New York City, New York, 23 April, 2015 / 11:11 AM
“Se c’è un estremismo della violenza, ad esso bisogna rispondere con altrettanta radicalità, con l’estremismo del dialogo.” Maria “Emmaus” Voce, presidente del Movimento dei Focolari, fa questo appello di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di New York. Chiamata a portare l’esperienza del Movimento da lei rappresentato, non esita a delineare la strada del dialogo, per puntare non solo ad una “alleanza delle civiltà,” ma alla “civiltà dell’Alleanza" universale, dove "i popoli si considerino parte della grande vicenda, affascinante e plurale, del cammino dell’umanità verso l’unità.”
Il discorso si è tenuto mercoledì 22 febbraio, nell’ambito di un dibattito ad Alto Livello su “Promozione della Tolleranza e della Riconciliazione: favorendo società pacifiche, accoglienti e contrastando l’estremismo violento.” Forse non è un caso che nella giornata di ieri il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha diffuso una dichiarazione che sottolineava come il dialogo con l’Islam è possibile e necessario “ora più che mai.”
Si inserisce in questo solco il discorso di Maria Voce all’assemblea dell’ONU. Con la loro rete straordinaria e diffusissima in tutto il mondo, che promuove dialogo e include tutte le confessioni religiose e anche coloro che non hanno alcun riferimento religioso, i Focolarini rappresentano una eccezionale risorsa sul campo nel terreno del dialogo. Quando Maria Voce andò in udienza da Papa Francesco, a settembre del 2013, a riferire gli esiti di un viaggio in Giordania, qualcuno ha descritto il lavoro dei Focolarini come “diplomazia parallela.” E' certo che il lavoro di dialogo e di raccordo tra religioni e comunità possa essere una diplomazia. Ma non si tratta certo della diplomazia delle feluche, dell’incontro con i grandi capi. Nel caso del Movimento dei Focolari, è successo piuttosto che sono stati i politici, gli intellettuali, a cercare l’incontro, consapevoli in fondo che di questa diplomazia meno “protocollare” e più di vita c’è un gran bisogno.
Maria Voce ha portato questa esperienza all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ha chiesto un cambio di paradigma in situazioni di gravissima “disgregazione politica, istituzionale, economica e sociale.”
Maria Voce parla tra i 15 leaders religiosi di diverse tradizioni ed aree del mondo, che sono introdotti da un intervento del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, che dovrebbe essere in Vaticano nella prossima settimana.
Racconta, Maria Voce, che nel Movimento dei Focolari “l’incontro tra culture e religioni è una esperienza continua e feconda, che non si limita alla tolleranza o al semplice riconoscimento della diversità, che va oltre la pur fondamentale riconciliazione, e crea, per così dire, una nuova identità, più ampia, comune e condivisa.”
Proprio il dialogo, nella sua radicalità, diventa una risposta alla radicalità della violenza. Chiede di “non cedere terreno a chi tenta di rappresentare molti dei conflitti in corso come “guerre di religione”, sottolinea che “la guerra è, per definizione, l’irreligione”, e stigmatizza quella che definisce – in maniera quasi cruda – la “religione della guerra,” che si mostra nelle continue tragedie e le centinaia di morti in fuga dalla guerra e naufragati nel Mediterraneo.
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, e il conseguente intervento militare in Afghanistan, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, aveva scritto: “La guerra non è mai santa, e non lo è mai stata. Dio non la vuole. Solo la pace è veramente santa, perché Dio stesso è la pace.” Sono queste le conclusioni che Maria Voce fa proprie.
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