Città del Vaticano , 09 December, 2024 / 12:00 AM
“Quando penso alla teologia mi viene in mente la luce. Infatti, grazie alla luce le cose emergono dall’oscurità, i volti rivelano i propri contorni, le forme e i colori del mondo finalmente appaiono. La luce è bella perché fa sì che le cose appaiano ma senza mettere in mostra sé stessa”. Con queste parole Papa Francesco ha salutato i partecipanti al Congresso Internazionale sul futuro della Teologia “Eredità e immaginazione” (promosso dal Dicastero per la Cultura e l'Educazione, che si svolge oggi e domani presso la Pontificia Università Lateranense), ricevuti stamane in udienza nel Palazzo Apostolico Vaticano.
Per Papa Francesco la teologia “fa un lavoro nascosto e umile, perché emerga la luce di Cristo e del suo Vangelo”. Da questo dato, allora, deriva per una strada: “cercare la grazia e restare nella grazia dell’amicizia con Cristo, luce vera venuta in questo mondo”. E precisa che “ogni teologia nasce dall’amicizia con Cristo e dall’amore per i suoi fratelli, le sue sorelle, il suo mondo; questo mondo, drammatico e magnifico insieme, pieno di dolore ma anche di commovente bellezza”.
Si domanda, poi, “se l’eredità teologica del passato può ancora dire qualcosa alle sfide di oggi e aiutarci a immaginare il futuro”. Ed è proprio questo, il “cammino che siete chiamati a fare insieme, teologhe e teologi”. E poi, fa riferimento al Secondo Libro dei Re. L’episodio citato è quello del restauro del Tempio di Gerusalemme. In questo testo si fa cenno a un ritrovamento di un testo: “Forse è la prima edizione del Deuteronomio andata perduta”, ricorda Papa Francesco. Da questo ritrovamento, nascono degli studi per poterlo interpretare. Ma non viene compreso. “Allora il re decide di consegnarlo a una donna, Culda - continua il Pontefice - che immediatamente lo comprende e aiuta il gruppo di studiosi – tutti uomini – a intenderlo. Ci sono cose che solo le donne intuiscono e la teologia ha bisogno del loro contributo. Una teologia di soli uomini è una teologia a metà. Su questo c’è ancora parecchia strada da fare”.
Papa Francesco, infine, conclude con un desiderio e un invito: Il desiderio: la teologia aiuti a “ripensare il pensiero” perché - commenta Papa Francesco - “il nostro modo di pensare, come sappiamo, plasma anche i nostri sentimenti, la nostra volontà e le nostre decisioni. A un cuore largo corrispondono un’immaginazione e un pensiero di ampio respiro, mentre un pensiero rattrappito, chiuso e mediocre difficilmente può generare creatività e coraggio”. Per questo motivo, allora, il Santo Padre esorta a “guarire dalla semplificazione” perché la “realtà è complessa, le sfide sono variegate, la storia è abitata dalla bellezza e allo stesso ferita dal male, e quando non si riesce o non si vuole reggere il dramma di questa complessità, allora si tende facilmente a semplificare. La semplificazione, però, vuole mutilare la realtà, partorisce pensieri sterili e univoci, genera polarizzazioni e frammentazioni”.
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