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Novara: per il vescovo Brambilla i cristiani chiamati a dare testimonianza

Domenica 29 gennaio nella diocesi di Novara si sono concluse le celebrazioni per la festa patronale di san Gaudenzio, in cui il vescovo, mons. Franco Giulio Brambilla, nel discorso alla città ha esortato la Chiesa a non dimenticare la testimonianza, partendo dalla lettura di un suo recente scritto, ‘Liber pastoralis’, come omaggio alla chiesa ‘gaudenziana’: “Essa ha al suo centro questa idea semplice e forte: la Chiesa di domani avrà un futuro se custodirà la testimonianza dei cristiani.

L’agire pastorale della Chiesa ha il suo roveto ardente nel far crescere la testimonianza cristiana dei credenti e la vita della Chiesa come testimonianza. Il mondo di oggi ha bisogno di chi curi le anime, ma la ‘cura animarum’ –ha sostenuto il vescovo- deve sostenere la testimonianza cristiana nella sua forma ecclesiale adulta e matura.

Questo è il senso della vita cristiana, la sostanza dell’espe­rienza ecclesiale, il cuore dell’agire pastorale della Chiesa”. Prendendo spunto dal numero 49 dell’enciclica ‘Evangelii Gaudium’ di papa Francesco, mons. Brambilla ha esortato la città a non rinchiudersi nelle proprie abitudini: “Ecco che cosa deve preoccuparci: che molti vivano senza la forza e la luce dell’amicizia con Gesù; senza una comunità di fede che li accolga; senza un orizzonte di senso e di vita.

Questi sono i tre elementi essenziali della testimonianza dei cristiani”. Prendendo spunto dalla prima lettera di Pietro, che il Concilio Vaticano II cita nei documenti 14 volte, il vescovo ha sottolineato che il cristiano si deve lasciare modellare da Dio: “La casa spirituale ha la forma di un tempio di persone. E’ un’opera di Dio che esige di lasciarsi continuamente posare e sagomare sul fondamento che è Cristo. Viene, poi, indicato lo scopo di questa casa/tempio: per un sacerdozio santo. E’ un nuovo tempio spirituale, dove si esercita un sacerdozio santo. Il culto si esprime in sacrifici spirituali graditi a Dio.

Tutto il popolo di Dio è sacerdotale!” Quindi ha sottolineato le ‘proprietà’ specifiche del popolo cristiano: “Le quattro proprietà del popolo cristiano sono attive e dinamiche, e hanno una proiezione missionaria: affinché proclamiate le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce. Ciò che i credenti devono annunciare sono le azioni e le opere eccellenti di Dio che li ha fatti passare dalle tenebre dell’uomo vecchio alla luce splendente dell’uomo nuovo”.

Ed ha invitato ad essere testimoni della fede: “Cari fratelli, ancora ai primi passi di questo terzo millennio stiamo faticosamente cercando la strada del futuro: la fede cristiana sopravvivrà se avrà il volto riconoscibile della testimonianza di tutti i cristiani”. Infatti il ‘cuore’ della vita cristiana è la testimonianza stessa: “Custodire la testimonianza di tutti i cristiani e prendersi cura della Chiesa come testimonianza ci fa stare al di qui delle artificiose distinzioni della missione della Chiesa ad intra e ad extra, magari riservando l’una ai chierici e l’altra ai laici”. Questa visione può cambiare se si legge attentamente la Prima lettera di san Pietro: “Essa avviene attraverso un duplice movimento: il primo con cui le ‘pietre vive’ si lasciano sagomare e compaginare alla ‘pietra viva’ che è Cristo, per costruire un edificio (tempio) spirituale, il cui fine è l’esercizio di un sacerdozio santo o regale, che offre sacrifici spirituali graditi a Dio; il secondo per plasmare di continuo il popolo santo di Dio, che ‘è stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato, perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa’”.

Da un’attenta lettura della lettera petrina mons. Brambilla ha introdotto una ‘duplice dinamica’: “La prima dinamica rende i credenti ‘pietre vive’: i cristiani, sagomati e compaginati in un unico grande edificio sul fondamento che è Cristo, sono resi capaci di offrire tutta la propria esistenza come sacrificio spirituale gradito a Dio”. La seconda dinamica invece riprende l’immagine del ‘popolo di Dio’: “La testimonianza dei cristiani è la primavera di una nuova Pentecoste!” Quindi la cura della testimonianza deve essere al centro della ‘preoccupazione’ della Chiesa: “Guardate la nostra basilica di san Gaudenzio: i nostri padri non hanno avuto paura di costruire una Chiesa così avveniristica, con una cupola che non ha eguali al mondo. Non possiamo osare di costruire una città degna di un segno civile e religioso così meraviglioso?”

Dalle domande mons. Brambilla ha elencato i quattro ‘pilastri sacramentali’ della testimonianza: “I cristiani attestano che sono fondati sulla pietra viva che è Cristo, mediante l’ascolto della Parola e la celebrazione dei Sacramenti, in particolare dell’Eucaristia. I primi cristiani celebravano i gesti della fede, erano assidui nella preghiera, si radunavano nell’ascolto della Parola degli apostoli, ricevevano il battesimo e celebravano la cena eucaristica. Il culto ‘rituale’ era la condizione di verità del culto ‘spirituale’”. Perciò la testimonianza ha bisogno anche del pilastro dialogico: “Se non ci è mai capitato di essere in imbarazzo, perché il nostro giudizio e le nostre scelte andavano controcorrente, dobbiamo sospettare che la nostra fede sia significativa per il tempo attuale”.

Novara: per mons. Brambilla i cristiani chiamati a dare testimonianza

Perciò, nella conclusione, ha invitato a non trascurare la testimonianza cristiana a livello culturale: “La storia dell’Occidente e dell’Oriente cristiano ne è l’attestazione nel campo del pensiero, delle arti, della musica, della letteratura e delle forme molteplici del sapere e dell’agire umano. La creatività del Vangelo di fronte alle diverse culture è forse l’aspetto su cui le comunità cristiane oggi investono di meno”.

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