virap, l’ultimo appuntamento in terra armena di Papa Francesco. Una preghiera con il Catholicos, la benedizione e infine il volo di due colombe in direzione Monte Ararat, per concludere questo 14 viaggio apostolico nel segno e nell’augurio della pace.
Confermano le parole che già avevano scritto i loro predecessori Papa Francesco e Karekin II e definisce il “ Grande Male”, "quello che viene generalmente indicato come il primo genocidio del XX secolo". Era il 2001 e la Santa Sede diventava la guida politica di un processo di riconciliazione che sta ancora svolgendosi, ma che dalle parole dei Patriarchi armeni, sembra ancora lontana.
La domenica armena di Papa Francesco è iniziata con la Messa celebrata in privato nel Palazzo Apostolico di Etchmiadzin, dove Papa Bergoglio è ospite del Catholicos Karekin II. Successivamente Francesco ha incontrato i 14 Vescovi armeni cattolici e i sacerdoti loro collaboratori, per poi partecipare alla Divina Liturgia presieduta da Karekin II.
“È una grazia per me trovarmi su queste alture, dove, sotto lo sguardo del monte Ararat, anche il silenzio sembra parlarci; dove i “khatchkar” – le croci di pietra – raccontano una storia unica, intrisa di fede rocciosa e di sofferenza immane, una storia ricca di magnifici testimoni del Vangelo, di cui voi siete gli eredi”. Sono le parole del Papa a Yeravan, in occasione della preghiera per la pace, davanti a circa 5 mila persone. Il viaggio in Armenia di Papa Francesco continua. E giunge all’ultimo appuntamento di questa seconda intensa giornata.
C’è un’opera di misericordia che Giovanni Paolo II ha donato all’Armenia, e che è lì, tra le montagne del Caucaso, quasi al confine con la Georgia. Si chiama “Redemptoris Mater”, è un ospedale gestito dai Camilliani, ma è comunemente noto come “l’ospedale di Giovanni Paolo II”. A questo ospedale, Papa Francesco ha fatto riferimento nei ringraziamenti finali della messa a Gyumri. E lo avrebbe probabilmente visitato, se il programma non fosse stato così chiuso.
“Mi si chiede di “tornare a Gerusalemme” (cfr Lc 24): come agli Apostoli, dopo “i fatti accaduti a Gerusalemme” e l’incontro con il Risorto, anche a me il Signore, attraverso il Papa, chiede di tornare alla Città Santa dopo la mia esperienza di Custode”.