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Un servizio di EWTN News

Paolo VI, io e la mia famiglia, il ricordo di una testimone

Quello che segue è un racconto della memoria. Il ricordo di una testimone della elezione e della incoronazione di Paolo VI che ad ottobre sarà santo. Una foto di un'epoca che condividamo con voi.  

Il 30 giugno del 1963, Giovan Battista Montini,  eletto Papa con il nome di Paolo VI, presiedette alla cerimonia della sua incoronazione in Piazza San Pietro. Per quella solenne cerimonia arrivarono da tutto il mondo migliaia di pellegrini, la piazza era stracolma di gente che inneggiava al Sommo Pontefice il sagrato della Basilica era occupato da capi di stato e dignitari ecclesiastici anche di altre professioni religiose.

Io osservavo tutto dalle logge laterali alla Basilica, insieme alla mia mamma, il mio babbo invece stava giù in piazza al seguito del Papa.

Allora avevo undici anni e dopo oltre cinquant’anni non ricordo tutti i vari passaggi della cerimonia, soltanto che verso la fine, mia madre accorgendosi che l’eccessivo caldo mi stava facendo male, decise di portarmi a casa, dove, dopo avermi rifocillato, vedemmo comodamente la trasmissione in televisione. Il mio babbo invece, stette tutto il tempo e tornò a casa nella tarda serata.

Dopo l’udienza privata in occasione della mia prima Comunione con S.S.Papa Giovanni XXIII, questo era per il secondo evento importante che vivevo nei confronti del lavoro di mio padre.

Mio padre svolgeva le mansioni  di Familiare segreto in anticamera pontificia, aveva iniziato nel 1931 al posto di mio nonno Massimo con il pontificato di S.S. Papa Pio XI, continuato con S.S.Papa PioX II, S.S. Giovanni XXIII e anche con il nuovo Pontefice Paolo VI continuò lo stesso incarico.

La loro conoscenza era iniziata molto tempo prima, infatti mio padre con la sua famiglia di origine risiedeva nel Palazzo Belvedere, dove ha continuato ad abitare anche dopo il matrimonio con mia madre e dove io stessa sono nata.

Papa Montini ai tempi del suo lavoro in segreteria di stato abitava al secondo piano del predetto palazzo proprio sopra l’appartamento dei miei.

La mattina si incontravano per le scale, Papa Montini, allora ancora Monsignore, le scendeva a due a due molto velocemente tanto che l’abito talare che indossava svolazzava qua e là formando un cerchio intorno alla sua persona, mio padre invece scendeva le scale calmo e tranquillo, bonariamente divertito da quella scena che si ripeteva quasi quotidianamente.

Si salutavano molto cordialmente augurandosi a vicenda un buon lavoro. Quando fu eletto Papa nel giugno del 1963, mio padre fu felicissimo perché ne aveva sempre ammirato il temperamento sobrio ed essenziale, l’indole austera, ma intimamente buona e la profonda preparazione diplomatica e teologica per il ruolo cui era stato chiamato.

Nel corso del pontificato dal 1963 al 1978, anno in cui entrambi sono stati chiamati da Nostro Signore, ad appena un settimana di distanza l’uno dall’altro, i loro rapporti si sono sempre mantenuti, da parte di mio padre, all’insegna del rispetto e della devozione più assoluta.

Mio padre, lavorando nell’Anticamera pontificia, ovvero la stanza immediatamente prima della Biblioteca, dove i Pontefici lavorano quotidianamente, era a sua completa disposizione, costituiva una specie di filtro per visite, telefonate o quant’altro, nessuno accedeva  in Biblioteca senza essere prima annunciato da mio padre; questo era uno dei tanti compiti di competenza della profilo del Familiare segreto.

Papa Montini stimava molto mio padre, spesso lo incaricava di reperirgli  libri antichi, saggi, dispense, giornali, insomma tutto ciò che gli serviva per leggere, studiare, accrescere il suo già immenso patrimonio culturale e teologico.

Mio padre, anche lui appassionato al sapere, di buon grado, nei pomeriggi in cui era libero, cominciava il suo giro in parecchie librerie, biblioteche di Roma alla ricerca dei testi che il Papa gli aveva richiesto, spesso si fermava in qualche sala di studio e, come un giovane studente approfittava per leggere libri che lo interessavano.

Alla fine della ricerca portava al Pontefice ciò che aveva trovato. Papa Montini lo ringraziava, lo faceva sedere in Biblioteca su una di quelle belle sedie imbottite e rivestite di velluto beige ed insieme conversavano dei testi trovati, della difficoltà di mio padre nel ricercarli, spesso il Papa chiedeva della nostra famiglia, in particolare di me e delle mie precarie condizioni di salute di cui conosceva le vicende.

Spesso anch’io, quando non c’erano eventi particolari e il Papa era assente dalla Biblioteca, andavo in Anticamera e trascorrevo qualche ora lì con il mio babbo, La mia mamma mi accompagnava all’ascensore del Cortile Belvedere, dove, affidata all’ascensorista, salivo alla seconda loggia, lì mi aspettava il mio babbo, insieme a lui percorrevo quelle immense sale dell’appartamento pontificio, dove al nostro passaggio la guardia svizzera sull’attenti ci faceva il saluto. In quel momento mi sentivo molto importante e capivo che anche il mio babbo era molto importante non solo per me, ma anche il lavoro che svolgeva, ero una ragazzina fortunata.

Come ho già accennato Papa Montini e il mio babbo morirono nello stesso anno  ad una settimana di distanza l’uno dall’altro.  Alla mia mamma e a me affrante per la perdita del nostro amatissimo consorte e padre, si aggiunse un altro dolore.

Una carissima amica della  mia mamma, per confortarla un po’ le disse : “Armida, non ti crucciare, Guido ha preceduto il Papa in cielo per spalancargli le Porte del Paradiso”.

 

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