Medjugorje, 23 July, 2018 / 11:00 AM
Una Messa di fronte a molti di fedeli, per i “lontani” che visitano la parrocchia di Medjugorje, ma anche per i vicini, quelli che da sempre sono testimoni di quanto accade nella piccola cittadina serba. L’arcivescovo polacco Henryk Hoser, vescovo emerito di Varsavia-Praga, ha dato inizio così al suo ministero di visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje. Prendendo posizioni precise: il culto mariano è cristocentrico, la devozione di Medjugorje è secondo dottrina. Altra cosa il carattere delle apparizioni, su cui si deve ancora pronunciare.
Sono milioni i fedeli che da 37 anni accorrono a Medjugorje, una piccola città della Bosnia dove sette veggenti avrebbero avuto visioni continue e costanti della Vergine Maria. La Chiesa cattolica ancora non ha riconosciuto la veridicità delle apparizioni, c’è stata una commissione appositamente formata da Benedetto XVI e presieduta dal Cardinale Camillo Ruini per dare una opinione sulla natura delle apparizioni e del culto che avviene a Medjugorje, e infine Papa Francesco ha dato prima un mandato “pastorale” da inviato speciale all’arcivescovo Hoser, quando era ancora vescovo di Varsavia-Praga, e quindi, dopo la sua rinuncia alla guida della diocesi per raggiunti limiti di età, lo ha nominato visitatore apostolico presso la parrocchia di Medjugorje.
Il suo ministero da visitatore apostolico è cominciato, dunque, domenica 22 luglio. La Messa, che si è tenuta nella chiesa di San Giacomo, è stata celebrata insieme all’arcivescovo Luigi Pezzuto, nunzio apostolico in Bosnia Erzegovina, al vescovo Guido Gallese di Alessandria e a fra’ Miljenk Steko, provinciale dei francescani, cui da sempre è affidata la parrocchia di Medjugorje, fondata nel 1892 e affidata a San Giacomo protettore dei pellegrini.
Nella sua omelia, l’arcivescovo Hoser ha spiegato che il Papa lo ha inviato perché “la cura pastorale esige di assicurare un accompagnamento stabile e continuo” sia della comunità parrocchiale che dei fedeli che vi vanno in pellegrinaggio.
L’arcivescovo Hoser ha poi ricordato che i pellegrini arrivano da circa 80 Paesi del mondo, e che “per percorrere tanti chilometri bisogna avere una motivazione ferma e decisa”, ma che non sono solo questi i lontani. Sono anche quelli “che si sono allontanati da Dio, da Cristo, dalla loro Chiesa e dalla luce che dà senso alla vita”.
Anche i vicini sono sia quelli che “abitano da generazioni questo luogo e questo territorio”, parrocchiani perché sono “da 37 anni testimoni di tanti eventi di questa regione”, ma anche “quelli che vivono una fede ardente e calorosa, che vogliono essere in contatto intimo e riconoscente con il Signore risuscitato e misericordioso”. La missione dell’arcivescovo emerito di Varsavia è anche per loro.
L’arcivescovo Hoser ha poi detto che tanta gente va a Medjugorje “per incontrare Dio, per incontrare Cristo, per incontrare sua madre”, e allo stesso tempo “per scoprire la strada che conduce alla felicità di vivere nella casa del Padre e della Madre”, e che la via più semplice e sicura è quella “del culto mariano che si celebra qui da anni”, un culto “cristocentrico, perché, come diceva Paolo VI, da Cristo trae origine ed efficacia”.
L’arcivescovo Hoser ha preso spunto dalla Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, in cui si sottolinea che le varie forme di devozione mariana devono svilupparsi in “armonica subordinazione” al culto per Cristo, e che questo è quello che succede a Medjugorje, dove “al centro c’è la Santa Messa, l’adorazione del Santissimo Sacramento, una massiva frequenza del Sacramento della Penitenza”, con “altre forme di pietà come “il Rosario e la Via Crucis” .
Il visitatore apostolico ha lodato i pellegrini che “consacrano il loro tempo per essere presenti nello spazio di Medjugorje”, e che quel luogo offre “il tempo e lo spazio della grazia divina per intercessione della Beata Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa”, venerata con l’appellativo di “Regina della Pace” che è “conosciuto nelle litanie lauretane”.
Ed è vero, ha concluso l’arcivescovo, il mondo “ha bisogno di pace”, sia nei cuori di ciascuno e nella famiglia che a livello internazionale, con uno speciale riferimento ai Balcani, e per questo “promuovere la pace significa costruire una civiltà fondata sull’amore, sulla comunione, sulla fraternità, sulla giustizia e quindi sulla pace e la libertà”.
Quali sono i compiti dell’arcivescovo Hoser a Medjugorje? La prima nomina fu quella di “inviato speciale” presso la parrocchia di San Giacomo l’11 febbraio 2017, con lo scopo di “acquisire una maggiore conoscenza della situazione pastorale lì e, soprattutto, delle necessità dei fedeli che vanno lì in pellegrinaggio”. La missione, di carattere puramente pastorale e senza nessuno scopo di andare ad investigare la natura delle apparizioni, si è conclusa nell’estate 2017.
Il 31 maggio del 2018, Papa Francesco ha quindi nominato l’arcivescovo Hoser “visitatore apostolico”, per un periodo indefinito e ad nutum Sanctae Sedis, ovvero finché la Santa Sede non disponga altrimenti. Il mandato, anche in questo caso, è pastorale, e lo scopo è quello di assicurare “uno stabile e continuo accompagnamento della comunità parrocchiale di Medjugorje e dei fedeli che vanno lì come pellegrini e i cui bisogni richiedono particolare attenzione”.
Tornado da Fatima il 13 maggio 2017, Papa Francesco aveva fatto riferimento al documento della Commissione Medjugorje presieduta dal Cardinale Camillo Ruini, e aveva sottolineato che il rapporto è “molto, molto buono”. Il rapporto non è ancora stato pubblicato.
La commissione era stata istituita da Benedetto XVI il 17 marzo 2010, e il suo lavoro è durato fino al 17 gennaio 2014, quando, terminato il lavoro di esame, ha inviato le sue conclusioni alla Congregazione per la Dottrina della Fede.
La commissione era composta, oltre che dal Cardinale Ruini, anche dai Cardinali Jozef Tomko, Vinko Puljic, Josip Bozanic, Julian Herranz e Angelo Amato, lo psicanalista Tony Anatrella, i teologi Pierangelo Sequeri, Franjo Topić, Mihály Szentmártoni e Nela Gašpar, il mariologo Salvatore Perrella, l’antropologo Achim Schütz, il canonista David Jaeger, il relatore delle cause dei santi Zdzisław Józef Kijas, lo psicologo Mijo Nikić e l’officiale della Congregazone della Dottrina della Fede Krzysztof Nykiel.
La commissione si è riunita 17 volte, ha svolto un sopralluogo a Medjugorje nell’aprile del 2012, ha incontrato tutti i veggenti e ha studiato la documentazione vaticana, della parrocchia di San Giacomo e degli archivi dei servizi segreti dell’ex Jugoslavia.
Indiscrezioni dicono che la commissione ha dato un giudizio positivo sulle prime sette apparizioni, e ha presentato dubbi sul successivo sviluppo del fenomeno. Da qui è nata l’idea di una soluzione pastorale, con la possibilità di trasformare la parrocchia in un “santuario pontificio” per metterla alle dipendenze della Santa Sede.
La nomina di un visitatore apostolico da parte di Papa Francesco è andata in qualche modo in quella direzione.
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