Roma, 05 October, 2017 / 4:00 PM
Con un convegno su “Dolore e sofferenza: interpretazione, senso e cure”, l’Istituto Camillianum inaugura il 30esimo Anno Accademico. Una due giorni di studio, approfondimento e riflessione cui prenderanno parte l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia Pro-Vita, e il vescovo Enrico dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, che terrà una lectio magistralis sul tema “Lo scandalo del dolore. Ancora sul libro di Giobbe”.
Il convegno avrà luogo il 30 e il 31 ottobre. Ci saranno anche i contributi di due ex studenti del Camillianum, oggi vescovi: Marco Brunetti, vescovo di Alba, e Don Jesus Martinez Carracedo, Direttore dell'Ufficio per la pastorale della salute della Conferenza Episcopale Spagnola.
La concelebrazione eucaristica d’apertura sarà presieduta da Padre Léocir Pessini m.i. (Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi – Camilliani), Moderatore Generale del Camillianum.
“Il Convegno inaugurante il 30mo Anno Accademico, le cui immatricolazioni terminano il 29 settembre – spiega la Preside dell’Istituto, Prof.ssa Palma Sgreccia, - si articolerà in cinque sessioni tra cui quelle dedicate a: ‘Sofferenza: interpretazioni e senso’, ‘I luoghi di sofferenza: luoghi camilliani e centro di gravità della Chiesa’, ‘La formazione del Camillianum: testimonianze degli ex studenti’ e ‘La cura della salute nell’era digitale’”.
Nel convegno verrà presentato anche l’impegno dei 4 secoli di tradizione camilliana a favore dei sofferenti di tutto il mondo”.
In questo trentesimo anno, il Camillianum inaugura anche il prossimo 6 ottobre sulle Medical Humanities del Corso di Alta Formazione in Pastorale della cura e della salute organizzato a Roma dal Camillianum e dal Centro Lateranense Alti Studi al fine di evidenziare il contributo dell’umanesimo alla medicina. Tale segmento formativo si concluderà l’11 novembre di quest’anno.
Il percorso di ricerca delle Medical Humanities si concentra su quattro aspetti del dolore.
Il primo è che il dolore non concede spiegazioni. Il cristiano non ha trovato una spiegazione, ma una risposta d’amore. Lungi dal costruire un tranquillo punto di arrivo, la fede rappresenta una travagliata partenza, un impegno per una collettiva ricerca di condizioni che aiutino a lenire il dolore. Non è cristiano il compiacimento per il dolore.
In secondo luogo, il dolore insegna la finitezza. La finitezza dice che il nostro agire non supererà mai i confini posti dalla condizione umana. Si apprende dall’insegnamento del limite la moderazione dell’agire, la responsabilità della cura fatta di equilibrio, evitando abbandoni e accanimenti.
Tutto ciò senza trascurare che il dolore impone coraggio. Coraggio significa evitare la fuga di fronte alla sofferenza e alla possibilità remota di un fallimento dell’intervento terapeutico, ma vuol dire anche capacità e determinazione di mettere in atto tutti i mezzi disponibili.
Il dolore, infine, impone preparazione e risposte organizzate perché non vi è contrasto tra compassione, vicinanza, senso del limite e risposta organizzata, anzi devono procedere assieme come componenti strutturali di un sistema articolato di supporto.
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