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San Giovanni della Croce, la teologia in versi

San Giovanni della Croce

San Giovanni della Croce non era solamente un teologo. C’è altro dietro alla sua figura, fondamentale per l’Ordine carmelitano. Un poeta. Un vero e proprio poeta, così si potrebbe definire. ll filosofo francese Maritain scriveva in una lettera (del 1923) all’ateo Jean Cocteau: “Nell’ordine naturale esiste un’ispirazione speciale al di sopra della deliberazione della ragione e che, come notava Aristotele, procede da Dio presente in noi: è l’ispirazione del poeta, e per questo egli è un uomo divino. Come il santo? No. Come l’eroe. (...) Le parole, i ritmi non sono per lui che la materia con la quale crea un oggetto per la gioia dello spirito e in cui brilla qualche riflesso della grande notte stellata dell’essere”. 

Se ne potrebbero citare tanti, anzi tantissimi: sono i versi che San Giovanni della Croce ha composto. E troviamo altrettanti diversi temi spirituali trattati nelle sue opere: sopra tutti, la ricerca della Sposa, dell’Amata. Un’Amore che si riconduce a Dio, ovviamente, anche se gli costerà una “notte oscura” poco importa. “In una notte oscura/ anelante e d’amori infiammata/ - oh felice ventura!-/ uscii senz’essere vista/ la casa mia essendosi acquietata”, questo l’incipit della sua composizione “Notte oscura”.  E ancora: “Al buio e più sicura,/ per la segreta scala, travestita,/ oh, sorte fortunata!,/ al buio e ben celata,/ stando la mia casa al sonno abbandonata”. Versi che hanno tutto il sapore di un moderno thriller, e invece ci troviamo di fronte a dei poemi mistici-teologici. Con queste parole, San Giovanni della Croce, riesce - infatti - a rapire subito il lettore e trasportarlo nei meandri dell’anima: un viaggio che poi lo condurrà alla luce più grande, quella di Dio. Ci dice, inoltre, che per cercare e trovare Dio è fondamentale uscire da sé stessi: forte l’immagine dell’uscire dalla propria casa. Per cercare di contemplare il Tutto, è doveroso uscire da sé stessi e, allo stesso tempo, entrare sempre più nello scandaglio del proprio io. È il perenne, sublime, ossimoro della Poesia, e dell’Arte in generale. Il teologo De Lubac, secoli dopo scriverà: “Cercare Dio è trovarlo”. 

In altra composizione poetica - stiamo parlando de “La salita al Monte Carmelo - lo stesso Giovanni della Croce, scriverà: “Per giungere dove sei, devi passare per dove non sei. Per giungere a possedere tutto, non volere possedere niente. Per giungere ad essere tutto, non volere che essere niente”. Umiltà del poeta e del santo. Il tutto si confonde, in San Giovanni della Croce. 

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