Roma, 31 August, 2018 / 10:00 AM
Un boato e una nuvola di fumo e il tetto viene giù. Giovedi pomeriggio a Roma è crollato il tetto della chiesa di San Giuseppe dei falegnami. Non è purtroppo una rarità che i tetti di antiche chiese del ‘600 crollino. Negli anni è capitato a San Sisto vecchio ai fori imperiali, e a San Pancrazio al Gianicolo e magari in chiese meno note. Ma stavolta la chiesa è proprio al Foro Romano e soprattutto è una chiesa dove in molti scelgono di sposarsi per fare delle belle foto.
Ma la parte veramente preziosa è quello che sta sotto la chiesa, il carcere Mamertino dove la tradizione vuole si stato imprigionato San Pietro.
Quella del Carcere Mamertino a Roma è una storia d’acqua. L’acqua con cui San Pietro ha battezzato il suo carceriere, l’acqua che ingoiava nel buio i nemici di Roma coma Giugurta. L’acqua che ancora oggi scorre al di sotto del pozzo reso santo dal continuo afflusso di pellegrini e santi che hanno venerato fin dal 300 la memoria di Pietro in questo luogo.
Salendo da via dei Fori Imperiali verso il Campidoglio basta svoltare a sinistra per trovarsi su una strada di basolato romano che porta di fronte alla chiesa di San Giuseppe dei Falegnami. Un edificio seicentesco che sembra insolitamente alto. Nelle sue fondamenta c’è la storia di Roma e della cristianità. Un pozzo, una cisterna, un luogo buio e angusto di cui ancora oggi gli archeologi stentano a capire a pieno la forma, che serviva da “carcere d’elite”. Siamo nel cuore della città, tra i fori, le basiliche, accanto alle antiche mura dell’ Urbe, vicino alla Curia, alla Tomba di Romolo.
La prigione di stato di Roma, il Tullianum, diventato poi Mamertino, entrambi nomi di origine antiche ed incerte, è stata luogo di pellegrinaggio con alterne fortune e vicende, è anche un luogo di studio della storia della città.
Per conservare il luogo caro a fedeli e studiosi si è avviato un vero scavo nel 2000 sotto il patrocinio della Soprintendenza Speciale Archeologica di Roma. Patrizia Fortini, l’archeloga che per decenni ha studiato ogni pietra di questo affascinante e misterioso luogo, è stata affiancata nel 2009, dal responsabile dell'Ufficio di Arte Sacra e dei Beni Culturali del Vicariato di Roma, Rosario Giuffrè.
Sono emersi dalla pareti ammuffite, pitture medioevali come la Madonna della Misericordia e la rappresentazione del Campidoglio, e resti paleocristiani a testimoniare il culto continuo in questo luogo. Un culto che però aveva anche messo in pericolo la sopravvivenza del monumento.
La vista all’aerea permette di riconoscere le fasi di una storia millenaria e di respirare l'atmosfera di uno dei luoghi più inquietanti della Roma antica. Alcune fonti raccontano che “ospiti” del carcere furono Vercingetorige e Giugurta. Ma vi furono rinchiusi anche Gaio Gracco, i Catilinari e Seiano con i suoi figli. Sallustio, a proposito dei Catilinari, ricorda l'aspetto ripugnante, spaventoso, oscuro, maleodorante e freddo della prigione. Il visitatore scopre che in effetti la prigione è divisa in due. Una sorta di cisterna il cui vano superiore sarebbe il Mamertino risalente al quarto re di Roma Anco Marcio, e sotto un secondo e più antico vano opera del re Servio Tullio. Ancora più sotto c’è la polla d'acqua oggi gestita da pompe idrauliche per questioni di conservazione. Una fonte forse consacrata ad una ninfa.
Il prigioniero che veniva rinchiuso nel carcere veniva gettato nel profondo buco come a volerne cancellare la memoria. Una condanna nella condanna per i traditori dello stato. Pietro dunque e anche Paolo secondo alcune fonti, dovevano essere considerati nemici pericolosissimi. In effetti la predicazione del Vangelo minava le basi stesse della religione e quindi della potenza romana.
A raccontare la vicenda di Pietro è un testo del IV secolo, una Passione di Pietro di autore incerto anche se creduto dello stesso principe degli Apostoli. I cristiani di Roma cercano di evitare il martirio. «Anche i custodi del carcere, Processo e Martiniano, lo pregavano dicendo: “O Signore, vai dove vuoi, giacché noi pensiamo che ormai l'imperatore si è dimenticato di te” Dopo che nel carcere Mamertino tu ci hai battezzati nel nome della Trinità Santissima, facendo sgorgare una fonte dalla rupe, con la preghiera e il segno della croce, tu sei andato liberamente dove hai voluto e nessuno ti ha molestato”
Una storia che viene rappresentata spesso e che si unisce alle altre memoria di Pietro, come quelle custodite nella chiesetta del Domine quo Vadis ? Sulla via Appia. Leggende che si intrecciano alla verità ma che testimoniano il grande culto a Pietro, oltre naturalmente la imponente basilica costantiniana. Rimane comunque molto da studiare come ci spiega proprio Patrizia Fortini, archeologa , che da diversi anni si occupa del complesso del Tullianum.
