Città del Vaticano , 21 January, 2017 / 2:00 PM
É l’appuntamento più suggestivo e “romano” della vita di ogni Papa quello del 21 gennaio per la benedizione degli agnellini in memoria di Sant’ Agnese.
Da più di 500 anni le monache di Santa Cecilia in Trastevere si prendono cura delle pecorelle che simbolicamente forniscono la lana per le vesti liturgiche di pontefici e vescovi e in particolare del pallio.
E’ una delle cerimonie più suggestive e storiche quella che vede una cesta decorata di fiori bianchi e rossi con dentro due agnellini candidi portati al Papa. Nella Cappella Urbano VIII del Palazzo Apostolico i sediari pontifici si unisco al Papa. Una preghiera, un saluto speciale alla badessa di Santa Cecilia e alle suore, una carezza ai due agnellini. Un rito antichissimo, che si celebra da più di 500 anni.
Per tradizione i due agnellini forniscono la lana con la quale si tessono i pallii, quelle strisce di lana bianca con ricamate croci nere, che il Papa dona ai vescovi metropoliti il 29 giugno, il giorno della festa dei Santi Pietro e Paolo patroni delle città di Roma.
E’ una delle tradizioni più antiche nella storia della Chiesa cattolica. Il pallio lo indossano sulla casula, la veste liturgica con cui si celebra la Messa, il papa e i vescovi che guidano le diocesi più grandi e più antiche e con un particolare e storico legame al papato. Le origini di questo indumento si perdono nella notte dei tempi.
La cosa assolutamente certa è che il pallio deve essere di lana. E di una lana particolarmente pura, bianca e trattata secondo regole antiche e precise. A cominciare dalle pecore.
La storia della Chiesa a Roma ci racconta che esattamente due agnellini erano la tassa che il Monastero di sant’Agnese sulla Nomentana pagava alla Basilica di San Giovanni in Laterano dove risiedeva il Papa. Quando il monastero femminile di Sant’Agnese fu chiuso, gli agnelli vennero donati da altri monasteri. Ma nel tragitto che in solenne processione, li portava in Laterano, si sostava sulla tomba della martire Agnese. Poi venivano portati alla monache di Santa Cecilia a Trastevere. Lì si lavorava la lana, si tesseva e si cucivano i paramenti. Una tradizione che protrasse per secoli. Dopo la presa di Porta Pia i beni della Chiesa furono espropriati e per qualche tempo fu addirittura il governo italiano a pagare le spese per gli agnellini, poi dal 1909 se ne occuparono i trappisti dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma.
Oggi gli agnellini, dopo la benedizione del papa, dal Vaticano arrivano a Trastevere accolti dal canto delle monache, lo stesso che per secoli accompagnava la processione per le strade di Roma.
Ma oggi non si lavora più la lana cona la cardatura e la filatura, e gli antichi telai sono poco usati. Le suore sono poche ed anziane. Ma sono sempre loro, con un tessuto di lana, a confezionare i pallii.
Il pallio ha avuto varie forme. Oggi a preso una forma molto stilizzato e sia il Papa che i vescovi hanno le croci nere.
Il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, uno dei patroni di Roma, i pallii vengono portati in Vaticano e restano davanti alla tomba di San Pietro fino alla messa del 29.
E’ allora che il Papa li dona solennemente ai vescovi metropoliti. Per volere di Papa Francesco sarà poi il nunzio apostolico ad imporli in diocesi con il popolo presente.
Appena eletto Benedetto XVI ne indossò uno che ricordava quelli dei primi secoli cristiani. Nel 2008 scelse una forma più stilizzata, ma diversa da quella del suo predecessore Giovanni Paolo II.
Quello indossato il primo giorno papa Ratzinger lo ha voluto posare sull’urna di papa Celestino V quando, il 28 aprile del 2009, si fermò davanti alle rovine della basilica di Collemaggio e alle tende dei terremotati dell’Aquila.
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