Pietralcina, 08 February, 2018 / 2:00 PM
“Valorizzare il dono di essere testimone di un Santo”. Un dono che ha valorizzato per tutta la vita. E’ l’esperienza di p. Eusebio Notte, assistente di Padre Pio dal 1961 al 1965, scomparso il 5 febbraio, all’età di 86 anni, nella sua stanza dell’infermeria provinciale dei Frati Minori Cappuccini, annessa al convento di San Giovanni Rotondo.
Un sacerdote – come ha detto ieri durante i funerali nella Chiesa di santa Maria delle Grazie del centro del Gargano il Ministro Provinciale dei Frati Minori Cappuccini della provincia di Sant’Angelo e Padre Pio, p. Maurizio Placentino. Una amicizia bella ricca quella tra i due religiosi: “ancora più bella per p. Eusebio, perché condivisa con un santo”. Una amicizia che il frate cappuccino ricordava sempre portando il messaggio del Santo di Pietrelcina ovunque. E anche a Pietrelcina, nella “culla” di Padre Pio, ha saputo portare quel messaggio. Un messaggio che ancora oggi molti ricordano.
Padre Eusebio era nato a Castelpetroso 86 anni fa ed era stato battezzato con il nome di Nicola. Entrato nei frati cappuccini ha studiato in Irlanda ed Inghilterra prima di arrivare a san Giovanni Rotondo come religioso in grado di “accompagnare” i fedeli di Padre Pio di lingua anglofona, rispondendo allo loro lettere, come ha ricordato anche p. Placentino durante le esequie di ieri mattina.
“Stando a San Giovanni Rotondo da parecchi giorni, reduce del mio soggiorno in Inghilterra e in Irlanda, per imparare l’inglese – ha scritto fr. Eusebio in un suo libro di memorie “Padre Eusebio e Padre Pio” – cercai di organizzarmi per smaltire il mio gravoso compito di rispondere alla corrispondenza inglese: oltre mille lettere alla settimana. Ma il mio sogno era quello di andarmi a confessare da Padre Pio. Un pomeriggio mi recai in sacrestia, dove il Padre confessava gli uomini, per rendermi conto di quale era la situazione, e notai con spavento che i frati e i preti che rimandava senza assoluzione non erano pochi.
Mi vedevo anch’io tra quelli! Per scongiurare questo pericolo, decisi di raggirarlo, andandomi a confessare prima da un altro sacerdote. Con onestà dico che non avevo nulla di eclatante da nascondere a Padre Pio, ma i santi scoprono le macchie pure nella luce, ecco perché volli mettermi al sicuro. Oltretutto, io dovevo vivere con Padre Pio nello stesso convento: un trattamento del genere, anche se segreto, avrebbe turbato i nostri rapporti di fraternità.
Dopo la confessione da un altro confratello, feci passare i quindici giorni richiesti da Padre Pio, durante i quali vissi come un angioletto, non per paura del Signore, ma di Padre Pio, e poi mi recai in confessionale per la riconciliazione. Premetto che Padre Pio mi vedeva solo a refettorio per il pranzo, insieme con gli altri confratelli, o qualche volta ci incontravamo per i corridoi. Quindi, conoscenza diretta: zero. Tremante e madido di sudore, feci la mia confessione: un’accusa fatta di nulla, dal momento che, come ho detto, avevo cercato di evitare anche il più piccolo peccato. Terminata l’accusa, il Padre indugiava a parlare. Provai ad alzare lo sguardo, e vidi che egli abbozzava un leggero sorriso.
La paura si cambiò in stupore. Finalmente prese la parola e disse: ‘Uagliò, dimmi una cosa. Ma tu hai mai ringraziato il Signore che ti sei fatto frate?’. Al che io: “Padre, non ci ho pensato!”. E lui: “Pensaci e ringrazialo il Signore, perché se non ti facevi frate saresti uscito un delinquente!’”.
Nei cinque anni in cui è stato l’assistente personale del primo sacerdote stigmatizzato della storia padre Eusebio è diventato amico e confidente di Padre Pio tanto da essene stato un testimone della sua santità condividendone sacrifici e sofferenze soprattutto negli anni in cui il frate di Pietrelcina subiva un periodo di “commissariamento”.
“Figlio mio, quanti sacrifici fai per me! Però ricordati: tu pensa a me ed io penso a te”. E Padre Eusebio lo ripeteva sempre e confermava questa vicinanza: “ha mantenuto la parola. Per me, per i miei e per quelle persone che ho raccomandato a lui”.
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