Città del Vaticano , 06 January, 2017 / 10:50 AM
Gerusalemme e Betlemme. La distanza tra due città e tra due cuori. In una c’è chi non riesce ad adorare il Bambino Gesù, come Erode, e chi invece, ha il coraggio di camminare e prostrarsi davanti ad una nuova promessa, come i Magi.
E’ il Giorno di Epifania del Signore, giorno di annuncio del calendario liturgico, con la proclamazione del giorno di Pasqua, quest'anno cade il 16 aprile. Papa Francesco celebra la Messa nella Basilica Vaticana e racconta nella sua omelia la storia dei Re Magi, non uomini da “un DNA speciale” per seguire la stella, ma uomini in cammino, pronti a scoprire cose nuove.
Francesco riassume nella sua omelia le due grandi azioni che compiono i Magi: vedere e adorare, “abbiamo visto una stella e vogliamo adorare”. Il Papa scorge nei Magi un tratto importante: “erano aperti a una novità”.
“I Magi – spiega il Pontefice - esprimono il ritratto dell’uomo credente, dell’uomo che ha nostalgia di Dio; di chi sente la mancanza della propria casa, la patria celeste. Riflettono l’immagine di tutti gli uomini che nella loro vita non si sono lasciati anestetizzare il cuore”.
Ed è proprio la nostalgia di Dio che “mantiene viva la speranza della comunità credente”: come per l’anziano Simeone che andava tutti i giorni al tempio, sapendo con certezza che la sua vita non sarebbe terminata senza poter tenere in braccio il Salvatore. “Fu questa nostalgia – continua il Papa - a spingere il figlio prodigo a uscire da un atteggiamento distruttivo e a cercare le braccia di suo padre. Fu questa nostalgia che il pastore sentì nel suo cuore quando lasciò le novantanove pecore per cercare quella che si era smarrita, e fu anche ciò che sperimentò Maria Maddalena la mattina della domenica per andare di corsa al sepolcro e incontrare il suo Maestro risorto”.
La nostalgia di Dio è per Francesco ciò che “ci tira fuori dai nostri recinti deterministici, quelli che ci inducono a pensare che nulla può cambiare”.
E la nostalgia di Dio è anche ciò che ci spinge “oltre la frontiera”, come i Magi: “Il credente “nostalgioso” – dice il Pontefice - va in periferia, in frontiera, nei luoghi non evangelizzati, per potersi incontrare col suo Signore”.
Poi nell’omelia del Papa un riferimento ad Erode, come “atteggiamento contrapposto” alla ricerca e alla nostalgia di Dio: “Mentre i magi camminavano, Gerusalemme dormiva. Dormiva in combutta con un Erode che, invece di essere in ricerca, pure dormiva. Dormiva sotto l’anestesia di una coscienza cauterizzata. E rimase sconcertato. Ebbe paura. È lo sconcerto che, davanti alla novità che rivoluziona la storia, si chiude in sé stesso, nei suoi risultati, nelle sue conoscenze, nei suoi successi. Lo sconcerto di chi sta seduto sulla sua ricchezza senza riuscire a vedere oltre”.
I Magi arrivano al Palazzo, ma non trovano nessun Re. E qui comincia la vera ricerca, l’”audacia più difficile e complicata”. “Scoprire – rammenta Francesco - che ciò che cercavano non era nel Palazzo ma si trovava in un altro luogo, non solo geografico ma esistenziale. Scoprire che nello sguardo di Dio c’è posto per i feriti, gli affaticati, i maltrattati e gli abbandonati: che la sua forza e il suo potere si chiama misericordia. Com’è lontana, per alcuni, Gerusalemme da Betlemme!”
Conclude la sua omelia Francesco: “Erode non può adorare perché non ha voluto né potuto cambiare il suo sguardo. Non ha potuto adorare perché il suo scopo era che adorassero lui. I magi sentirono nostalgia, non volevano più le solite cose. Erano abituati, assuefatti e stanchi degli Erode del loro tempo. Ma lì, a Betlemme, c’era una promessa di novità, una promessa di gratuità”.
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