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Papa Francesco: il dialogo, via della pace. In occasione del 40° Anniversario del Trattato di Pace tra Argentina e Cile

Papa Francesco

“Sono lieto di accogliervi in occasione del 40° anniversario del Trattato di Pace e Amicizia tra Argentina e Cile, che pose fine alla lunga controversia territoriale tra i due Paesi. È questa una felice commemorazione di quegli intensi negoziati che, con la mediazione pontificia, evitarono il conflitto armato che stava per contrapporre due popoli fratelli e si conclusero con una soluzione degna, ragionevole ed equanime”. Con queste parole, Papa Francesco, ha iniziato la commemorazione per i quarant’anni del Trattato di Pace e Amicizia tra Argentina e Cile. Presenti all'udienza in Vaticano: le Ambasciate del Cile e dell’Argentina, le rispettive Delegazioni diplomatiche e altre autorità delle due Nazioni. 

Il Papa prende spunto da questa commemorazione per lanciare al mondo contemporaneo “un rinnovato appello alla pace e al dialogo”:  l’impegno che coinvolse i due Paesi per la via della pace, infatti, per Papa Francesco sono “un modello da imitare”. Cita, poi, una sua introduzione a un testo (del 2009) dell’Arcivescovo Carmelo Juan Giaquinta sul tema del Trattato di Pace e Amicizia: nell’introduzione si accentuava l’importanza della mediazione di San Giovanni Paolo II per portare a termine il processo di pace fra i due Paesi; lo stesso Papa Giovanni Paolo II che “fin dai primi giorni del suo Pontificato, ebbe una vivissima preoccupazione e un costante impegno” per risolvere  “la disputa tra Argentina e Cile”. Papa Francesco fa riferimento al Papa polacco che “avendo poi ricevuto la richiesta dei due Governi, accompagnata da impegni concreti ed esigenti, accettò di mediare avendo come scopo quello di suggerire e proporre una soluzione giusta ed equa, e pertanto onorevole”. 

E continua soffermandosi sulle parole-chiave “pace e amicizia”. La prima, pace: “In occasione della Ratifica del Trattato, il 2 maggio 1985, Giovanni Paolo II espresse la propria gioia, perché – affermò – che con l’intesa «si consolida la pace e in un modo tale che può giustamente dare la fondata fiducia della sua stabilità»”. Lo sguardo del Pontefice allora si rivolge al mondo di oggi: “Questo modello di completa e definitiva soluzione di una controversia con mezzi pacifici merita di essere riproposto nell’attuale situazione mondiale, in cui tanti conflitti perdurano e si aggravano, senza l’effettiva volontà di risolverli con l’assoluta esclusione del ricorso alla forza o alla minaccia del suo uso”.

Poi, la seconda parola, amicizia. L’attuale situazione del mondo deve portare “a riflettere, perché il cuore si apra all’incontro con Dio e ciascuno prenda coscienza di sé stesso, del prossimo e della realtà. Siamo chiamati a farci “mendicanti dell’essenziale”, di ciò che dà senso alla nostra vita”. Il valore dell’esistenza umana - per il Pontefice - “non consiste nelle cose, nei successi ottenuti, nella corsa della competizione, ma anzitutto in quella relazione d’amore che ci sostiene, radicando il nostro cammino nella fiducia e nella speranza: è l’amicizia con Dio, che si riflette poi in tutte le altre relazioni umane, a fondare la gioia che non verrà mai meno”. 

Infine, auspica “che lo spirito di incontro e di concordia tra le Nazioni, in America Latina e in tutto il mondo desideroso di pace, possa favorire il moltiplicarsi di iniziative e politiche coordinate, per risolvere le numerose crisi sociali e ambientali che interessano le popolazioni in tutti i continenti, danneggiando soprattutto i più poveri”.

 

Ricorda poi come in occasione del 25° anniversario del Trattato, il 28 novembre 2009, si tenne un atto commemorativo in Vaticano,  “avvalorato dalle visite” dal Presidente dell’Argentina, Cristina Fernández Kirchner, e dal Presidente del Cile, Michelle Bachelet.  In quell’occasione Papa Benedetto XVI “mise in rilievo come il Cile e l’Argentina non siano solamente due Nazioni vicine, ma molto di più”.

L’appello del Papa è per la pace di oggi: “Possa la Comunità internazionale far prevalere la forza del diritto attraverso il dialogo, perché il dialogo dev’essere l’anima della Comunità internazionale”.

 

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