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La Vergine dell'Africa compie 600 anni. E a Ceuta la festeggiano così

La Vergine dell'Africa esposta nella Cattedrale di Ceuta

Arrivò nel 1418, inviata da Enrico il Navigante, infante di Portogallo e grande protagonista dell’era delle grandi scoperte geografiche. E già si preparano le feste, nella città autonoma spagnola di Ceuta, in territorio africano, per il 600esimo anniversario dell’arrivo di quella che da allora è chiamata “Vergine dell’Africa”.

Incoronata canonicamente il 10 novembre 1946, dichiarata ufficialmente patrona della città di Ceuta da Pio XII nel 1949, la scultura presenta la Vergine intronizzata e seduta, con il corpo morto di Cristo nelle braccia. Una immagine scolpita in un unico blocco di legno, fatta eccezione per testa di Cristo e la mano sinistra della Vergine.

Sarà questa scultura ad essere festeggiata in tutto il suo splendore. Il logo è stato presentato negli scorsi giorni, elaborato dal grafico Josè Gallardo. I festeggiamenti saranno grandi: si attende la presenza di Alberto Garcia Reyes, predicatore della Settimana Santa spagnola del 2017, e ci sarà una Messa celebrata dai vescovi di Cadice e Ceuta Rafael Zomoza, da quello di Tangeri Santiago Agrelo, di quello di Lisbona Manuel José Macario de Nascimento e quello di Gibilterra Carmelo Zammit. Quattro vescovi, perché la storia della Vergine si è dipanata in queste quattro diocesi, a loro volta derivate da altre organizzazioni ecclesiastiche.

Nel corso degli anni, la Vergine ha avuto una serie di titoli: quello di Patrona di Ceuta, Sindaco perpetuo, governatore e capitano generale.

Ma quale è la storia dietro la Vergine di Africa?

Tutto inizia nel 1415, quando il Re Giovanni di Portogallo prende la città di Ceuta, in territorio africano, con sogni di espansione. Nel XV secolo, i cosiddetti reyes catolicos stavano compiendo in Spagna la "Reconquista", riguadagnando i territori che erano caduti in mano musulamane, e per questo Re Giovanni decise di non espandersi sulla penisola iberica, ma nell’altro lato dello Stretto di Gibilterra, dando al governatore funzioni politico militare e fornendo l’exclave di un assessorato e una Camera municipale, fino a far battere moneta con il nome dello steso re e a concedere agli abitanti di Ceuta molti privilegi.

Il re – che nel frattempo aveva aggiunto al titolo di monarca quello di “signore di Ceuta” – voleva fare del territorio africano una diocesi, con un vescovo proprio. Era un momento molto difficile per la Chiesa, c’era uno scisma in corso. Solo nel 1417, con il Concilio di Costanza e l’elezione di Martino V come Papa, lo scisma si ricompose. E Re Giovanni ripresentò la sua richiesta al nuovo Papa. Martino V acconsentì, e la Bolla che riconosce la conquista di Ceuta e la pone sotto la gestione degli arcivesovadi di Braga e Lisbona è uno dei primi documenti del pontificato.

Fu questa bolla che diede a Ceuta, che contava una presenza cristiana già nel IV secolo al tempo di Costantino, le basi per poter essere riconosciuta come una città. Dopo la bolla del 1418, Martino V emise una nuova bolla che nominava il primo vescovo di Ceuta, Amaro de Aurillac, che era legato alla diocesi del Marocco dalla nomina del 1413 dell’antipapa Giovanni XXIII.

All’inizio dei XVI secolo, il vescovo Henrique Coimbra, che fu il sacerdote che disse la prima Messa in Brasile, acquisì l'edificio che divenne il Palazzo Episcopale. E quella fu la prima sede della diocesi di Tangeri e Ceuta unite, tanto che il vescovo di Tangeri andò a vivere Ceuta. La residenza episcopale era una necessità voluta dal Concilio di Trento, che chiedeva appunto ai vescovi di risiedere nelle loro diocesi.

Poi successe che Felipe II incorporò la corona di Spagna al Portogallo, e non cambiò niente della struttura della diocesi. Ma quando nel 1640 il Portogallo ottenne di nuovo l’indipendenza, Ceuta rimase fedele della Spagna, e Tangeri andò con il Portogallo.

La Santa Sede attese la fine del conflitto per prendere una decisione, e - dopo il trattato di pace ed amicizia del 1668 – delineò i nuovi confini della diocesi.

La diocesi di Ceuta viene assorbita dalla diocesi di Cadice nel 1851, e così è ancora. Da qui, la presenza di ben quattro vescovi alle celebrazioni per il Seicentenario della Signora di Africa.

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