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Varsavia apre il grande cambio della guardia della Chiesa polacca

L'installazione del nuovo arcivescovo di Varsavia Adrian Galbas, 14 dicembre 2024

Il grande “cambio della guardia” dell’episcopato polacco è cominciato lo scorso 14 dicembre, quando il pallottino Adrian Galbas si è installato come arcivescovo di Varsavia, sostituendo il cardinale Nycz, che guidava l’arcidiocesi della capitale polacca dal 2007.

Ma cambieranno prossimamente anche gli arcivescovi di Cracovia e Poznan: i loro titolari, rispettivamente Marek Jedraszewski e Stanislaw Gadecki, hanno compiuto 75 anni, e sono in attesa di essere sostituiti da Papa Francesco.

Si tratta di un grande ricambio generazionale per l’episcopato polacco – Jedraszewski è arrivato a Cracovia nel 2016, Nycz era a Varsavia dal 2007, Gadecki a Poznan addirittura dal 2004. La scelta di Galbas per l’arcidiocesi di Varsavia dà i primi segnali dei profili che il Papa sta cercando pe la chiesa in Polonia. Galbas, comunque, ha esordito nel segno della continuità, andando a venerare la tomba del cardinale Stefan Wyszynski.

Nella sua omelia, l’arcivescovo ha esordito rivolgendosi alla platea, pure composta da confratelli vescovi, cardinali, diplomatici membri del governo, con un semplice “sorelle e fratelli”, chiedendo perdono se non avrebbe “usato altri titoli legati ai vostri uffici”.

Prendendo spunto dal Vangelo del giorno, l’arcivescovo Galbas ha detto che la vita sulla terra è come un ponte. Puoi attraversarlo, ma non puoi viverci. Ma allo stesso tempo, attraversare il ponte della vita terrena dovrebbe essere il più attivo, attento e importante possibile”.

In questo, gioca un ruolo fondamentale il cristianesimo che “è incarnato, impegnato nel mondo di oggi e in esso fortemente presente. La spiritualità cristiana, la spiritualità dell'Avvento, tocca concretamente, la vita concreta delle persone; i loro affari personali e i loro impegni sociali”.

Per il nuovo arcivescovo, un cristianesimo tradito è quello “imprigionato solo nei confini domestici”, “inattivo e passivo”, perché è vero che la Chiesa “non può lasciarsi assorbire completamente dalle vicende terrene”, ma nemmeno “può sottrarsi del tutto alle questioni terrene”.

L’arcivescovo si è poi riferito ai suoi predecessori, “grandi personaggi della Chiesa e della Polonia”, tra cui “il cardinale August Hlond, l'arcivescovo Zygmunt Szczęsny Feliński e il risoluto Primate del Millennio, il cardinale Stefan Wyszyński”, tutti beatificati o canonizzati.

Galbas racconta che “poco dopo aver ricevuto la nomina papale, mi sono imbattuto in un frammento degli ‘Appunti della prigionia’ del cardinale. Stefan Wyszyński. Mi ha toccato moltissimo”. E ha ricordato la sua preghiera: “Dammi aiuto, Padre, affinché nulla nella mia vita sia solo per me, solo per il mio piacere, solo per la mia soddisfazione, per il piacere di me stesso, per la soddisfazione dei miei propri desideri (…). Fammi risparmiare tempo per me, affinché possa averlo sempre per Te e per i Tuoi affari (…). Non so se posso farcela, ma so quanto lo desidero."

Galbas ha ricordato anche il ministero del Cardinale Józef Glemp e del Cardinale Nycz, e afferma: “Vengo a Varsavia come pastore. Non sono un politico, un uomo d’affari o un giocatore. Inoltre non sono un mago, un operatore di miracoli o un genio. Se hai queste speranze per me, rimarrai deluso”.

Riferendosi alle letture del giorno, l’arcivescovo Galbas ha affermato che “la Chiesa deve essere come Elia, come il fuoco; non quel tipo di fuoco che distrugge e uccide, ma che porta luce e calore, illumina e riscalda. Una Chiesa che è essa stessa infiammata dall'amore di Cristo e che con questo amore accende il mondo moderno”.

Il nuovo primate di Polonia tende anche la mano a coloro che non sono credenti, o credono diversamente, o anche “persone deluse dalla Chiesa, disilluse da essa, persone che non hanno più speranza per la Chiesa e nella Chiesa, offese ed escluse. Persone che aspettavano e non hanno ricevuto. Persone che lasciano la Chiesa alla ricerca di Dio perché, come si suol dire, ‘non c'è più Dio nella Chiesa’. Non sono ingenuo: so che molte di queste persone vivono a Varsavia e dintorni”. Tutti, dice, si devono sentire accolti.

E rilancia: “Vorrei che la Chiesa a Varsavia e dintorni fosse così. Avere una proposta per tutti: una per i credenti profondi, un'altra per i credenti meno profondi, un'altra per i ricercatori, un'altra per i non credenti. Non aver paura di essere una Chiesa a ‘velocità diverse’. Per alcuni sarà soprattutto una madre, per altri un'amica, per altri un'educatrice e maestra, per altri un'interessante compagna di cammino, per altri ancora solo una vicina di casa. Tuttavia, non sia nemico di nessuno. E nessuno consideri la Chiesa come un nemico, come un cancro, una crescita maligna nel tessuto corporeo della moderna società polacca, una crescita che deve essere distrutta, o come nulla che possa essere ignorato. La Chiesa non è un mascalzone, un astuto, un ladro o un bugiardo”.

Infine, Galbas si è rivolto ai sacerdoti dell’arcidiocesi, ha detto di voler essere un padre per loro, e ha invitato a tutti a “bruciare come fuoco”, pur sapendo che “molti di voi oggi non hanno la forza di essere come il fuoco, che si sentono bruciati, che hanno bisogno di ravvivare il carisma che vi è stato donato attraverso l'imposizione delle mani”.

L’arcivescovo Galbas ha invitati i sacerdoti a non perdere la fiducia, perché “non c’è oscurità che non passerà”.

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