Città del Vaticano , 31 December, 2016 / 5:35 PM
É la chiusura dell’anno civile, la Chiesa cattolica la sera del 31 dicembre ringrazia con il canto del Te Deum. E lo fa davanti al presepe pensando a Maria Madre di Dio, Signore del tempo e della storia.
Così anche il Papa nella basilica vaticana prega per dire grazie. E prega Dio che si è fatto uomo: “ In Cristo Dio non si è mascherato da uomo, si è fatto uomo e ha condiviso in tutto la nostra condizione. Lungi dall’essere chiuso in uno stato di idea o di essenza astratta, ha voluto essere vicino a tutti quelli che si sentono perduti, mortificati, feriti, scoraggiati, sconsolati e intimiditi. Vicino a tutti quelli che nella loro carne portano il peso della lontananza e della solitudine, affinché il peccato, la vergogna, le ferite, lo sconforto, l’esclusione non abbiano l’ultima parola nella vita dei suoi figli”.
É la logica di Dio, logica di prossimità e di incontro, che genera inclusione, che rompe “la catena del privilegio che genera sempre esclusione, per inaugurare la carezza della compassione che genera l’inclusione, che fa splendere in ogni persona la dignità per la quale è stata creata”.
Davanti al Bambino di Betlemme, spiega Papa Francesco, “vogliamo ammettere di avere bisogno che il Signore ci illumini, perché non sono poche le volte in cui sembriamo miopi o rimaniamo prigionieri di un atteggiamento marcatamente integrazionista di chi vuole per forza far entrare gli altri nei propri schemi”.
Il grazie allora non è solo nostalgia sterile, piuttosto “il presepe ci sfida a non dare nulla e nessuno per perduto”.
Sono i volti che il Papa vede davanti a se “giovani carichi di speranze e di aspirazioni, carichi di domande. Volti giovani che guardano avanti con il compito non facile di aiutare il Dio-Bambino a crescere. Non si può parlare di futuro senza contemplare questi volti giovani e assumere la responsabilità che abbiamo verso i nostri giovani; più che responsabilità, la parola giusta è debito, sì, il debito che abbiamo con loro. Parlare di un anno che finisce è sentirci invitati a pensare a come ci stiamo interessando al posto che i giovani hanno nella nostra società”.
Il Papa parla dei mali di una cultura schizzofrenica che esalta il giovanilismo e ghettizza i giovani e dice “Non priviamoci della forza delle loro mani, delle loro menti, delle loro capacità di profetizzare i sogni dei loro anziani. Se vogliamo puntare a un futuro che sia degno di loro, potremo raggiungerlo solo scommettendo su una vera inclusione: quella che dà il lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale”.
É’ questa a sfida dell’anno civile che termina, la sfida di “aiutare i nostri giovani perché non si lascino disilludere davanti alle nostre immaturità, e stimolarli affinché siano capaci di sognare e di lottare per i loro sogni. Capaci di crescere e diventare padri e madri del nostro popolo”.
Dopo la recita del Vespro e la adorazione eucaristica il Papa si è recato in Piazza San Pietro per visitare il presepe.
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