Fiume, 08 March, 2018 / 9:00 AM
Nel corso della storia della Chiesa vi sono sempre stati dei testimoni che hanno speso la propria vita, per la diffusione del Vangelo. Tra questi vi è stato anche Giovanni Palatucci (1909-1945).
Splendido testimone del Cristo, è stato l'ultimo questore reggente di Fiume e per mezzo di tale ufficio amministrativo ha avuto la possibilità di salvare molte vite umane, messe in serio pericolo, dalla promulgazione della leggi razziali (1938) nell'Italia allora governata dal regime fascista.
Giovanni Palatucci, originario di Montella (AV), conseguita la maturità classica a Salerno, si laurea in Giurisprudenza nel 1932 con una tesi sul nesso di causalità nel diritto penale. Questo, discusso nella Regia Università di Torino, rappresenta il lavoro compiuto non solo da uno studente, bensì di un appassionato cultore del diritto penale. In esso, sono trasfuse non solo le competenze giuridiche, sull'esatta valutazione ermeneutica dell'istituto, bensì una ben documentata ed approfondita ricerca sulla materia che mostra le doti di attento conoscitore del mondo giuridico, oltreche di studente con una salda preparazione per essere al suo primo lavoro di ricerca.
Terminati gli studi effettua il tirocinio pratico per divenire avvocato. Ma, per differenti questioni personali, sceglie di entrare nella Polizia di Stato. Effettuato il consueto tirocinio, prestò giuramento nel 1936 in qualità di vice commissario, dopo una breve parentesi a Genova, è inviato a Fiume, con l'incarico di responsabile dell'ufficio stranieri, in seguito vice commissario in prova della città, all'epoca italiana.
In tale attività il giovane funzionario di Pubblica Sicurezza dà quanto ha di più importante nella vita: il cuore, l'intelligenza e la sua stessa esistenza. Con tenacia, passione ed accuratezza, salva la vita di molte persone, colpite dalla promulgazione delle leggi razziali, inventandosi le più ardite attività. Concede visti ed ogni altro documento amministrativo, necessario e diretto a tal fine, organizza aiuti materiali ed ogni genere di dolore, trova bussando alla porta del suo ufficio, non solamente un orecchio attento all'ascolto, ma una mano che dona, con coraggio, quanto occorre senza badare a pericoli. Nipote del Vescovo di Campagna, Mons. Palatucci, in quella terra invia molte persone in cerca di un luogo sicuro dove rifugiarsi. Non ha paura, non si tira indietro, non cerca scuse. Ama Cristo e questo gli basta. A chi tra i suoi fedelissimi domanda il perchè fa tutto ciò, dice che la propaganda politica vuole far credere che il cuore è solo un muscolo invece è il centro di un amore più grande. Quello di Cristo per l'uomo che sulla strada di Emmaus, incontra i due discepoli per ricordar loro, questo sentimento di infinito che lega Dio alla sua creatura, con un amore con assume i stessi requisiti del donante: infinitezza, assolutezza e pienezza.
Arrestato per la propria attività, verrà deportato nel campo di concentramento di Dachau dove troverà la morte nel 1945. Aveva 36 anni.
I testimoni della sua prigionia, lo ricordano come una persona, molto serena anche se malato e sofferente. Il 15 maggio 1995 il Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro gli ha conferito la medaglia d'oro, al merito civile con la seguente motivazione: «Funzionario di Polizia, reggente la Questura di Fiume, si prodigava in aiuto di migliaia di ebrei e di cittadini perseguitati, riuscendo ad impedirne l'arresto e la deportazione. Fedele all'impegno assunto e pur consapevole dei gravissimi rischi personali continuava, malgrado l'occupazione tedesca e le incalzanti incursioni dei partigiani slavi, la propria opera di dirigente, di patriota e di cristiano, fino all'arresto da parte della Gestapo e alla sua deportazione in un campo di sterminio, dove sacrificava la giovane vita.»
Nel discorso della montagna, il Cristo afferma che il cristiano dev'essere come il sale che dà sapore e la lampada che si accende e si mette sul moggio per dare luce (MT.5,1316). Queste brevi espressioni Giovanni Palatucci, non le ha solo ascoltate, ma le ha vissute per rendere piena e coerente la sua vita di cristiano e di uomo, tanto da illuminare, con nuovo vigore, l'umanità bisognosa di luce. Il 21 marzo del 2000 il Vicariato di Roma, ha aperto ufficialmente la causa di beatificazione.
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