Città del Vaticano , 11 June, 2016 / 12:42 AM
Doveva leggere un discorso, ma preferisce rispondere alle domande di genitori e ragazzi: Papa Francesco arriva al Convegno sulla disabilità promosso dalla diocesi di Roma, in Aula Paolo VI, in occasione del Giubileo degli Ammalati e delle Persone Disabili. Si parla di inclusione, di disabilità, di storie di vita. E Papa Francesco aveva preparato un discorso in cui chiedeva di dare i sacramenti a tutti, anche ai disabili mentali, perché tutti abbiano possibilità di accedere alla grazia. Di riconoscere la capacità apostolica delle persone disabili Di dare loro un posto anche nella liturgia. La sostanza resta la stessa, nelle parole di Papa Francesco in dialogo con i ragazzi. E conclude con l’invito di praticare “la pastorale dell’orecchio”. Ovvero, di ascoltare le storie di vita.
La prima domanda parla della diversità. Il Papa sottolinea: “”Tutti siamo diversi. Non c’è uno che sia uguale all’altro. Ci sono alcune diversità più grandi o piccole, ma tutti siamo diversi. Ma la ragazza che ha fatto la domanda prima diceva: tante volte abbiamo paura delle diversità. Ci fanno paura perché andare all’incontro di una persona che ha una diversità, non diciamo forte, ma grande, è una sfida, e ogni sfida ci dà paura. È più comodo non muoversi , è più comodo ignorare le diversità”
Papa Francesco invita a pensare a un mondo “in cui tutti siamo uguali: sarebbe un mondo noioso”. Concede che “ci sono diversità che sono dolorose, ma tutti sappiamo quelli che hanno radice ma anche quelle diversità ci aiutano, ci sfidano e ci arricchiscono. Per questo, non avere mai paura delle diversità”.
Il gesto per migliorare, il gesto per mettere in comunione – sottolinea il Papa – è “un gesto che facciamo quasi incoscientemente, ed è un gesto molto profondo: stringere la mano. Quando io stringo la mano metto in comune quello che ho con te. È uno stringere la mano sincero, ti do il mio e io il tuo, e questa è una cosa che ci fa bene a tutti.”
Insomma, conclude il Papa, si deve “pensare che ogni volta che io stringo la mano ad un altro, do qualcosa del mio e ricevo qualcosa di lui, e questo anche ci fa crescere”.
Quindi, il tema dell’esclusione. “Vero – dice il Papa – che tu vuoi fare la comunione, devi avere una preparazione. Se tu non capisci, sei sordo, devi avere la possibilità in quella parrocchia di prepararti con il linguaggio dei sordi, e quello è importante. Se tu sei diverso, anche tu hai la possibilità di essere il migliore e quello è vero”.
Insomma, per diversità “non si intende che chi ha cinque sensi che funzionano bene è migliore del sordomuto”, perché “tutti abbiamo la stessa possibilità di crescere, di amare il Signore, di fare cose buone, tutti abbiamo la stessa possibilità di ricevere i sacramenti.”
Papa Francesco ricorda di quando Pio X decise che si doveva dare la comunione ai bambini e gli veniva obiettato che i bambini non capivano, ma il Papa ha confermato la decisione, così facendo “di una diversità una uguaglianza, perché lui sapeva che il bambino capisce in un altro modo e quando ci sono diversità tra noi, si capisce in un altro modo”.
“Ma anche nella scuola, nel quartiere… ognuno ha la sua ricchezza. È diverso e come se parlasse un’altra lingua, ma è diverso. È diverso perché si esprime in un modo diverso, e questa è una ricchezza. Per questo quello che ha detto Serena succede tante volte, è una delle cose più brutte delle nostre città, della nostra vita: la discriminazione. Con parole offensive, anche, e non si può essere discriminati. Ma tutti possono conoscere Dio”.
E poi ritorna sull’accoglienza e l’ascolto. L’obiettivo, per il Papa è quello di “aiutare tutti a capire la fede, a capire l’amore, a capire come essere amici, a capire le differenze, a capire come si complementano le cose, come uno può dare una cosa e l’altro ci dà l’altra. Tu hai usato due parole belle: accogliere e ascoltare. Accogliere, cioè ricevere tutti, ricevere tutti. E ascoltare tutti. Io vi dico una cosa: oggi credo che nella pastorale della Chiesa si fanno tante cose belle, tante cose buone, nella catechesi, nella liturgia, nella Caritas, con gli ammalati. Ma c’è una cosa che si deve fare di più: l’apostolato dell’orecchio! Ascoltare”.
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