Roma, 15 February, 2018 / 2:00 PM
Un piccolo prete si aggirava portando la SS. Eucarestia ad un ammalato per piazza Mazzini a Roma. Quell'uomo, dall'aria dimessa e semplice, si chiamava don Antonio Gallo.
Antonio Gallo (1899-1934) nasce a Monteforte Irpino e muore a Roma per una meningite fulminante. Fu soldato durante la Prima guerra mondiale(1915-1918), studente dehoniano ed innamorato del Sacro Cuore di Gesù.
Compì tutti gli studi presso gli studentati dei Sacerdoti del Sacro Cuore e conobbe di persona padre Dehon, fondatore dell'istituto religioso, di cui ne portava con gioia la veste talare (essendo il più povero di tutto lo studentato a Bologna). Ma qualcosa nella sua vita stava mutando.
A pochi anni dall'ordinazione sacerdotale, si manifestò il lui la miotonia di Thomson, una grave malattia nervosa, che provocava grandi dolori e sofferenze. Questa prova dolorosa e che limitò tutta la sua breve vita fu accettata da Antonio Gallo, con grande spirito di abnegazione, come segno di amore al Sacro Cuore di Gesù. Mai si lamentò di ciò che la natura gli aveva donato e sopportò la prova, con la riflessione di un innamorato di Cristo pronto all'offerta. Per tale ragione, suo malgrado, i superiori gli chiesero di uscire dalla congregazione - secondo il loro parere - in quanto tale malattia ne avrebbe compromesso le facoltà necessarie alla vita religiosa.
Accettò per amore ed in spirito di sacrificio al Sacro Cuore, ma rimase legato spiritualmente alla congregazione non solo con un sentimento esterno bensì come un innamorato della vita religiosa e consacrata. Su suggerimento dei suoi superiori che lo aiutarono in tal senso, offrendo tutte le garanzie morali su Antonio Gallo, fu accolto nella diocesi di Avellino dove venne ordinato sacerdote.
Ma amava padre Dehon e la sua famiglia religiosa tanto da essere riammesso come “oblato” cioè sciolto da ogni incarico ufficiale con la congregazione ed inviato alla parrocchia romana di Cristo Re.
Qui, all'ultimo posto come sacerdote coadiutore, espresse tutta la sua grande disponibilità e santità. Ovunque era richiesto andava. Soccorreva tutti: poveri, malati, dubbiosi e persone bisognose di confessione. Era davvero l'apostolo del quartiere.
Poverissimo non lasciò nulla. Si racconta che, alla sua morte, nel suo portamonete, fu trovata una somma talmente tanto misera che non si sarebbe riuscito nemmeno ad acquistare un semplice mazzo di fiori.
Una volta si racconta che mentre i ragazzi giocavano a pallone, in oratorio, stranamente don Antonio non prendeva parte al gioco come sempre faceva. I ragazzi lo presero e sollevandolo si accorsero che sotto la talare aveva solo le consuete mutande lunghe di lana e non i pantaloni. Il suo unico paio di pantaloni, li indossava un ragazzo povero dell'oratorio che non poteva comprarsene un paio in buono stato. Questo piccolo prete non aveva nulla di eccezionale esteriormente, non avendo salute, doni eccezionali o tanto altro ma il Signore gli aveva dato la cosa più importante:la santità. E su questa don Antonio Gallo ha lavorato, con tanta tenacia e buona volontà, per portare nel mondo l'avvento del Regno del Sacro Cuore. Ed in questo è stato davvero un grande apostolo.
Giovanni Paolo II, il 9 aprile 1990, ne riconosceva l’eroicità delle virtù, ascrivendolo con il titolo di venerabile ed ammettendone il culto privato.
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