Baku, 30 September, 2016 / 11:00 AM
Un Paese con un bel dialogo ecumenico ed interreligioso, ma con ancora i segni di un conflitto che non accenna a diminuire. Così don Vladimir Fekete descrive la situazione dell’Azerbaigian. Salesiano, superiore della Mission Sui Iuris del Paese caucasico che il Papa visiterà il prossimo 1 ottobre, don Fekete ospiterà anche il Papa a pranzo nella casa dei salesiani, i missionari più attivi a Baku.
Il Papa pranzerà con voi salesiani. Che cosa racconterete del lavoro che fate in Azerbaigian? E come è previsto si svolga il pranzo?
Il pranzo con il Papa si svolgerà in modo molto semplice, seguendo le indicazioni che abbiamo ricevuto da monsignor Maurizio Rueda Bels, del protocollo vaticano. Abbiamo già previso tutti, i posti a tavola, il menu e anche le bibite. Ma non c’è molto da dire, il Papa beve solo acqua. Per quanto riguarda quello che diremo al Papa, vedremo… dipende dall’interesse di Papa Francesco. Per noi è molto importante ascoltarlo, e se poi lui ci farà qualche domanda, speriamo di essere capaci di dargli risposte vere e semplici.
Quali sono le maggiori difficoltà per i cristiani di Azerbaigian? E in che modo provate a superarle?
Le difficoltà dei cristiani sono le difficoltà di molti altri cittadini. L’Azerbaigian produce tanto petrolio e gas, ma il calo del prezzo del petrolio negli ultimi due anni ha fatto perdere alla moneta locale metà del suo valore precedente. È aumentata la disoccupazione, mentre il problema del Nagorno Karabach si fa sempre più sentire. Dall’inizio della sua presenza in territorio azero, la Chiesa Cattolica sta cercando di aiutare nel campo sociale. Da quando, negli anni 2000, abbiamo iniziato la nostra missione qui, abbiamo istituito a Baku tre posti di distribuzione dei pasti per i poveri, che sono soprattutto rifugiati del territorio del Nagorno Karabach. Il problema è stato poi gradualmente risolto dal governo e quindi abbiamo cercato di aiutare in altri campi.
Quali?
Prima di tutto, abbiamo un progetto di adozioni a distanza con il quale aiutiamo le mamme abbandonate dai mariti. Abbiamo una rete di giuristi, e aiutiamo i poveri che non hanno i documenti di identità, perché solo quando viene ricostruita la loro identità si possono usare i fondi sociali del governo. Come salesiani, aiutiamo nel nostro centro di recupero centinaia di ragazzi provenienti da famiglie povere. Qui ci sono poi le Missionarie della Carità, le quali curano i senza tetto e aiutano le famiglie bisognose. Alla fine cerchiamo – secondo le nostre possibilità – di stare accanto a tutti i poveri e gli emarginati.
Quale è la situazione del dialogo interreligioso in Azerbaigian?
Ha un bel livello. La politica ufficiale dello Stato è quella di presentare l’Azerbaigian come un Paese secolare, democratico e tollerante verso tutte le etnie e religioni. Soprattutto le cosiddette religioni tradizionalmente presenti in territorio sono appoggiati dallo stato – e tra di loro, insieme a musulmani, ebrei e ortodossi, ci siamo anche noi. cattolici. Ogni anno, per la Settimana di Preghiera dell’Unità dei Cristiani, sto organizzando un incontro di preghiera e di agape con i pastori delle comunità cristiane di Baku.
Come sono i rapporti con la Chiesa ortodossa?
Personalmente sono molto felice, soprattutto perché il capo della Chiesa Ortodossa russa, l’arcivescovo Aleksandr e il suo clero, hanno rapporti aperti e positivi con la Chiesa Cattolica. L’Arcivescovo partecipa regolarmente alla Messa di Natale e alla Messa della notte di Pasqua nella nostra Chiesa, e io sono invitato a partecipare alle loro feste. Grazie a Dio, in questo campo siamo più avanti di tanti Paesi di Europa.
Quanto pesa la vicenda del Nagorno Karabach sui cattolici del Paese?
Non ha peso solo sui cattolici, o sui cristiani in generale. È un problema di tutto il Paese e dei suoi abitanti. Alla frontiera, muoiono musulmani come ebrei e cristiani azeri. Stiamo pregando, che Dio da la sapienza e forza ai politici per risolvere questo conflitto e stabilire la giustizia e pace.
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