Denver, Colorado, 07 November, 2018 / 6:00 PM
Alla vigilia della plenaria della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, che andrà a trattare anche il tema degli abusi sessuali del clero, un rapporto del Ruth Institute, un istituto di ricerca basato in Louisiana, è andato ad indagare se c’è una correlazione tra i casi di abuso sessuale nella Chiesa e l’omosessualità.
Il tema è scottante. Fino ad ora, i due studi principali sul tema degli abusi negli Stati Uniti sono stati quelli del John Jay College, “La natura e lo scopo del problema dell’abuso sessuale su minori da parte dei sacerdoti e decani negli Stati Uniti” del 2004 e “Le cause e il contesto dell’abuso sessuale di minori da parte dei sacerdoti cattolici negli Stati Uniti, 1950 – 2011”. Sono due studi di riferimento. In particolare, il secondo sottolineava che, sebbene l’80 per cento degli abusi fosse avvenuto su ragazzi, non si poteva definire una correlazione diretta tra omosessualità e tendenza all’abuso.
Lo studio del Ruth Institute – intitolato “L’abuso sessuale da parte di sacerdoti è correlato alla presenza di preti omosessuali?”- sostiene che i dati vanno letti in maniera diversa. E lo ha sottolineato con forza Paul Sullins, che ha condotto la ricerca. Sullins era un sacerdote episcopaliano sposato che si è poi convertito al cattolicesimo, mantenendo l’ordinazione e diventando così sacerdote sposato nella Chiesa cattolica. Ha insegnato sociologia alla Catholic University of America, e, ora in pensione, dirige alcune ricerche per il Ruth Institute, che ha come scopo quello di indagare gli effetti della Rivoluzione sessuale nella società.
Sostiene il rapporto che negli anni Cinquanta la proporzione di sacerdoti omosessuali nella Chiesa Cattolica era il doppio della percentuale di omosessuali nella società, mentre negli anni Ottanta il numero è cresciuto di otto volte. Non solo: un quarto dei sacerdoti ordinati negli Anni Sessanta ha riportato sull’esistenza di una subcultura omosessuale nei seminari, mentre negli Anni Ottanta addirittura la metà dei sacerdoti ordinati ha denunciato la presenza di una subcultura omosessuale. Entrambi i casi – sottolinea un comunicato stampa del Ruth Institute – questo trend di crescita è da associare alla crescente presenza dei casi di abuso sessuale.
Lo studio sottolinea che è c’è un trend di crescita degli abusi a partire dal 2010, mentre il numero degli abusi dopo il 2002 era drammaticamente crollato. I dati utilizzati sono stati quelli del rapporto del Grand Jury della Pennsylvania, che in 1300 pagine ha dettagliato gli abusi sessuali compiuti in sei delle otto diocesi dello Stato (escluse le diocesi di Philadelphia e Altoona, dove indagini del genere erano già state fatte in passato), individuato 301 sacerdoti predatori e oltre 1000 minori che hanno subito abusi nel corso degli ultimi 70 anni. Un rapporto che la Santa Sede ha preso con serietà, notando allo stesso tempo che “non avendo quasi trovato casi dopo il 2002, le conclusioni del Grand Jury sono coerenti con precedenti studi che hanno mostrato come le riforme fatte dalla Chiesa Cattolica negli Stati Uniti hanno ridotto drasticamente l’incidenza degli abusi commessi dal clero”.
Il rapporto del Ruth Institute indaga su una questione specifica che è la correlazione dei casi con l’omosessualità dei sacerdoti, utilizzando una inchiesta del 2002 che misurava l’orientamento sessuale dei sacerdoti.
E si nota che l’incidenza di abuso da parte del clero è un terzo meno comune di quanto avvenisse negli Anni Ottanta, sebbene i numeri non stiano a significare che il calo sia stato così alto. Negli Anni Novanta, sono stati riportati meno abusi negli Stati Uniti, e meno abusi perpetrati da parte del clero, ma questo –secondo Sullins – “non è necessariamente correlato con le misure prese dai vescovi USA” con la Carta per la Protezione di Bambini e Adulti diffusa nel 2002 a seguito dello scandalo degli abusi del 2002.
Ad ogni modo, i dati sugli abusi vanno anche letti sulla base delle segnalazioni, che arrivano spesso dopo un percorso interiore che dura anni. Proprio l’impegno della Santa Sede, che si sviluppa da anni e non solo in situazioni di crisi scaturite da indagini, ha permesso spesso che gli abusi venissero alla luce.
La linea della tolleranza zero è stata più volte ribadita da Papa Francesco, che ha anche inviato una lettera a seguito del caso del Cile, ha definito gli abusi “crimini e atrocità” in una lettera al “popolo di Dio” il 20 agosto 2018, e ha chiesto perdono per i casi di abuso durante il viaggio in Irlanda il 26 agosto.
Papa Francesco ha proseguito sulla linea di Benedetto XVI. Secondo dati diffusi dalla Santa Sede alla Commissione sulla Convenzione per la Protezione dei Bambini nel 2014, Benedetto XVI ha ridotto allo Stato laicale quasi 400 sacerdoti tra il 2008 e il 2012, con una crescita enorme a partire dal 2011, quando sono state messe in atto norme di prevenzione e risposta più restrittive.
Nel 2005, con una istruzione sull’accesso ai seminari che era allo studio già da tempo, Benedetto XVI aveva già notato la non ammissibilità di sacerdoti che avessero anche solo supportato la cultura gay, una decisione che Papa Francesco non ha mai abrogato.
Il percorso di riflessione sul tema è in atto, insomma, da tempo. Del tema degli abusi hanno parlato anche i vescovi francesi nella loro plenaria della scorsa settimana, incoraggiati da Papa Francesco a proseguire nella loro linea di ascolto delle vittime e contrasto del fenomeno.
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