Città del Vaticano , 05 April, 2018 / 2:00 PM
Prima, il presidente di Armenia, Serzh Sargsyan. Quindi, il Catholicos di tutti gli Armeni, Karekin II. E infine, il Catholicos di Cilicia, Aram I. Tre incontri ufficiali, per Papa Francesco, prima di recarsi nel giardino tra il governatorato e la caserma della Gendarmeria e inaugurare la Statua di San Gregorio di Narek donata dalla presidenza della Repubblica di Armenia.
Un dono che fa seguito al viaggio di Papa Francesco in Armenia nel 2016, e che sta a significare un rapporto che continua.
È stato il presidente Sargsyan ad avere l’idea. Lui aveva dato a Papa Francesco una statua di San Gregorio di Narek, più piccola, come dono al termine del viaggio. Perché San Gregorio – era questo il senso – era dottore della Chiesa per la Chiesa Cattolica, ma era un membro della Chiesa apostolica. E rappresentava un ponte tra le due culture, ma anche tra il popolo armeno e la Santa Sede, perché i libri in Armenia sono venerati come santi, e il Libro delle Lamentazioni di San Gregorio di Narek ha posto in tutti gli ospedali, considerato medicina fisica oltre che spirituale.
Nessuno lo può dire ufficialmente, ma c’è un’altra copia della statua – raccontano fonti armene – scolpita dallo stesso artista, l’armeno della diaspora David Yerevantsi, che si vuole porre ad Etchmiadzin, nel ‘vaticano’ della Chiesa apostolica armena, con una cerimonia analoga e magari la presenza di un inviato del Papa.
L’incontro tra Papa Francesco e il presidente è stato breve, di circa 25 minuti, con l'aiuto di due interpreti. Il presidente ha regalato al Papa una riproduzione della chiesa di Santa Gaiané, risalente al 630, che si trova ad Echmiadzin, che ha una importanza ecumenica. Papa Francesco, da parte sua, ha regalato un calco che rappresenta il miracolo del paralitico nel Vangelo, poi le esortazioni Evangeli Gaudium ed Amoris Laetitia e l’enciclica Laudato Si.
Il presidente ha poi incontrato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, insieme al “ministro degli Esteri” vaticano, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher.
“Nel corso dei cordiali colloqui – si legge nel comunicato della Sala Stampa della Santa Sede - è stata espressa viva soddisfazione per le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e l’Armenia. Si è rilevato che l’inaugurazione della statua di San Gregorio di Narek, Dottore della Chiesa, nei Giardini vaticani è occasione per promuovere ulteriormente tali relazioni, come anche quelle tra la Chiesa armena apostolica e la Chiesa cattolica”.
Il comunicato sottolinea anche che “nel prosieguo dell’incontro, si è fatto riferimento al contesto politico regionale, auspicando la soluzione delle situazioni di conflitto, e sono stati toccati altri temi di attualità internazionale, nonché la condizione dei cristiani e delle minoranze religiose, specialmente nei teatri di guerra”.
Quindi, gli incontri ecumenici. Papa Francesco ha voluto partecipassero alla cerimonia di inaugurazione della statua i due Catholicos che già erano stati nella Messa in Vaticano per il Centenario del Metz Yegern, il Grande Male, come lo chiamano gli armeni, ovvero lo stermino avvenuto dopo la Prima Guerra Mondiale che è stato definito da molti come “il primo genocidio del XX secolo”.
Papa Francesco e Karekin II si sono salutati con un lungo abbraccio, e poi c’è stato un incontro di circa 37 minuti, con un interprete in armeno. Papa Francesco ha regalato a Karekin una croce di pietra che recava incise le immagini della Sistina, e Karekin II ha contraccambiato con un libro sul monastero di Narek. “Alla fine del libro, c’è una immagine del monastero – ha detto al Papa – che oggi non c’è più, è stato distrutto”.
Con Karekin II, la Santa Sede ha un rapporto consolidato dai tempi di Giovanni Paolo II, che andò in Armenia nel 2000 e con lui firmò una dichiarazione congiunta, superando così anche anni di presunta divisione teologica per le accuse di monofisitismo.
Anche Papa Francesco ha firmato nel 2016 una dichiarazione congiunta con Karekin II, in cui entrambi sottolineavano l’impegno per la pace e contro i fondamentalismi, a difesa dell’uomo.
L’incontro ripresenta le stesse tematiche, anche perché Papa Francesco ha una amicizia di lunga data con la comunità armena, che risale ai tempi in cui era in Argentina.
Quindi, è la volta del Catolichos Aram I della Grande Casa di Cilicia. Il Catolicossato ha sede in Libano, ad Antylas, dove fu trasferita nel 1930. La sede iniziale era Sis, in Cilicia, e a seguito del Grande Male il catolicossato era stato spostato ad Aleppo nel 1922, prima dell’attuale sede. Il Catolicossato nasce a seguito dell’emigrazione degli armeni dalla madrepatria dopo l’annessione dell’Armenia al Regno Bizantino e poi l’invasione dei turchi selgiuchidi, avvenuti tra il 1054 e il 1064.
La storia della prima nazione cristiana è, dunque, una storia di lunga persecuzione. Aram e Papa Francesco hanno avuto un incontro di circa 25 minuti, molto cordiale. Aram ha chiesto al Papa della sua salute, in inglese, e ha regalato un krachkar, una tipica croce armena, placcata in oro, mentre Papa Francesco ha regalato la stessa croce che aveva regalato a Karekin II. Entrambi i Catholicos hanno ricevuto anche le copie di Laudato Si, Evangeli Gaudium e Amoris Laetitia.
È terminata così l’intesa mattinata di incontri, che Papa Francesco ha definito scherzando con Aram I un “Armenian day.”
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