Città del Vaticano , 14 July, 2017 / 10:00 AM
La Seconda Guerra Mondiale, tutti in Vaticano lavorano per la pace
II Parte, Familiare Segreto
Mio padre, è stato sempre molto generoso ed attaccatissimo ai suoi familiari, ma anche nei confronti della gente comune ha dimostrato altruismo e solidarietà.
Ai tempi del pontificato di Sua Santità Papa Pio XII, molte famiglie in Vaticano, tra cui anche la nostra ospitarono gli ebrei per salvarli dalla persecuzione nazista. Più volte, mio padre, partiva di notte per Brindisi, con un caro amico di nome Otello, camuffati da contadini, con un’auto opportunamente insudiciata sia all’interno che all’esterno, ricolma di paglia, sacchi di patate, spighe di grano, smontata di parafanghi, con i fanali sfasciati, dentro alla quale, sotto un sedile sfondato e sudicio si nascondeva un ebreo! Il portabagagli del tetto era pieno di sacchi di stracci, sporchi sedie vecchie accatastate l’una sopra l’altra; in queste precarie condizioni con a bordo il greve fardello e una giusta paura, percorrevano di notte sentieri isolati per evitare i posti di blocco dei tedeschi. Di giorno non viaggiavano ma cercavano rifugio in case diroccate, caverne, nascondendo l’auto come potevano tra i cespugli dei boschi.
Il rischio di essere fermati e fucilati all’istante era tenuto ben in conto, ma il fine era nobile, portare in salvo un essere umano ingiustamente perseguitato solo per il fatto di essere ebreo valeva per lui più di tutto; per fortuna Iddio li ha sempre aiutati e questa impresa si è ripetuta diverse volte, sempre con percorsi e travestimenti diversi!
Anche mia zia Giulia, che all’epoca era poco più di una bambina, approfittando del fatto che per la giovanissima età nessuno l’avrebbe mai infastidita, molto saggiamente istruita dalla famiglia e tendenzialmente capace per carattere e temperamento, nascondeva sotto la lingua messaggi importanti da recapitare a chi di dovere; insomma una vera e propria gara di solidarietà umana di cui tutta la famiglia andava fiera.
E’ noto che Sua Santità Pio XII aveva un carattere austero e riservato, ma mio padre con discrezione e rispetto era riuscito a conquistarne la fiducia tanto che il Sommo Pontefice lo aveva incaricato di aprire la sua posta personale. Il Papa spesso si informava delle condizioni familiari dei suoi collaboratori ed in particolare chiedeva spesso di me, del mio stato di salute, perché sapeva che nel passato avevo avuto qualche problema.
In occasione del matrimonio, il Papa regalò ai miei due splendidi piatti in pregiata ceramica raffiguranti un cavaliere medioevale e la sua dama, che ancora conservo con grande devozione.
Anche con la madre Pascalina, mio padre riuscì a mantenere un buon rapporto basato sull’obbedienza ed il rispetto.
I biscotti di madre Fulgenzia
Spesso, su esplicita richiesta della suora andava nel convento di via di Santa Maria dell’Anima e lì Madre Fulgenzia, simpaticissima suora bassa bassa e grossa grossa, preparava splendidi vassoi di gustosissimi biscotti per me ! Anche dopo la morte del Papa, mio padre mantenne una buona amicizia con la Suore dell’Anima. Spesso andavamo tutti e tre in quel convento, entravamo in una stanza grande con in mezzo un tavolo rettangolare che occupava quasi tutta la sala, con attorno tante sedie dallo schienale alto e massiccio: Le pareti della stanza erano totalmente ricoperte di legno scuro, cosicchè la porta di ingresso si distingueva solo per la presenza della chiave.
