Gerusalemme, 06 April, 2018 / 12:05 AM
Una parrocchia personale per migranti e rifugiati in Israele, per curare “sotto tutti gli aspetti pastorali, sacramentali e formativi i rifugiati e i migranti che si trovano nel territorio di Israele”. E l’elevazione a Vicariato episcopale del coordinamento per la pastorale dei Migranti e dei Rifugiati per affrontare le nuove sfide dovute anche alle recenti decisioni di Israele. Sono questi i due provvedimenti annunciati dall’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, in una lettera del 23 marzo diffusa il 4 aprile sul sito ufficiale del Patriacato.
“Da moltissimi anni – ha spiegato l’arcivescovo Pizzaballa nella lettera – la comunità ecclesiale in Israele si è arricchita di decine di migliaia di stranieri che stabilmente vivono nel nostro territorio e affollano le nostre chiese”.
Si tratta di “filippini, indiani, srilankesi”, ormai parte della comunità, cui si sono aggiunti – spiega l’arcivescovo – anche “molti rifugiati, provenienti dal Sud Sudan e dall’Eritrea”.
Prima questi gruppi venivano curati da religiosi che si mettevano al servizio della comunità in maniera spontanea, poi sono state erette cappellanie ufficiali, quindi si è creato un coordinamento del servizio pastorale per i migranti, che “seguiva per quanto possibile il servizio alle persone che non frequentano i tradizionali luoghi di culto”, perché sono molti che “rimangono lontani dalle chiese e da qualsiasi servizio religioso, spesso alla mercé di criminalità locale e di altre situazioni di rischio oltre che di sette evangeliche”.
L’arcivescovo Pizzaballa ha notato che “la maggior parte di queste persone vive in situazioni limite, spesso irregolari”, e che “svolgono il loro lavoro in contesti lontani dalla sede delle parrocchie territoriali, con esigenze assai diverse”.
E per questo c’era bisogno di un nuovo “step” nella cura pastorale di migranti e rifugiati, che si è concretizzato nell’erezione di una parrocchia personale per tutti i migranti e i rifugiati in Israele.
L’arcivescovo Pizzaballa ha sottolineato anche che “i migranti che attualmente frequentano le parrocchie territoriali, se lo desiderano, possono continuare serenamente a frequentare tali parrocchie”, perché, in fondo, la creazione della parrocchia “ha lo scopo di garantire un servizio pastorale completo ai tanti che sono lontani dalle nostre chiese, ma che – nonostante le difficili circostanze sociali nelle quali vivono – vogliono comunque avere un accompagnamento ecclesiale”.
La lettera accenna poi alle recenti decisioni del governo israeliano riguardo i richiedenti asilo. Israele ha infatti cancellato l’accordo con l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) siglato il 2 aprile, che avrebbe portato all’arrivo in Israele di circa 16 mila rifugiati dal Sud Sudan ed Eritrea e avrebbe dovuto coinvolgere circa 39 mila persone in cinque anni.
L’arcivescovo Pizzaballa sottolinea che questa situazione richiederà “nuove situazioni da definire”, e per questo motivo il Coordinamento per la pastorale dei Migranti e dei Rifugiati diventa “Vicariato episcopale per i migranti e i rifugiati”, e sarà guidato da un vicario episcopale, che sarà chiamato a coordinare le attività e il servizio delle cappellanie e degli assistenti delle comunità immigrate.
“Ritengo infatti – ha sottolineato l’arcivescovo Pizzaballa – che nella diversità delle lingue e delle culture, che devono essere rispettate, è necessario avere anche elementi di unità e di chiarezza tra i diversi gruppi”.
Per questo, è priorità del Vicariato “lavorare per l’unità di tutta la Chiesa in Terra Santa”, perché quella è una chiesa che ha allo stesso tempo “carattere universale e locale”, e “la creazione di nuove strutture ecclesiali è al servizio dei bisogni particolari di ciascuno, ma nell’unità della Chiesa di Cristo in Terrasanta”.
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