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Un servizio di EWTN News

Le tre crisi dell’Europa: ne discutono i vescovi dell’Est del continente

Un momento dell'incontro di Bratislava tra i vescovi dell'Est Europa

Crisi della famiglia, crisi della fede e crisi dell’identità culturale: 27 anni dopo la caduta del Muro di Berlino, sono queste le tre crisi che vive il continente europeo. E di questo hanno parlato i vescovi dei Paesi dell’Est Europa, che si sono riuniti l’8 e il 9 settembre a Bratislava, in Slovacchia, per discuterne.

La scelta di Bratislava non è casuale: la Slovacchia è presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Quale posto migliore di un Paese dell’Est Europa perché i vescovi orientali si mettessero intorno a un tavolo per discutere dei problemi da affrontare?

Alcune delle conclusioni dell’incontro sono state diffuse in un comunicato del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. Il primo punto è risvegliare la riflessione dell’identità europea. E questo – sottolineano i vescovi – è “sempre stata connessa con la famiglia fondata dal matrimonio tra un uomo e una donna”. “Soltanto la società con la prole è una società con la speranza”, sottolineano i vescovi.

Si tratta di una risposta netta ai grandi movimenti per le unioni civili, le adozioni omosessuale, il matrimonio gay che hanno moltiplicato i loro sforzi in Europa. Ma per contrasto proprio dai Paesi dell’Est Europa sono arrivate varissime iniziative di cittadinanza che hanno chiesto di cambiare la costituzione dei loro Paesi specificando che il matrimonio è tra un uomo e una donna, facendo fare marcia indietro ai governi sulle leggi anti-famiglia, proponendo cambiamenti legislativi pro-family: è successo il Slovenia, Croazia, Slovacchia, Ungheria, Polonia.

I vescovi sottolineano che la Chiesa “apprezza e aiuta la famiglia”, e notano che “sfortunatamente, alcune decisioni delle strutture europee mettono la famiglia e la protezione della vita in pericolo”. “Attualmente – dicono - l’Europa, prima di tutto, ha bisogno di famiglie stabili e di una politica demografica prudente. L´immigrazione non è una soluzione della crisi demografica”.

Ma non solo. I vescovi lanciano anche un attacco alla visione secolarista. Di fronte ad una unione che sembra sempre più mettere da parte il dato religioso, i vescovi rimarcano che è fondamentale che le strutture pubbliche, nazionali ed europee, sviluppino un vero dialogo con i rappresentanti delle Chiese cristiane o con gli esponenti di altre religioni. Il pensiero di fondo è che per superare la crisi europea ci voglia un continente che consideri la fede non come un limite, ma come una risorsa cui attingere, considerato anche che l’Europa è costellata di opere di ispirazione religiosa.

Toccati dalle sofferenze dei cristiani e di altre minoranze in Medio Oriente (e in particolare in Siria), ma anche dagli attacchi mossi nel cuore dell’Europa, i vescovi dell’Est ritengono” giusto” sviluppare più comunicazione con il mondo islamico, “moltiplicando gli sforzi per aiutare i bisognosi”.

Perché “i vescovi sentono il dovere speciale di aiutare i cristiani perseguitati, ma non escludono dal loro cuore nessun’altra persona umana bisognosa di aiuto, sia nelle regioni di crisi del mondo, sia nei nostri paesi”.

Il messaggio è quello di “procedere con generosità e saggezza”, valutando “le circostanze culturali, religiose ed economiche dei popoli europei e di quelli che arrivano”, tenendo in considerazione “la differenza fondamentale tra i Paesi europei”, che sono “destinazioni del flusso migratorio” e quelli dell’Europa dell’Est, che “sono Paesi di transito” con un tenore di vita che “arriva solo al 20 per cento di quello occidentale”.

I migranti – dicono – non “desiderano generalmente restare nei Paesi dell’Est”, e per questo “l’aiuto che deve essere prestato loro potrà richiedere azioni speciali”.

Infine, dopo una preghiera delle vittime “della violenza, della guerra e del terrorismo”, i vescovi “rivolgono un serio appello ai responsabili di tutti i Paesi europei affinché sviluppino una comune e profonda riflessione del futuro”.

L’auspicio è quello di creare “diventi un continente che metta al primo posto il rispetto verso la vita umana – dal concepimento fino alla morte – e anche che il sostegno alla famiglia e al matrimonio occupi il primo posto nella consapevolezza dei rappresentanti pubblici”.

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