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Un servizio di EWTN News

L'arcivescovo Crepaldi racconta la vita del cardinale Van Thuan

Nel maggio scorso papa Francesco ha firmato il decreto di venerabilità del cardinale vietnamita François-Xavier Nguyen Van Thuân, deceduto nel 2002 a 76 anni, che ha vissuto in modo eroico le virtù cristiane.

Lo stesso papa Francesco nel 2013 aveva così descritto il suo amore per Gesù e la Chiesa: “Sono molte le persone che possono testimoniare di essere state edificate dall’incontro con il Servo di Dio Francesco Saverio Nguyên Van Thuân, nei diversi momenti della sua vita… L’esperienza dimostra che la sua fama di santità si è diffusa proprio attraverso la testimonianza di tante persone che lo hanno incontrato e conservano nel cuore il suo sorriso mite e la grandezza del suo animo”.

Nominato vescovo di Nha Trang il 13 aprile 1967, nel 1975 fu nominato arcivescovo coadiutore di Saigon; due giorni dopo fu arrestato dalla polizia. Trascorse 13 anni in prigione, di cui 9 in isolamento. Fu liberato il 21 novembre 1988. Dieci anni più tardi, nel 1998, papa Giovanni Paolo II lo nominò presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

Nei giorni successivi la notizia il vescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi, fondatore e presidente dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa e stretto collaboratore del venerabile in quanto è stato segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha detto: “La notizia non mi è giunta inattesa ed ha riempito di gioia il mio cuore nel ricordo personale del Cardinale vivissimo ancora oggi in me. Non ho mai avuto dubbi che il cardinale avesse esercitato eroicamente le virtù cristiane, soprattutto, ma non solo, nel periodo della lunga e dura prigionia nei lager comunisti del Vietnam militarmente e ideologicamente conquistato. Ma ora che la Chiesa lo ha riconosciuto, posso ringraziare il Signore per la conferma”.

A lui abbiamo domandato di spiegarci il valore della firma del decreto di papa Francesco che riconosce le sue ‘virtù eroiche’:

“Ringrazio il Santo Padre per questo decreto e sono contento che Benedetto XVI abbia espresso la sua grande gioia alla notizia. Quale è il suo significato? Direi che tra le descrizioni del cardinale Van Thuân come uomo di speranza, spicca proprio quanto Benedetto XVI scrisse nell’enciclica ‘Spe salvi’’ del 30 novembre 2007 dove, parlando al numero 32 dell’ ‘indimenticabile Cardinale Van Thuân’, scrisse: ‘Durante 13 anni di carcere, in una situazione di disperazione apparentemente totale, l’ascolto di Dio, il poter parlargli, divenne per lui una crescente forza di speranza, che dopo il suo rilascio gli consentì di diventare per gli uomini in tutto il mondo un testimone della speranza – di quella grande speranza che anche nelle notti della solitudine non tramonta’”.

Cosa vuol dire aver vissuto una parte della sua vita accanto ad un ‘santo’?

“Ho vissuto accanto al cardinale Van Thuân, collaborando con lui per diversi anni come Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace di cui egli è stato Presidente dal 24 giugno 1998 al 16 settembre 2002, ed ho anche avuto la grazia di essergli vicino nell’ultimo periodo della sua vita terrena, conclusasi il 16 settembre 2002. Posso dire di aver incontrato un cristiano straordinario nell’ordinarietà del suo impegno. Ad ogni più piccola cosa egli dava l’importanza di un incontro con il Signore e in ogni attimo era contento di offrirlo a Lui. Aveva offerto a Lui ogni attimo della dura prigionia, dell’isolamento,   della solitudine umana e della stanchezza spirituale, come aveva offerto a Lui ogni attimo dopo la liberazione, nel suo impegno per la giustizia e la pace nel servizio alla Santa Sede, nella predicazione e testimonianza della speranza cristiana ... ed anche nei lunghi mesi della malattia”.

Da dove derivava quella sua gioia per la vita, nonostante la persecuzione?

“Il  cardinale è stato veramente, concretamente, incatenato, nei diversi luoghi di prigionia ove il regime comunista del Vietnam lo aveva recluso e perseguitato. Però sono state incatenate le sue gambe e le sue braccia, non Lui che, animato dalla speranza cristiana e dalla vicinanza di Dio, ha vissuto quelle catene in piena libertà interiore. Le catene dell’anima ce le mettiamo sempre da soli, gli altri possono semmai incatenare le nostre gambe o le nostre braccia. Il cardinale ci ha mostrato che per l’anima non esistono catene se non quelle del peccato. Inoltre ci ha mostrato che, anche in catene, si può operare per la distruzione delle catene del peccato. Egli, incatenato, pregava, e la preghiera ha sempre un valore di liberazione personale e comunitaria. Egli, incatenato, si manteneva pienamente dentro la vita della Chiesa, celebrando quotidianamente l’Eucaristia, leggendo e rileggendo le pagine dell’Osservatore Romano che, in modo avventuroso, riceveva, vivendo la comunione con la Sede di Pietro. Egli, incatenato, fece brillare nel suo volto la gioia e la serenità della fede cattolica e convertì, ossia liberò, lui che era prigioniero, i suoi carcerieri”.

Perché aveva deciso di impegnarsi nel divulgare la Dottrina Sociale della Chiesa?

“La divulgazione della Dottrina sociale la considerava come un cammino necessario nella realizzazione della nuova evangelizzazione. Era anche molto attento a tenere insieme i diversi aspetti della Dottrina sociale della Chiesa, considerati nell’orizzonte dell’autentica vita cristiana nella Chiesa: testimonianza, santità e martirio.  Tutto questo ci ricorda qualcosa di molto importante, senza del quale la Dottrina sociale della Chiesa rischia di cedere alla feroce secolarizzazione in atto e perdere di vista il primato di Dio. In questa prospettiva, mi permetta di ricordare che, a qualche anno di distanza dalla sua morte terrena,  per onorarne la memoria, è stato fondato l’Osservatorio Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa”.

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