Roma, 16 May, 2017 / 4:00 PM
L’Europa non è stata solo parte importante del magistero di Papa Francesco, che in un incontro con il gruppo catto-socialista francese Poisson Rose ha sottolineato che secondo lui è proprio l’Europa il continente con la maggiore vocazione a creare unità. L’Europa è anche il centro del Magistero di Giovanni Paolo II, che – dal grido di Santiago di Compostela del 1982 – non ha mai cessato di chiedere all’Europa di ritrovare se stessa. E il tema delle radici europee è stato alla base del magistero di Benedetto XVI, che proprio a Subiaco, alla vigilia dela morte di Giovanni Paolo II, consegnò un testo sull’Europa che fu poi il programma europeo del Pontificato.
È stato proprio Benedetto XVI ad anticipare, nemmeno un anno fa, le questioni odierne, con una domanda bruciante ai suoi allievi dello Schuelerkreis, il circolo dei suoi ex studenti. Questi avevano deciso di dedicare proprio all’Europa il loro incontro annuale dello scorso anno, e gli avevano comunicato la notizia. Benedetto XVI aveva risposto chiedendo: “Esiste ancora l’Europa?”
Ed è questa la domanda che resta sullo sfondo della due giorni di dialogo cominciata oggi alla Pontificia Università Laternanense, e promossa dall’area internazionale di ricerca “Caritas in Veritate” in collaborazione con la Cattedra “Giovanni Paolo II. Filosofia e Storia delle Istituzioni Europee”. . Il colloquio è dedicato a “Radici cristiane e cittadinanza europea, a 60 anni dai Trattati di Roma”, e si tiene in Lateranense il 16 e il 17 maggio.
Sessanta anni dopo i trattati di Roma, l’Europa sembra davvero vivere una forte crisi identitaria. Allora, gli Stati si univano, pensavano a concedere parte della sovranità in nome della sussidiarietà per il bene comune, per creare una Europa che non fosse solo un libero mercato, ma un progetto con una identità precisa. Oggi che l’Europa si è ridotta proprio ad un libero mercato, si sta trattando l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa, la cosiddetta Brexit, mentre il recente voto francese è stato anche caratterizzato dalla paura di una Frexit.
Da un certo punto di vista, si è passati da una riflessione cristiana sulla comunità europea – caratterizzata dal pensiero dei giganti del progetto europeo, De Gasperi, Schuman e Adenauer, due dei quali addirittura in odore di beatificazione – a una unione europea caratterizzata dalla cultura liberale di matrice anglosassone.
Vale la pena fare il punto della situazione, e forse questo è proprio il momento opportuno per farlo, perché nemmeno pochi giorni fa l’Istituto Universitario Europeo di Firenze, nella sua annuale conferenza sullo Stato dell’Unione, ha mostrato con forza l’idea di una Europa preoccupata per le conseguenze economiche della Brexit e sicuramente meno preoccupata di dare una identità definita al progetto europeo.
Tra i relatori, il professore Giulio Alfano, che parlerà del “Valore etico degli accordi di Roma del 1957”; il professor Vincenzo Buonomo, con una relazione su “Dai Trattati alla Carta dei Diritti Fondamentali”; Rudolf Michael Spangerbergerber, che parlerà dell’ “Europa tra la minaccia e il desiderio di sicurezza”.
Proprio questo desiderio di sicurezza, specialmente di fronte alle preoccupazioni che scaturiscono dagli attentati terroristici, sembra essere diventato il collante che lega l’Europa. E che però ha bisogno anche di lavoro, tema al quale è dedicata una sessione in collaborazione con il Comitato Promotore della Settimane Sociali.
La relazione dell’arcivescovo Filippo Santoro di Taranto rappresenta anche il momento in cui la riflessione europea diventa un nodo centrale della discussione dei vescovi italiani, e non a caso il Cardinale Angelo Bagnasco, fino a maggio presidente della CEI, guarda con attenzione all’Europa, anche nel suo nuovo incarico di presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee.
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