Città del Vaticano , 25 February, 2016 / 4:00 PM
Un inno al valore del dialogo e della cultura dell’incontro. Si potrebbe sintetizzare così lo spirito che ha caratterizzato la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Europea di Roma, nel decimo anno dalla sua fondazione. Il tema dell’incontro è stato "L'Europa e la sfida dell'integrazione: cultura, conoscenza e solidarietà".
Ne hanno parlato il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e il Prof. Umberto Roberto, Coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Formazione Primaria dell’Università Europea di Roma.
Nella sua relazione il Cardinale Ravasi ha rivolto un invito a impegnarsi contro ogni tipo di estremismo spirituale e culturale.
“È questa – ha detto il Cardinale - una componente di grande rilievo nell’attuale contesto storico in cui viviamo, segnato da un rovente confronto di diverse civiltà, sotto la pulsione delle folle, spesso disperate, che bussano alle porte dell’Europa provenendo dal continente asiatico o da quello africano. Un importante filosofo ebreo alessandrino del I sec. d.C., che scriveva in greco, Filone di Alessandria d’Egitto, definiva il sapiente come colui che è methórios, cioè che si trova sulla frontiera, riuscendo così a stare coi piedi nel suo territorio, ma guardando anche oltre, verso quello degli altri, verso gli spazi collocati al di là del suo confine".
"L’Europa - ha sottolineato Ravasi - deve riscoprire tutta la nobiltà del logos, ossia della ragione, che diventa diálogos, dialogo, incontro, comunicazione. Quindi, da una parte, vanno combattuti il sincretismo, il relativismo, il soggettivismo che spengono e dissolvono l’identità cristiana propria della civiltà europea. Dostoevskij con veemenza gridava: «L’Europa ha rinnegato Cristo. È per questo, è solo per questo che sta morendo». D’altra parte, però, bisogna eliminare ogni fondamentalismo, esclusivismo o integralismo gretto che rifiuta l’altro, l’accoglienza, la conoscenza e la molteplicità, la complessità dell’umanità, che ignora ogni valore altrui, in una sorta di foga iconoclastica, feroce ma anche impaurita nei confronti di tutto ciò che è diverso. Per dirla in una sola battuta: non dobbiamo mai rinunciare alla nostra identità senza rigettare, però, la diversità. Non dobbiamo rinunciare a noi stessi, ma dobbiamo anche riconoscere la grandezza dell’altro”.
“Questa – ha affermato Ravasi - è senz’altro un’impresa ardua: il dialogo è molto più difficile del monologo. Occorre superare la tentazione del duello, che è purtroppo una scelta ricorrente anche a livello sociale, politico e culturale (si ricordi il famoso saggio Lo scontro di civiltàpubblicato nel 1996 dal politologo americano Samuel Huntington). Bisogna scegliere piuttosto la via del duetto, come avviene in musica dove un soprano, voce dal registro alto, può stare in armonia persino col basso, voce antitetica, non perché il soprano abbassi il timbro e il basso adotti il falsetto, ma perché ogni voce conserva la propria identità, riuscendo però a creare, con l’incrocio, armonia. Consapevoli della propria identità, non si diventa però integralisti, bensì capaci di confronto, di «esaminare ogni cosa, tenendo ciò che è buono», come suggeriva san Paolo (1Tessalonicesi 5,21)”.
Il Prof. Umberto Roberto ha ricordato l’importante contributo che l’università può dare perl’accoglienza e l’integrazione, per formare persone e cittadini che, nella loro attività, siano aperti a una visione di convivenza, nel rispetto di un’identità antica e condivisibile.
“Oltre a insegnare Storia antica – ha spiegato il Prof. Roberto - ho anche l’onore e il privilegio di coordinare il corso di laurea magistrale in Scienze della formazione primaria di questa Università. Condivido, con i miei colleghi, l’avvincente sfida di una missione culturale ed educativa che può favorire negli anni la trasformazione della nostra società in un luogo accogliente e favorevole al dialogo.
Il corso di Formazione primaria dell’Università Europea di Roma si volge, soprattutto, alla necessità di preparare i nostri studenti – e futuri docenti – ai temi della interculturalità, del dialogo, dell’incontro tra culture, religioni, e sistemi educativi diversi; si accompagna a questa ispirazione generale l’urgenza di offrire ai nostri studenti una formazione davvero internazionale, capace di adeguare il compito della scuola, pubblica e privata, alle sfide ormai ineludibili dei nostri tempi.
In questo modo intendiamo contribuire al compito di creare una società disposta all’accoglienza e favorevole alla convivenza. È necessario procedere sulle orme dei nostri antichi, che dell’ospitalità facevano già un supremo dovere religioso; e sulle orme di Benedetto, che ricorda nella Regula (53): «Tutti gli ospiti che arrivano siano accolti come Cristo, poiché sarà Lui stesso a dire: “sono stato ospite e mi avete accolto”». Con questi principi, e con la memoria della nostra storia, occorre impegnarci per recuperare alla coscienza della nostra Europa uno dei segni più profondi e generosi della sua identità”.
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