Città del Vaticano , 26 September, 2017 / 9:00 AM
E’ un gran gusto er viaggià! St’anno so stato
Sin a Castel Gandolfo co Rimonno.
Ah! chi non vede sta parte de monno
Nin za nemmanco pe cosa è nato.
La penna e la filosofia tutta romana di Giocchino Belli raccontava così le bellezze del paese laziale. Il poeta descrive il lago, e una curiosità specifica:
E poi c’è un buscio indove ce se mette
Un moccolo sull’acqua che va via
E sto buscio se chiama er commissiario.
Il lago di Albano ha visto tanti lavori di ingegneria nei secoli e uno in particolare ha portato lo sbocco dell’emissario in una galleria e nell’ ‘800 ogni romano andava a fare il gioco della candela che galleggiando nella galleria ne faceva vedere l’ampiezza.
Altri tempi, altri divertimenti.
Il Palazzo che nei secoli da fine 600 era stato usato dai Papi, all’inizio del 1900 era davvero in pessimo stato. Fu Pio XI a ripensare con gli architetti e gli ingegneri che avevano “creato” la Città del Vaticano, tutta la struttura delle Ville.
Dopo il 1870 infatti il palazzo apostolico era rimasto abbandonato, e così anche i confini dei giardini e delle altre ville.
Ci vollero bene tranta tonnnellate di esplosivo per gli sbancamenti del colle che portarono alla realizzazione dei giardini così come li vede oggi il visitatore che grazie ai Musei Vaticani può passeggiare nei roseti.
A creare i giardini fu Emilio Bonomelli, appassionato di arte paesaggistica, per decenni poi direttore delle Ville. Tre anni di lavori e migliaia di operai hanno creato quello che vediamo oggi.
Pio XI volle che la Villa fosse anche una fattoria modello al posto di quella ridottissima che si trovava un tempo nei giardini vaticani.
Una delle meraviglie dei giardini era l’annaffiatura. Negli anni ’30 Silvio Negro nel suo “ Vaticano minore” la descrive così: “ Sembra che improvvisamente una vaporosa nube d’argento, tagliata in forme geometriche, si posi sulle aiuole e sui prati, spostandosi poi obbediente da un terreno all’altro, moltiplicandosi in capricciose volute di girandola, in fascinose geometrie di spume, come se non fosse quella una operazione di tutti i giorni, ma uno spettacolo eccezionale e nuovo...”
Ripensato l’interno del Palazzo per le esigenze moderne. Più o meno come lo vediamo oggi, con la cappella, lo studio, le sale delle udienze.
Perché il Papa, continuava a lavorare anche in villeggiatura, non intendeva concederso una vacanza, ma trasportarsi a fare la sua solita vita di lavoro in un clima più temperato.
Così per Pio XI le giornate erano le stesse che in Vaticano solo con qualche passeggiata e qualche lettura in più. Così l’appartamento delle udienze doveva essere funzionale e dicevano i cronisti che fosse più efficiente che quello del Vaticano.
Dopo gli anni della “prigionia” in Vaticano il Papa riprendeva il contatto con le gente anche a Castelgandolfo. Negli anni ’30 il Papa è tornato a impartire la benedizione dal balcone sormontato dall’orologio, è tornato a ricevere la frutta e il pesce in ceste infiorate, e per la prima volta ha visto dal balcone del Palazzo, arrivare le prime macchine da ripresa.
E tra i grandi lavori forse l’oggetto più significativo è una grande croce destinata a ricordare il Giubileo della Redenzione è stata portata nel Criptoportico di Domiziano.
E pensare che visitando Castelgandolfo da monsignore Pio XI ne aveva riportato una impressione non felice.
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