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La Madonna col Bambino di San Luca, storia e studi a Castel Sant'Angelo

Un destino unico e luminoso,  che il tempo, i cambiamenti, i sovvertimenti violenti e continui della Storia non hanno potuto e non possono cambiare. E' il destino, la storia della Madonna di Santa Maria del Popolo,  a Roma, oggi al centro non solo della devozione popolare, ma anche di importanti studi e scoperte nell'ambito della storia dell'arte.

Per lunghissima e consolidata tradizione, infatti, si attribuiva la fattura dell'immagine mariana all'apostolo San Luca, e per questo era definita, e lo è ancora, Madonna di San Luca. Gli studi di qualche decennio fa si erano fermati all'attribuzione probabile ad un artista denominato Maestro di San Saba, perché caratteristiche e tecniche dell'icona la facevano apparire compatibile con l'autore degli affreschi della quarta navata della chiesa all' Aventino.

Tutto questo fino ai lavori di restauro, quando emerge la firma di Filippo Rusuti, maestro del Duecento e operante a Roma, noto per i mosaici di Santa Maria Maggiore, scoperta che, tra l'altro, apre la strada all'attribuzione a Rusuti anche degli affreschi di San Saba, non più "anonimi".

La Madonna, Sancta Maria populi romani, scudo e salvezza della Città Eterna e non solo, risplende dunque nei colori rinati dal recente restauro, come si può ora ammirare fin nei particolari, nella preziosa mostra allestita presso il Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo,  fino al 18 novembre. E' stato proprio il restauro a rendere visibile la firma di Rusuti, occasione più unica che rara di veder firmato un capolavoro medievale.

La nostra è stata realizzata in collaborazione con il Fondo Edifici di Culto (FEC) e con la Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, diretto dall'architetto Francesco Prosperetti, responsabile del restauro. I curatori della mostra sono Simonetta Angelini e Alessandro Tomei. 

L'icona -che mostra i segni di una perdurante influenza bizantina - ritrae Maria con un mantello di un  blu strabiliante su fondo oro,  mentre china il capo verso il Bambino benedicente, secondo la tradizionale iconografia dell'Odigitria ("colei che mostra la via", ossia Cristo). Al suo cospetto ammiriamo la pregevole opera creativa ma in questo senso del bello si fa strada soprattutto la commozione che suscita in quanto millenario oggetto di devozione, catalizzatrice di grazie e miracoli.

A cominciare dalla sua origine, quando si diffuse la convinzione che fosse stata dipinta da San Luca in persona. Quindi nel 1235 papa Gregorio lX la fece portare solennemente in processione da San Giovanni in Laterano nella cappella edificata a Piazza del Popolo, accanto alle preziose reliquie del latte, del velo e delle vesti della Madonna lì poste un secolo prima da Papa Pasquale II, per la devozione del popolo, per proteggere la città e scacciare lo spirito maligno dell'imperatore Nerone che, secondo una convinzione diffusa, si aggirava da quelle parti, insieme ad un corteo di demoni.

La funzione di protettrice e mediatrice potente fra cielo e terra rese l'icona venerata e amata dai romani, portata in processione per chiedere la liberazione da ogni male, dagli spiriti maligni, appunto, alle pestilenze, al rischio di invasioni dei turchi. Il suo culto verrà "esportato" in tutta Italia, soprattutto al Nord, dove circolano per tutto il Quattrocento e il Cinquecento "copie" di grande valore. Da mille anni, la Madonna di San Luca veglia su Roma e sul mondo, e lo farà ancora, nonostante la laicizzazione sempre più dilagante e nonostante la scoperta che non è stata dipinta da un santo, o da una mano divina, come vuole un'altra tradizione antica e diffusa a Roma, ossia quella delle immagini mariane non dipinte da mano umana, le Madonne achiropite, ma da quella umanissima di un'artista del Duecento.

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