Città del Vaticano , 05 May, 2016 / 6:48 PM
“La presenza di Dio non ci abbandona nella prova”. Con queste parole Papa Francesco ha aperto il suo discorso in occasione della Veglia di preghiera per tutti coloro che hanno bisogno di consolazione che si è svolta nel pomeriggio nella Basilica di San Pietro.
“Nei momenti di tristezza, nella sofferenza, della malattia, nell’angoscia della persecuzione e nel dolore del lutto, ognuno - ha detto il Pontefice dinanzi alla Statua della Madonna delle lacrime - cerca una parola di consolazione. Sentiamo forte il bisogno che qualcuno ci stia vicino e provi compassione per noi. Sperimentiamo che cosa significhi essere disorientati, confusi, colpiti nel profondo. Ci guardiamo intorno incerti, per vedere se troviamo qualcuno che possa realmente capire il nostro dolore. La mente si riempie di domande, ma le risposte non arrivano”.
“La ragione da sola - osserva di conseguenza Papa Bergoglio - non è capace di fare luce nell’intimo, di cogliere il dolore che proviamo e fornire la risposta che attendiamo. In questi momenti, abbiamo più bisogno delle ragioni del cuore, le uniche in grado di farci comprendere il mistero che circonda la nostra solitudine”.
Dopo aver ascoltato le testimonianze di alcuni fedeli in Basilica, il Papa parla delle lacrime che ogni giorno tante persone versano nel mondo e “le più amare sono quelle provocate dalla malvagità umana: le lacrime di chi si è visto strappare violentemente una persona cara; lacrime di nonni, di mamme e papà, di bambini. Abbiamo bisogno di misericordia, della consolazione che viene dal Signore. Tutti ne abbiamo bisogno; è la nostra povertà ma anche la nostra grandezza: invocare la consolazione di Dio che con la sua tenerezza viene ad asciugare le lacrime sul nostro volto”.
Ma nel dolore - è la certezza che Francesco esterna ai fedeli - “noi non siamo soli. Anche Gesù sa cosa significa piangere per la perdita di una persona amata”, le “lacrime di Gesù” per la morte di Lazzaro “hanno sconcertato tanti teologi nel corso dei secoli, ma soprattutto hanno lavato tante anime, hanno lenito tante ferite. Anche Gesù ha sperimentato nella sua persona la paura della sofferenza e della morte, la delusione e lo sconforto, il dolore… Gesù non abbandona quelli che ama”.
Pertanto - prosegue il Papa - “se Dio ha pianto, anch’io posso piangere sapendo di essere compreso. Il pianto di Gesù è l’antidoto contro l’indifferenza per la sofferenza dei miei fratelli. Quel pianto insegna a fare mio il dolore degli altri, a rendermi partecipe del disagio e della sofferenza di quanti vivono nelle situazioni più dolorose. Mi scuote per farmi percepire la tristezza e la disperazione di quanti si sono visti perfino sottrarre il corpo dei loro cari, e non hanno più neppure un luogo dove poter trovare consolazione. Il pianto di Gesù non può rimanere senza risposta da parte di chi crede in Lui. Come Lui consola, così noi siamo chiamati a consolare”.
Nel momento del dolore - ricorda il Papa - sopraggiunge il tempo della preghiera che “è la vera medicina per la nostra sofferenza. Anche noi, nella preghiera, possiamo sentire la presenza di Dio accanto a noi: ci consola, la forza della sua parola ci sostiene, infondendo speranza”. Abbiamo la certezza che Dio ci ascolta “e viene in nostro aiuto. L’amore di Dio effuso nei nostri cuori permette di dire che quando si ama, niente e nessuno potrà mai strapparci dalle persone che abbiamo amato”.
“La forza dell’amore- conclude il Pontefice - trasforma la sofferenza nella certezza della vittoria di Cristo e nostra con Lui” e “vicino ad ogni croce c’è sempre la Madre di Gesù. Con il suo manto lei asciuga le nostre lacrime. Con la sua mano ci fa rialzare e ci accompagna nel cammino della speranza”.
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