Città del Vaticano , 07 April, 2016 / 2:30 PM
C’è anche la figura del Cardinal Aloizjie Stepinac al centro dei colloqui tra Papa Francesco e il presidente del Governo di Croazia Tihomi Orešković, che è stato oggi in Vaticano. Il dettaglio, che viene dal comunicato ufficiale divulgato al termine dell’incontro dalla Sala Stampa vaticana, è significativo. Perché la figura del Cardinal Stepinac, un martire perseguitato dal regime jugoslavo per i cattolici, deve anche fronteggiare controverse biografie che lo ritengono colluso con il regime ustascia di Ante Pavelic. E i passi avanti sul terreno della canonizzazione vanno anche a toccare i delicati equilibri tra serbi e croati.
Perché ancora molto sa di guerra, nella ex-Jugoslavia. Le minoranze etniche che sono rimaste negli Stati nati dalla ex federazione slava vivono ancora in una situazione di tensione. Il Papa ha toccato con mano tutto questo quando è andato in viaggio a Sarajevo, in Bosnia, lo scorso giugno. Da considerare che la Santa Sede fu tra le prime a riconoscere le nuove repubbliche slave, e in particolare riconobbe subito la costituzione della Croazia insieme a Germania e Islanda. C’è una minoranza croata in Bosnia-Erzegovina, e i croati hanno deciso di dare loro il passaporto. Un passaporto che significa un accesso diretto nell’Unione Europea. Un passaporto che ha esacerbato le tensioni interne.
Il tema della minoranza croata in Bosnia Erzegovina è stata anche affrontata nei colloqui tra Papa Franesco e il premier croato, che poi – come da prassi – si è incontrato con il Cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, e con il ‘vice-ministro degli Esteri’ vaticano, monsignor Antoine Cammilleri.
Si legge nel comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede che “nei cordiali colloqui si sono rilevati i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia, di cui l’odierna visita è significativa espressione, ed è stata confermata la comune volontà di proseguire il dialogo costruttivo sui temi bilaterali attinenti alle relazioni tra la comunità ecclesiale e quella civile”.
Si è parlato anche della situazione dei profughi del Medio Oriente, una crisi umanitaria che insiste sulla regione slava. Il prossimo viaggio a Lesbo di Papa Francesco sta a testimoniare l’attenzione della Santa Sede sul tema, mentre – in una recente intervista ad ACI Stampa – Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationali, ha parlato anche della crescente consapevolezza delle Caritas locali di dover rispondere ai bisogni dei profughi, che spesso sono solo di passaggio verso Paesi europei più ricchi.
Tornando alla questione della canonizzazione del Cardinale Stepinac, nei giorni scorsi il ministro degli Esteri croato aveva mostrato ottimismo sul fatto che si potesse presto definire una data di canonizzazione.
Una ventata di ottimismo, che seguiva all’affievolimento delle speranze di una veloce canonizzazione che si erano avute dopo la visita a Papa Francesco della Presidente croata, Kolinda Grabar Kitarović, il 28 maggio 2015. La stessa presidente aveva invitato il Papa in Croazia a celebrare la canonizzazione di Stepinac. Ma proprio in quesi giorni, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, s'incontrava a Belgrado con il Presidente della Serbia, Tomislav Nikolić, proprio per parlare di Stepinac. E questi aveva affermato che l’eventuale canonizzazione del cardinale avrebbe distrutto tutto il percorso fatto per migliorare i rapporti tra Croazia e Serbia.
Una posizione ben nota al Vaticano, tanto che è stata istituita una commissione mista con la Chiesa ortodossa al fine di valutare ancora alcuni aspetti. Nel comunicato ufficiale dell’incontro – infatti - si leggeva che il cardinale Koch “ha proposto la formazione di un gruppo di esperti della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa serba, la quale indagherà su tutte le circostanze storiche, e cercherà, attraverso il dialogo, di creare un'atmosfera di collaborazione e di comprensione”.
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