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Papa Francesco: "Il povero non è un numero, è nostro fratello"

"Ricucire lo strappo: oltre le disuguaglianze": è il titolo dell’Assemblea della Diocesi di Roma che si è svolta nella Basilica di San Giovanni in Laterano, a due mesi dall’avvio del Giubileo, alla presenza di Papa Francesco.

50 anni fa – ha detto il Papa “la Chiesa di Roma si è messa in ascolto delle sofferenze, entrando in dialogo con la città e scuotendo le coscienze”.

“Sono tante le disuguaglianze e le povertà che colpiscono molto abitanti della città. Ci addolora – ha proseguito Francesco - ma ci fa comprendere quanto è lunga la strada da percorrere. Sapere che ci sono persone che vivono per strada, ragazzi che sprofondano nelle droghe e nelle altre dipendenze moderne, persone segnate da sofferenze mentali abbondonate e disperate e questo non può essere solo un dato statistico. Sono volti, sono storie, che ci toccano e ci interpellano”.

“Cosa possiamo fare insieme? L’ipocrisia – ha ammonito il Papa - è tanta. Portare ai poveri il lieto annunzio: i poveri saranno sempre con noi, sono la carne di Cristo. Lo rendono visibile ai nostri occhi. Gesù non ci offre soluzioni magiche, ma ci chiede di portare ai poveri il lieto annuncio, dire loro che sono amati dal Signore e che sono preziosi agli occhi di Dio. Ma a volte noi lo diciamo a parole senza fare gesti che lo rendano credibile. Il povero non è un numero, un problema o uno scarto. E’ nostro fratello. La questione della povertà è una urgenza ecclesiale. I preti che lavorano con i poveri non sono dei comunisti. La Chiesa è chiamata ad assumere uno stile che metta al centro i poveri e i bisognosi. Diventiamo segno della tenerezza di Dio”.

“Qualcosa – ha detto ancora il Pontefice - si è strappato nel grande tessuto sociale. Una città che assiste inerme alle contraddizioni, è lacerata. E’ necessario ricucire lo strappo con alleanze che abbiano al centro la persona umana, occorre lavorare insieme crescendo nel dialogo. Serve la pazienza del dialogo, senza pregiudizi. Insieme possiamo rischiare delle strade nuove vincendo il virus dell’indifferenza. Per ricucire dobbiamo uscire dall’indifferenza e lasciarci coinvolgere in prima persona. Bisogna valorizzare il pensiero sociale della Chiesa, nella catechesi e nella pastorale. Formare le coscienze con la dottrina sociale della Chiesa”.

Bisogna – ha concluso Papa Francesco - “seminare speranza, anche in vista del Giubileo ormai vicino. Rivolgo un appello a realizzare opere concrete di speranza. La speranza cristiana è sempre operosa, animata dalla certezza che è il Signore a guidare la storia. La speranza non delude mai. Andiamo sulla strada della speranza. Pensiamo a don Luigi Di Liegro, ai laici che hanno gettato semi di bene. Il bene ha contagiato fino a diventare stile condiviso, ora dobbiamo avviare nuovi processi di speranza, costruire speranza attraverso il nostro impegno solidale. Osate nella carità, non abbiate paura di sognare imprese grandi”.

Ad aprire i lavori era stato l’intervento del neo Vicario, Monsignor Baldassare Reina, che dal 7 dicembre sarà cardinale e che oggi è stato anche nominato Arciprete della Basilica Lateranense.

Riprendendo i temi del convegno del 1974 e le riflessioni dell’allora Vicario Cardinale Ugo Poletti, l’Arcivescovo Reina ha osservato che “tanti, tantissimi, nella nostra città rimangono indietro; è come se per loro i diritti non valessero pienamente. In particolare, ci siamo soffermati su quattro gravi forme di povertà che penalizzano molte delle persone che vivono a Roma.  La povertà educativa che interessa bambini e ragazzi; la povertà sanitaria. Nonostante il sistema sanitario pubblico molti non hanno accesso alle cure mediche. La terza forma di povertà alla quale ci siamo accostati è quella della casa. Chi pensa di prendere una casa in affitto a Roma deve disporre di cifre molto importanti. L’ultima forma di povertà è quella del lavoro. Il lavoro apparentemente c’è ma non sempre è pagato bene con tutti i diritti che garantiscono al lavoratore una giusta retribuzione con cui pensare alla propria famiglia e al proprio futuro”.

“Sappiamo – ha aggiunto il Vicario di Roma - di essere chiamati ad essere Chiesa che si china, si prende cura, si carica sulle spalle. Il nostro convenire questa sera vuole essere occasione perché tutti prendiamo coscienza dei problemi che ci sono. Tutti. Perché nessuno si salva da solo. I problemi della città sono problemi che sentiamo nostri e rispetto ai quali vogliamo innanzitutto sentire giusta compassione. La chiesa è parte integrante della città e la città, questa città, è il luogo in cui siamo chiamati ad annunciare il Regno. Attorno a queste problematiche vorremmo chiamare a raccolta tutti e ciascuno con la propria responsabilità”.

 

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