Una ipotesi è che questo luogo nasce come santuario di una divinità dell’acqua?
Un elemento è dato dallo stipe trovato nella parte più bassa del Tullianum. Un deposito con doni votivi, oggetti ceramici ed altri del III secolo avanti Cristo. Ceramica a vernice nera con iscrizioni che indicano il valore votivo del materiale. La presenza della sorgente, con l’acqua che scaturisce dal piano del pavimento, con un foro, a sezione quadrata scavato al momento della costruzione, che fa risalire come un sifone l’ acqua che scaturisce dalla ghiaie geologiche, e l’acqua si distribuisce sul piano ad un livello constante. Questi elementi e la forma dell’ edificio ci fanno pensare che in origine questo era un luogo sacro. Forse una fontana monumentalizzata o sacra, ma il depositi votivo fa pensare proprio ad una divinità legata all’acqua. E in genere si tratta di ninfe o divinità che sono in rapporto all’ acqua e al mondo sotterraneo, al mondo dei morti quindi. Tutto è ancora da studiare.
Fino a quando questo luogo è stato usato come carcere di stato?
Sappiamo da Ammiano Marcellino che fino a tutto il V secolo il Tulliano era ancora carcere. Poi sappiamo che intorno al VII dopo Cristo le carceri si spostano e vanno nella zona del Foro litorio, dove oggi è San Nicola in Carcere. Alcune fonti ci raccontano che fino al VI secolo il luogo era attivo. La decadenza arriva nel VII secolo, gli scavi hanno dimostrato che in quel periodo il luogo era abbandonato. Poi dall’ VIII sappiamo che diviene un luogo di culto cristiano perché abbiamo trovato un pezzetto di affresco nella parte bassa del Tullianum.
E le testimonianze di culto cristiano più antiche quali sono?
Non si trova archeologicamente nient’ altro. Oltre l’ affresco ci sono resti di capitelli del VII secolo, una transenna liturgica ma sempre dell’ VIII secolo. A qual punto inizia la trasformazione in chiesa. La novità che è emersa sempre sul piano pavimentale del carcere è che vicino al foro da dove esce l’ acqua di epoca romana è stata scavata una specie di acquasantiera dove si raccoglie l’ acqua che potrebbe essere riferita al culto cristiano. Ma per il momento è impossibile dire con precisione a che epoca si riferisce.
Nelle fonti si parla sempre di Custodia Mamertina, ma il culto di San Pietro si impone nel Foro proprio nell’ VIII secolo. C’erano altre chiese, memorie petrine che si diffondono e la traslazione di alcune reliquie. In effetti la Chiesa si sovrappone al potere imperiale. In precedenza c’erano delle diaconie in zona, come San Sergio e Bacco, e le diaconie avevano bisogno di acqua. Ma c’è ancora molto da studiare.
Il primo passaggio chiaro dalle fonti al culto cristiano lo abbiamo addirittura nel XIII secolo, come chiesa, prima è solo un luogo di culto chiamato ancora comunque carcere.
Quanto è importante questo complesso del Tullianun nella storia di Roma, del Campidoglio, del Foro?
Bisogna ricordare che il carcer è parte integrante del comitium , il luogo dell’ assemblea del popolo di Roma, parte del nucleo politico della Roma antica. Sappiamo che durante le cerimonie del trionfo, nel punto in cui la Via Sacra sala al Campidoglio il trionfatore scendeva dal carro per andare al tempio di Giove e il prigioniero veniva gettato nel Tullianum. E’ un momento fondamentale nella cerimonia del trionfo. Poi è stato sempre un punto di raccordo tra Campidoglio e Foro. Si trovano qui le mura di VIII secolo avanti Cristo e poi le mura del VI sec. Il carcere si trovava tra il Palatino e il Campidoglio ed poi divenuto il punto nodale del centro di Roma insieme alla zona del Lapis Niger. Uno snodo cittadino che prosegue anche nel periodo medioevale. Nel XIII secolo il carcere delimita la zona del Campidoglio. E rimane sempre punto centrale. Qui passava la pompa papale dal Laterano a San Pietro, e c’era la via di Marforio che collegava le consolari e fino agli anni 80 quando la zona è stata pedonalizzata.
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