Padova, 08 February, 2018 / 6:00 PM
Una commozione trattenuta, ma profonda. Un momento quasi " privato", ma di significato universale, quelli vissuti stamattina dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Padova. In nome di padre Placido Cortese.
Nella ufficialità del cerimoniale messo a punto per l'attesissima visita del Presidente all'Università patavina, con l'inaugurazione del 796 anno accademico, infatti, è stato previsto un incontro lontano dai riflettori dei media, durante il quale Mattarella ha consegnato l'alta onorificenza della Medaglia d'oro al Merito Civile della Repubblica italiana alla memoria del frate della basilica di Sant'Antonio per l'aiuto, costatogli la vita, offerto ai fuggiaschi dai campi di prigionia e dai ricercati per questioni razziali o politiche durante la Seconda guerra mondiale.
Il Presidente ha conferito l'onorificenza il 5 giugno del 2017 e oggi ha voluto consegnarla personalmente alla delegazione antoniana, composta dal rettore della basilica del Santo, padre Oliviero Svanera e dal vicepostulatore della causa di canonizzazione di Cortese, padre Giorgio Laggioni. E' infatti in corso la causa per far salire agli onori degli altari padre Cortese (già Servo di Dio), una figura eroica e simbolo di fede autentica concretizzata in una vita al servizio degli altri, figura, però, ancora poco conosciuta e valorizzata.
Non certo sconosciuta al capo dello Stato, il quale, oltre all'attribuzione dell'onorificenza, ha ricordato più volte pubblicamente l'opera di padre Cortese, come è avvenuto a Milano, tre anni fa, durante la cerimonia celebrativa del 70 anniversario della Liberazione.
"Il Presidente si è dimostrato molto compiaciuto nel per onorare con un riconoscimento istituzionale una figura come quella, di padre Placido", ha spiegato poi il rettore Sandra, come riferisce l'articolo pubblicato per l'occasione dal Messaggero di Sant'Antonio, sottolineando l'importanza di "tenere desta la memoria di una figura così esemplare. Ha citato anche le sorelle Martini, collaboratrici di padre Cortese, rammaricandosi per la recente scomparsa di Carla Liliana Martini".
Placido Cortese - definito il "Kolbe" italiano - era, negli anni Quaranta, direttore del Messaggero di Sant'Antonio. Uomo di cultura, esperto di comunicazione, ma soprattutto frate umile e caritatevole nel più puro stile francescano, dopo l'8 settembre 1943 entrò a far parte di un gruppo clandestino collegato alla Resistenza, con l'impegno di aiutare a mettere in salvo cittadini ebrei e soldati alleati, senza dimenticare le sofferenze dei prigionieri di un vicino campo di concentramento.
Aveva messo in piedi un'efficente e audace "catena della salvezza" , a sostegno in ogni passaggio della rischiosa fuga di quanta più gente possibile, coinvolgendo molti giovani, e soprattutto donne, coraggiose e ingegnose. Non veniva tralasciato nulla, anche una visita in basilica, per confessarsi, poteva essere usata per trasmettere documenti e soldi. Potendo usufruire di una tipografia, quella che stampava appunto il Messaggero, si "fabbricavano" documenti falsi, con i quali si tentava di far uscire dall'Italia fuggiaschi e ricercati. Tutto molto pericoloso, avventuroso. Qualcosa che ricorda la trama di un romanzo o di un film.
Ma senza lieto fine, almeno su questa terra...Nonostante gli avvertimenti, padre Cortese non si volle mettere in salvo. Fu denunciato, arrestato dalla Gestapo nel 1944 e trasferito nel carcere di Trieste, dal quale non fece più ritorno: assassinato, dopo ogni tipo di tortura.
Procede il processo di canonizzazione, permettendo così di approfondire anche la reale portata dell'azione "storica" di questo martire della carità. Nuovi documenti sono arrivati a Padova nei mesi scorsi da parte del National Archives and Records Administration (NARA) Usa, definiti di " grande interesse" sia per la causa stessa, sia sotto il profilo storico.
In particolare, come ha rivelato il Messaggero di Sant'Antonio, una lettera alla Allied Screening Commission (Commissione Alleata di verifica), spedita da Lugano e datata 5 giugno 1946, in cui si citano due persone definite "fondamentali" nell'aiutare i soldati alleati a scappare dall'Italia devastata dalla guerra e dalle persecuzioni: padre Cortese e Angelo Lorenzi, fondatore delle Acli padovane.
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