Villacencio, 08 September, 2017 / 2:00 PM
Il martirio del vescovo Jesus Emilio Jaramillo Monsave insegna “Il coraggio di credere”. Non ha dubbi padre Antonio Marrazzo, postulatore della causa di beatificazione del vescovo missionario ucciso dai guerriglieri dell’Ejercito de Liberacion Nacional (ELN) in Colombia nel 1989. Papa Francesco beatificherà il vescovo di Arauca insieme al “cura di Armero” (Pedro Maria Luiz Ramirez, un altro martire colombiano, ucciso nel 1948) l’8 luglio, durante il viaggio apostolico in Colombia.
Ma chi era il vescovo di Arauca, che aveva studiato nel seminario dei Misioneros Javerianos Extranieros di Yarumales?
Il vescovo Jaramillo era un vescovo missionario, che era entrato nei misioneros a 13 anni. Da sempre, la sua vita è stata caratterizzata dalla vocazione ad evangelizzare nelle missioni più sperdute, la sua vita è stata tutta dedicata alle persone che più di tutte vivevano l'abbandono - un abbandono umano, più che sociale. Uno slancio missionario che il vescovo Jaramillo ha vissuto fino alla fine.
E quali sono le opere del vescovo Jaramillo?
Sono state molte le sue attività: ha collaborato all’istituzione di un ospedale, ha creato istituzioni per contadini ed indios. La sua opera più grande è rappresentata, però, dal suo continuo predicare e annunciare Cristo. La figura del vescovo Jaramillo incarna, con il suo lavoro, la promozione umana, quella sociale e quella religiosa. Sono dimensioni che vengono suggerite direttamente dal Concilio Vaticano II, e che il vescovo Jaramillo ha attuato come vescovo e come pastore, cercando di muoversi sempre nel contesto della volontà di Dio.
In che modo lo ha fatto?
Aiutando le persone a percepire la realtà di Dio come una realtà di speranza. Facendo prendere coscienza a ciascuno di essere una persona la cui dignità umana ha la radice in Dio. Questo ha caratterizzato la figura di Jaramillo come pastore.
Perché è stato ucciso?
Perché ha pagato di persona per il suo impegno, che non piaceva all’ELN, il gruppo terrorista che operava nella zona. Influenzati da due sacerdoti che perseguivano la politica sovietico-castrista, i membri della ELN volevano una Chiesa senza gerarchia, politicizzata, una Chiesa di popolo a modo loro
C’erano state minacce di morte?
Prima, hanno fatto di tutto per distruggere il vescovo Jaramillo con le calunnie. Fu accusato, ad esempio, di non aver pagato gli insegnanti di una scuola. Non era vero. Nella causa di beatificazione abbiamo dovuto appurare i fatti, celebrando un processo suppletivo per comprendere la vicenda. È certo che il vescovo Jaramillo non ha mai operato una distrazione di fondi. Ha preferito piuttosto non denunciare, non per occultare quello che stava accadendo, ma per una sana prudenza, considerando il clima in cui si trovava ad operare.
Perché il messaggio del vescovo Jaramillo è importante?
Perché non ha mai politicizzato il suo annuncio. Si è sempre presentato come il pastore e il padre di tutti. Non ha mai parlato direttamente male delle ELN, ma ha cercato di aiutare le persone a prendere consapevolezza e comprendere in che modo potevano tirarsi indietro. Con le sue parole e opere, il vescovo Jaramillo ha affermato l’autenticità del Vangelo. Ha diffuso il suo messaggio di pace, che è quello di Cristo. Una pace che non si costruisce con la bacchetta magica. Tutti noi siamo considerati costruttori di pace.
Quanto ci è voluto perché la santità del vescovo Jaramillo fosse riconosciuta?
È stato ucciso da martire. Quando hanno ritrovato il suo corpo, questo era completamente rovinato. Era stato torturato, poi ucciso con vari colpi di proiettile. I due sacerdoti che lo accompagnavano, e che furono allontanati, non avevano pensato che volessero prenderlo per ammazzarlo. Il modo in cui fu trovato il corpo fece pensare subito ad una esecuzione. Il vescovo Jaramillo è stato considerato santo subito, la sua fama di santità è come esplosa. Già prima la gente amava il suo vescovo, perché era un uomo carico di umanità capace di infondere speranza. Una speranza che gli veniva dal rapporto molto personale con Dio, che non era racchiuso nei tempi liturgici. Quando fu catturato, stava dicendo il rosario in macchina.
Cosa insegna il vescovo Jaramillo?
Il coraggio di credere, perché per credere c’è sempre bisogno di coraggio. E davvero il vescovo Jaramillo ha avuto il coraggio di credere, di amare Dio storicamente ed esistenzialmente. In fondo, nel momento in cui ci si apre a Dio, si è consapevoli di essere corresponsabili della redenzione nel momento storico che siamo chiamati a vivere, siamo chiamati a diventare immagine di salvezza e redenzione. Il vescovo Jaramillo viveva in questo modo la sua vocazione.E per questo era in pericolo, un pericolo che divenne sempre più concreto, tanto che gli fu proposto di lasciare la sua diocesi e andare a Bogotà. La sua risposta fu negativa, perché non poteva lasciare il suo gregge, e rimase con l’atteggiamento del padre che aiuta i figli a prendere consapevolezza e a moltiplicare i talenti. In questo, ha esercitato pienamente la paternità episcopale, al punto da non avere timore di offrire la propria vita.
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