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Dialogo interreligioso, i passi della Santa Sede

L'incontro tra il Cardinale Tauran e il Segretario generale del KAICIID Faisal bin Muammar, Vienna, 7 aprile 2017

Non solo il dialogo ripreso con l’università islamica di al Azhar, che avrà un segno visibile nella visita di Papa Francesco all’antica istituzione sunnita. Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso cerca di portare avanti il dialogo con il mondo islamico anche attraverso la partecipazione alle attività del KAICIID, il centro per il dialogo finanziato dall’Arabia Saudita, con sede a Vienna. Lì, il Cardinale Tauran, presidente del dicastero vaticano, è stato lo scorso 7 aprile.

Cosa è il KAICIID? Il nome sta per King Abdullah bin Abdulaziz International Centre for Interreligious and Intercultural Dialogue. Si tratta di un centro per il dialogo interreligioso, con base a Vienna. Ha tre Stati fondatori: l’Arabia Saudita – che dà un contributo di 15 milioni l’anno – l’Austria e la Spagna. La Santa Sede, invece,  svolge il ruolo di Stato fondatore e osservatore permanente. Un ruolo di garanzia, rafforzato dalla presenza del vescovo Miguel Ayuso Guixot, sottosegretario del dicastero, nel board dell’istituzione.

 

Si tratta, in sostanza, dell’unico rapporto simil-diplomatico che la Santa Sede intrattiene con l’Arabia Saudita, che è nel novero dei pochi Stati al mondo che non hanno relazioni diplomatiche ufficiali con il Vaticano. La visita del Cardinale Jean Louis Tauran, lo scorso 7 aprile, si inserisce in questa cornice.

 

L’incontro ad alto livello è avvenuto tra il Cardinale e il segretario generale del KAICIID, Faisal Bin Muammar, il quale ha informato delle attività del centro. Il dialogo si è focalizzato in particolare sulla collaborazione passata, corrente e futura della Santa Sede al Centro.

 

Tra le attività del KAICIID, i programmi per supportare le piattaforme di dialogo interreligioso in Repubblica Centrafricana, Iraq/Siria, Myanmar e Asia, quelli dell’iniziativa “Uniti contro la violenza in nome della religione” e dell’iniziativa “Social Media come spazio per il dialogo”, nonché del programma di studio del KAICIID, che mira ad addestrare giovani leaders religiosi a contrastare l’odio nei social media e a supportare la riconciliazione pacifica.

 

Ci saranno altri incontri pianificati, e un impegno più stretto tra le parti. In che modo, è tutto da vedere. Sin dalla sua costituzione, nel 2012, sono stati molti i dibattiti che hanno riguardato il centro. Ci si è chiesti se proprio l’Arabia Saudita potesse promuovere il dialogo, dato che lì non esiste libertà religiosa e si rischia l’arresto anche se si viene sorpresi in casa propria a praticare la propria religione e dove non si possono costruire chiese. E le polemiche sono state mosse, in Austria, dal Partito Verde, che ha notato come il regno saudita promuove il centro e allo stesso tempo finanzia molte moschee in Europa dove si predica il wahabismo, l’islam più conservatore che in Arabia Saudita è religione di Stato. Sono critiche di cui sono tutti consapevoli. Ma dare al centro il nome del re dell’Arabia Saudita è stato inteso anche come un auspicio e un impegno, un modo di dimostrare che nel cuore dell’Islam si è mosso qualcosa.

Anche la Santa Sede guarda con attenzione all’Arabia Saudita, portando avanti un dialogo che si è andato sviluppando parallelamente all’iniziativa giordana della lettera Una parola comune tra noi e voi, che ha portato alla costituzione di un tavolo islamo-cristiano. Così, dopo l’incontro di Abdullah con Papa Benedetto XVI il 6 novembre 2007, il re saudita ha aperto insieme a re Juan Carlos di Spagna una grande conferenza per il dialogo interreligioso e multiculturale, convocata dalla Lega Musulmana mondiale. In quell’occasione, il cardinal Jean Luis Tauran, presidente per il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, aveva annunciato un documento del dicastero da lui guidato dedicato proprio al dialogo interreligioso.

Il Cardinale Tauran era presente anche all’inaugurazione del KAICIID, il 26 novembre 2012, cui partecipavano anche il segretario dell’Onu Ban Ki Moon e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I.

E in fondo, si fa notare, il Paese ha portato avanti un cauto processo di riforme. E poi, la politica non c’entra nulla con il centro, un organismo internazionale strutturato con un Board of Directors, un organismo che comprende personalità di alto livello delle principali religioni: cristianesimo, ebraismo, islam, induismo e buddismo, e dove appunto siede il vescovo Miguel Ángel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

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