Tolentino, 03 March, 2016 / 10:00 AM
Su invito del Circolo culturale ‘Tullio Colsalvatico’ e dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Macerata, in collaborazione con la comunità agostiniana, Tolentino ha ospitato l’architetto Josè Manuel Almuzara, presidente dell’associazione pro beatificazione di Antoni Gaudì, che davanti ad un folto pubblico ha affermato: “Gaudí, con la sua opera, ci mostra che Dio è la vera misura dell’uomo, che il segreto della vera originalità consiste, come egli diceva, nel tornare all’origine che è Dio. Lui stesso, aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa”.
E’ opportuno ricordare che anche se il progetto fu dato all’inizio in carico ad un altro architetto, l’idea generale dell’opera fu chiara a Gaudì fin dall’inizio. Infatti, nella spiegazione che diede al consiglio dell’Associazione nel 1891, egli disse che ‘il tempio è la casa di Dio, luogo di preghiera. Quando ci raduniamo qui, abbiamo lo stesso spirito di quelli che, radunandosi nei primi tempi del cristianesimo nelle catacombe di Roma, pregavano, come noi, in una cripta. Sotto il sole di Barcellona è stato già costruito il primo spazio (la cripta della Sagrada Familia) del tempio che desideriamo. E’ ad immagine della Santa Casa di Nazareth portata da Loreto, ma noi vorremmo che tutta l’opera fosse un simbolo, un’opera d’arte in armonia con l’epoca in cui viviamo’.
Prima di iniziare la Sagrada Familia, nei manoscritti che scrive a Reus poco dopo la laurea in Architettura nel 1887, precisa che per un architetto la cosa più bella del mondo è poter costruire una chiesa, perché è per Dio. Così, quando a 31 anni gli affidano il progetto di direzione e costruzione della Sagrada Familia in sostituzione di Villar, la prima cosa che fa è portare avanti il progetto di Villar. Elevare di più la cripta. Ma poi affronta la sua idea e il suo progetto, e allora compie un ritiro perché pensava: ‘Se voglio imitare Cristo, devo procedere come Lui, seguendo il racconto evangelico’.
A lui chiediamo di spiegarci perché Gaudì è l’architetto di Dio: “Ho avuto la fortuna di frequentare due allievi di Guadì, che mi hanno introdotto alla conoscenza dell’artista. Nel giorno del suo funerale, partecipato da migliaia di persone, il sacerdote nell’omelia gli ha dato il titolo di ‘architetto di Dio’. Questo titolo è adeguato alla sua persona in quanto lui non ha mai scisso l’essere uomo ed architetto con la fede. La sua coscienza di cristiano e quella di uomo non sono state mai separate: sono state una sola cosa. Gaudí passa quindi a riempirsi dell’opera di Dio: si considera un collaboratore nella creazione perché non si riteneva come Subirachs, che dice: ‘Io sono un creatore’. Subirachs ha posto solo una condizione facendosi carico della sua parte dell’opera: poter sviluppare il proprio progetto. Gaudí, invece, si considerava semplicemente un collaboratore: la Creazione è l’opera di Dio”.
Quale è stato il motivo per cui ha edificato la ‘Sagrada Familia’, che è la sua opera più famosa?
“Antoni Gaudì ha continuato l’opera di un architetto che si era dimesso subito dopo l’inizio dei lavori. Quest’opera è iniziata grazie alla volontà dell’associazione dei devoti di san Giuseppe, che aveva pensato di costruire un tempio espiatorio. Nel tempo ha continuato il lavoro, identificandosi in esso per terminare quello per cui il suo cliente lo aveva incaricato”.
Quale rapporto ha con la misericordia?
“Gaudì per più di 40 anni ha lavorato all’opera della ‘Sagrada Familia’ e negli ultimi 12 anni della sua vita ha vissuto all’interno della ‘Sagrada Familia’. Questo si collega con quello che ci ha detto papa Francesco sulla misericordia: scoprire l’essenziale; contemplare la natura, la bellezza, l’arte e mettere quest’ultima a servizio degli uomini con il cuore e con la tenerezza. Gaudì vive le opere di misericordia, soprattutto quelle del visitare gli infermi ed insegnare agli ignoranti. Il collegamento tra l’artista e la misericordia è stato proposto da una scuola di Milano, ‘Regina Mundi’, che ha proposto di trasmettere i suoi insegnamenti a tutti gli interessati per trasmettere agli architetti l’idea di mettere l’arte e la propria professionalità al servizio degli uomini e di Dio. Una sua frase fondamentale è ‘il lavoro è il frutto dell’amore’; ed aggiungeva che l’architetto deve approfittare delle qualità che ciascuno possiede. L’importante è scoprire quali sono le qualità di ognuno, perché nessuno è inutile, ma tutti sono necessari. Gaudì diceva che la cosa importante è sommare, cioè integrare tutte le professionalità, dall’architetto al falegname, dal carpentiere allo scultore”.
Sappiamo anche che Gaudì aveva un rapporto particolare con i poveri e gli operai: quale?
“Gaudí vedeva che molti poveri andavano a chiedere l’elemosina vicino al tempio che stava nascendo e disse che ‘i poveri devono essere sempre accolti nella Chiesa’. Volle che quell’opera che stava costruendo fosse chiamata ‘la cattedrale dei poveri’, perché sorgeva in un quartiere completamente periferico, quelle periferie dove il Papa ci invita ad andare. Inoltre Gaudí curava molto il suo rapporto personale con gli operai; andava a visitarli a casa, se erano malati, li consigliava di non eccedere, soprattutto nel bere, e si preoccupava che non mancasse loro nulla, offrendo (se era necessario) il suo aiuto finanziario, sebbene in quegli anni anche lui vivesse molto poveramente nel cantiere, come un costruttore medievale di cattedrali, insieme ai suoi operai e così austeramente come loro, e forse anche di più. Fece anche costruire scuole vicino al tempio per i figli degli operai e degli abitanti del quartiere. Con la sua consueta genialità, imitò architettonicamente le strutture del cuore umano e citò i nomi delle tre persone della Santa Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe. Un bel modo di dire che sono l’amore e la famiglia a dover ispirare l’attività di ogni scuola”.
A quale punto è la sua causa di beatificazione?
“Ancora non è venerabile; è nello studio della ‘positio’ e se dopo gli esami delle testimonianze e delle sue virtù che faranno i cardinali designati, si spera che entro questo anno papa Francesco firmi di decreto delle sue virtù e dichiarato venerabile”. Visitando il Cappellone della basilica ha riscontrato la stessa meraviglia che ha fatto grande l’architetto di Dio.
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