I mobili erano molto imponenti e l’atmosfera, nell’insieme era un po’ lucubre; io cominciavo a girare continuamente intorno al tavolo, cercando di sedermi su tutte le sedie perché volevo provare come ci si stava, la mia mamma mi rincorreva cercando di rimettere a posto le sedie, mi lanciava occhiatacce minacciose e mio padre si tratteneva a stento dal rimproverarmi; la madre Fulgenzia arrivava dopo un bel po’ di tempo con una consorella alta alta e magra magra dall’aspetto molto serio , con il buon fardello di biscotti ed io contentissima e ne assaggiavo subito uno. Ero molto piccola allora, ma ricordo nitidamente quelle immagini.
I miei si sposarono nel gennaio del 1951 nella Chiesa di S.Anna ai Palafrenieri, dopo un breve fidanzamento durato solo tre mesi, la cerimonia nuziale fu celebrata dal Cardinale Confalonieri, futuro decano del Sacro Collegio cardinalizio. A conquistare mio padre fu il carattere solare e allegro della mia adorata mamma Armida e i suoi splendidi occhi verdi color del mare. Mio padre rimase estasiato da quella dolce e gentile signorina di buona famiglia originaria di Gualdo Tadino, nota cittadina umbra famosa per la schiettezza e benevolenza delle persone e per le famose ceramiche artistiche; la riservatezza di mio padre legava perfettamente con la simpatia e la vivacità di mia madre; un connubio perfetto durato tutta la vita
Mia madre, oltre che bellissima, era una donna forte e sensibile; capace di affrontare parecchie avversità che ci hanno colpito, ha sempre sostenuto ed incoraggiato mio padre soprattutto nei momenti difficili della malattia. Io mi sono aggrappata a lei perché avevo paura. Fino ad allora abbiamo vissuto sempre noi tre uniti, ma improvvisamente qualcosa scuote tragicamente questo equilibrio.
Io e la mamma
Mio padre morì nel 1978, da allora io e mia madre siamo state come una cosa sola, per questo adesso che anche lei mi ha lasciato, mi sembra che parte di me se ne è andata via.
Mia madre si è ammalata in tarda età di quelle patologie della vecchiaia che adesso sono sempre più frequenti. Per me è stato un colpo mortale! Non ero assolutamente preparata ad una realtà così triste. Ci sono voluti anni ed un percorso psico terapeutico per affrontare e accettare la situazione; lei non poteva più esprimersi a parole, ma io riuscivo ugualmente a capirla, a coglierne i disagi ed anche quando era contenta nel vedermi e nel sentirmi vicina. Quando tornavo da scuola la chiamavo affettuosamente, l’abbracciavo e la ricoprivo di tanti baci, le si illuminavano quei stupendi occhi verdi color del mare, tutto questo mi manca da morire ! non l’ho mai lasciata un solo momento, ho cercato di alleviarla con l’assistenza assidua e continua di persone specializzate, l’ho coccolata, vezzeggiata come una bambina, l’ho amata all’inverosimile tanto che mi sembra un sogno che lei stia in cielo!
Spesso mi sono sentita in colpa nei confronti di mio padre, per quella dolcezza che avrebbe desiderato e non gli ho saputo dare, avrei dovuto fare io il primo passo buttandogli le braccia al collo, stringerlo a me teneramente coprendogli il viso di tanti baci ! Ma da piccola ero molto timida e la sua austerità mi incuteva soggezione! Inoltre ai tempi della mia adolescenza non erano permessi atteggiamenti troppo spontanei, anche in famiglia bisognava mantenere comportamenti rispettosi
Allora ho pensato di scrivere queste righe per ricordarlo come merita, per chiedergli scusa e dirgli che mi manca tanto!
Adesso, con l’esperienza della maturità ho superato tanti ingiustificati pregiudizi; grazie all’evoluzione dei tempi siamo più spontanei e veraci e se vogliamo abbracciare i nostri cari possiamo farlo senza vergognarci di commettere qualcosa di quasi illecito.
(continua)
(La storia continua sotto)
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