Città del Vaticano , 15 March, 2016 / 10:00 AM
Sarà ancora lungo il processo conosciuto come “vatileaks due” che dall’autunno scorso si svolge nello Stato della Città del Vaticano.
Lunedì pomeriggio 15 marzo una udienza di tre ore e mezzo ha dato il via all’interrogatorio del primo degli accusati di aver trafugato documenti riservati della Santa Sede, monsignor Lucio Vallejo Balda.
All’ udienza per la prima volta non era presente Gianluigi Nuzzi, l’autore del libro in cui alcuni documenti in questione sono stati pubblicati, accusato di aver fatto pressioni per poterli avere.
Nuzzi ha preferito prepararsi ad un altro processo in cui è imputato in Italia per reati molto simili a quelli per cui è imputato in Vaticano. Il processo detto “Esselunga” vede coinvolto Nuzzi in un'inchiesta con al centro l'acquisizione di un cd-rom contenente telefonate illecitamente registrate.
Nuzzi è accusato di ricettazione aggravata per l'acquisizione del cd-rom. Un'operazione effettuata, si legge nell'imputazione, per consentire a Nuzzi di realizzare, nel 2010, “un servizio giornalistico sfruttando il contenuto delle suddette intercettazioni illecite”.
In questo caso però nessuno ha gridato alla violazione della libertà di stampa.
Nella piccola aula dello stato vaticano il processo procede con Nuzzi come imputato in contumacia. Vallejo Balda risponde in modo agitato e confuso alle domande posta dal Promotore di Giusitizia, assistito da un interprete.
Le domande sono basate sugli interrogatori avvenuti ad ottobre e novembre del 2015, sul confronto con l’altra imputata Francesca Chaouqui e sul memorandum che lo stesso Vallejo ha consegnato alle autorità vaticane scritto durante i primi mesi di reclusione.
Il monsignore spagnolo è tornato in carcere dopo mesi passati agli arresti domiciliari perché a rischio di inquinamento delle prove.
Dalle tre ore circa di interrogatorio sono emersi alcuni dettagli interessanti. Ad esempio che molti dei collaboratori diretti di Vallejo alla Prefettura degli Affari Economici trovavano il suo comportamento arrogante, tanto che era stata mandata al Papa una lettere di lamentele. Inoltre per alcuni il monsignore stava organizzando, prima che nascesse la COSEA, una sorta di “commissione ombra” della quale faceva parte anche Chaouqui.
Il monsignore nega tutto e ricorda invece che ha dovuto sempre difendere i documenti della Prefettura soprattutto dopo un furto avvenuto nel 2014, tanto che per la COSEA ha chiesto al Papa di usare una stanza a Santa Marta, la numero 127.
Il rapporto tra Vallejo e la Chaouqui sembra funzionare fino a quando, a detta del monsignore, lei non inizia a pressarlo quasi terrorizzandolo dopo la fine dei lavori della commissione.
Alla domanda se abbia o no passato dati riservati ai giornalisti Vallejo dice di si, ma fa capire che si sentiva costretto e minacciato da quello che ha chiamato “il mondo dietro Francesca”.
Afferma anche che sembrava che Nuzzi avesse già alcuni dei documenti che lui aveva fornito, che sembrava che Nuzzi sapesse cose della sua vita privata, che la Chaouqui avesse secondi fini, che davvero è stato sedotto e via dicendo. Conferma anche di avere un forte stress da lavoro, perché si è dovuto trasferire dalla Spagna senza sapere l’italiano, ovviamente peggiorato dopo l'inzio delle pressioni della Chaouqui.
Alla fine escono le chat in cui Vallejo prende appuntamento per scambiare documenti con Fittipaldi e il monsignore conclude spiegando di aver scritto a luglio del 2015 una lettera alla Segreteria di Stato in cui spiegava la situazione senza entrare nel dettaglio ma facendone capire la gravità.
Oggi gli avvocati degli altri imputati hanno l’occasione di fare altre domande e poi si procede con gli altri imputati.
Ma il processo sarà lungo e si prevede l’escussione dei testimoni dopo Pasqua. Forse in aula potrebbe esserci anche il Segretario di Stato, indicato tra i testi.
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