Forlì, 13 February, 2018 / 9:00 AM
Come cambiano i valori dell’arte nell’età delle Riforme, il XVI secolo? A questa domanda risponde una interessante mostra che fino al 17 giugno è ospitata nella Chiesa conventuale di San Giacomo Apostolo a Forlì.
La sede stessa è un vero gioiello d’arte finalmente del tutto restaurata ed è parte dei Musei di San Domenico della cittadina romagnola.
L’idea è quella di mettere a confronto due grandi artisti e due linee della critica a loro contemporanea. Michelangelo e Caravaggio da una parte e Giorgio Vasari con Gianpietro Bellori dall’altra. Vasari per primo intuisce il nuovo linguaggio della prima metà del XVI secolo leggendo Michelangelo, parla di nuovi ideali di “grazia”, “prestezza” e “velocità” per artisti che altri chiameranno “manieristi”.
Bellori, cento anni dopo alla morte di Raffaello parla invece male di coloro che “abbandonando lo studio della natura, viziarono l’arte con la maniera, o vogliamo dire fantastica idea, appoggiata alla pratica e non all’imitazione”.
Come stanno le cose? Cosa succede in quel secolo di guerre e violenze, di riforme e controriforme? Nasce la questione della libertà dell’artista.In Europa si diffondeva l’antiromanità della Riforma, con una vena iconoclasta. E se Lutero aveva parzialmente tollerato le immagini della vita di Cristo, Calvino le aveva rigorosamente vietate.
Anche a Roma si chiedeva maggior rigore nelle immagini sacre, e sono i gesuiti a trasformare la concezione spaziale delle chiese che diventano più sobrie, ad aula unica, prima che il Barocco conquistasse tutti gli edifici sacri, anche quelli della Compagnia di Gesù.
Diventano interessanti le nuove pale d’altare come spazio in cui costruire un percorso devozionale ed estetico. Nell’arte di affaccia la vita quotidiana.In Italia è Caravaggio che combatte la battaglia più impegnativa per il dipingere e per il vivere moderno. Tenta una innovazione radicale del suo significato religioso, interpretando gli eventi religiosi in chiave profondamente popolare ed umana.
Buonarroti prima e Merisi dopo, in mezzo un percorso antropologico, teologico e artistico tra l’Eterno e il tempo.
Le sezioni della mostra accompagnano il visitatore dalla rappresentazione del sacro prima del Concilio di Trento e poi la forma evangelica, la controriforma, il neofeudalisimo dei Farnese fino al revival paleocristiano e lo studio della natura tra arte e scienza.
Tra l’ultimo Michelangelo a Caravaggio, passando attraverso Raffaello, Rosso Fiorentino, Lorenzo Lotto, Pontormo, Sebastiano del Piombo, Correggio, Bronzino, Vasari, Daniele da Volterra, El Greco, i Carracci, Federico Barocci, Veronese, Tiziano, Federico Zuccari, Guido Reni, Domenico Beccafumi, Giuseppe Valeriano e Scipione Pulzone, si snoda un filo di rimandi e innovazioni che portano a Rubens e Guido Reni. Da notare che la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì che sponsorizza la mostra ha deciso di donare una parte del biglietto della mostra alla raccolta fondi per la Fabbrica del Sorriso a sostegno dei bambini.
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