Tolentino, 17 October, 2024 / 9:00 AM
Nei giorni 18 e 19 ottobre, in occasione del Centenario per i 700 anni della morte di Marco Polo si svolgerà il convegno di studi internazionali, ‘Appunti di viaggio: Marco Polo ed i Francescani in Oriente’.
A Padre Lorenzo Turchi,docente alla Pontificia Università Antonianum ed all’Istituto Teologico di Assisi, vicepreside dell’Istituto Francescano di Spiritualità, direttore delle ‘Edizioni Antonianum’ e direttore della ‘Biblioteca storico francescana e picena’ di Falconara Marittima e della Pinacoteca internazionale francescana, chiediamo di illustrare il motivo di un convegno su Marco Polo ed i francescani.
Esiste una connessione tra Marco Polo ed i francescani?
“Un aspetto che sicuramente accomuna Marco Polo ed i francescani è il tema del viaggio. Sono viaggiatori che annotano le loro esperienze. Gli itinerari descritti rappresentano un’inesauribile fonte di notizie a livello religioso, antropologico e storico-culturale e la scelta del titolo vuole evidenziare lo studio della tipologia delle fonti del diario-cronaca, di cui il ‘Milione’ ne è un illustre esempio. Difatti i francescani che si recarono in Asia ci hanno lasciato, in alcuni casi, resoconti preziosi di terre lontane, percepite come luoghi pieni di meraviglie e novità, proprio come il mercante di Venezia. Per quanto riguarda il testo del viaggio di Marco Polo, saranno i domenicani di san Giovanni e Paolo a Venezia a curare alcune delle riscritture che il ‘Milione’ ha avuto nel corso del tempo. Inoltre, al convegno ci sarà una parte dedicata anche ai viaggi di altre figure non francescane, come ad esempio monaci e viaggiatori”.
Per quale motivo i francescani scelsero la strada dell'Oriente verso la Cina?
“I francescani, nel corso del tempo, scelsero la via dell’Asia sino-mongola e le Indie per vari motivi, legati sia all’evangelizzazione, che in alcuni casi portò anche al martirio, sia a ragioni più strettamente diplomatiche: ad esempio, Giovanni da Pian del Carpine partirà da Lione il 16 aprile del 1245 e incontrerà il Gran Khan nel luglio del 1246, consegnando la Bolla papale ‘Cum non solum homines’, che esortava alla pace e a stipulare un’alleanza con i Mongoli, inviato da papa Innocenzo IV con l’intento di far cessare le devastazioni e le aggressioni in Europa.
Allo stesso tempo frate Giovanni doveva raccogliere il maggior numero di notizie sui costumi, la cultura, la struttura di governo dei Tartari. Sappiamo tutto questo grazie all’Historia Mongalorum, un prezioso resoconto, giunto fino a noi, di questo impressionante ad avventuroso viaggio di Giovanni da Pian del Carpine, se pensiamo che questi dura un anno e 4 mesi, con circa 10.000 Km complessivi percorsi. Mentre Il francescano fiammingo Guglielmo di Rubruk, che aveva accompagnato Luigi IX alla crociata, non fu inviato da un papa ma dal Re francese all’imperatore Mongke, quarto Gran Khan dell’Impero Mongolo (1251-1259), nel 1253.
Frate Guglielmo, che era animato da uno spirito missionario e dal desiderio di aiutare i cristiani caduti come prigionieri in mano ai Mongoli, ritornerà da Karakorum due anni dopo, nel 1255, portando con sé una lettera del Gran Khan per il re Luigi IX. Guglielmo fu un ottimo osservatore e un attento narratore: gli appunti del suo taccuino di viaggio su notizie etnografiche, insieme ad annotazioni di carattere scientifico, saranno utilizzate perfino da Ruggero Bacone! Al suo ritorno Guglielmo fece una relazione scritta, in forma di lettera, da inviare al sovrano, ed è così che nasce l’Itinerarium, oggi tradotto e curato da Paolo Chiesa, per i tipi Lorenzo Valla, dal titolo Viaggio in Mongolia.
Molto interessante un passo del suo racconto, in cui il Frate fiammingo dice che avrebbe avuto molte occasioni di ‘spargere buono seme’ se il suo traduttore fosse stato più preparato. Non va dimenticato che il beato Gabriele Allegra nel 1928 all’Antonianum a Roma, ascoltò una conferenza su Giovanni da Montecorvino, francescano, missionario in Cina e primo arcivescovo di Pechino, in occasione del Sesto centenario della sua morte. Nelle sue ‘Memorie’ racconterà che quella conferenza fu ‘come una miccia accesa contro una polveriera’, e lo convinse di essere chiamato a fare il missionario in Cina. Quando seppe che in Cina non esisteva una traduzione cattolica dell'intera Bibbia, decise di recarsi lì per tradurre le Sacre Scritture nella lingua di Confucio.
Inoltre come scrive il prof. p. Pietro Messa anche Matteo Ricci fu influenzato nella sua scelta di recarsi in Cina dalle vicende dei beati francescani e proprio da Tommaso da Tolentino. Uno dei migliori amici d’infanzia di padre Matteo Ricci fu il suo concittadino nonché confratello gesuita Gerolamo Costa. Questo permise che nell’epistolario tra i due appaiano anche notizie circa le rispettive famiglie. Così nella lettera scritta dalla Cina il 14 agosto 1599 al padre Gerolamo, rettore del noviziato dei gesuiti a Roma afferma:
‘Mio carissimo Livio, permettimi di chiamarti con il nome di nascita che ti fu dato dai tuoi genitori che ricordo sempre come i miei. Ho ricevuto ieri via mare la tua graditissima lettera, con le notizie sullo stato di salute di mia madre Giovanna e sulle attività di mio padre Giambattista, che forse con i suoi tanti impegni professionali e pubblici cerca di non pensare alla mia scelta di vita che, probabilmente, non ha mai condiviso. Mio padre non ha mai creduto che io fin da bambino sognavo di venire qua in Cina, il misterioso Katai di cui avevo letto nella nostra biblioteca scolastica su quel famoso libro 'Il Milione' di Marco Polo e poi anche nelle 'Memorie di viaggio' del francescano Odorico da Pordenone, memoria nelle quali avevo trovato il racconto, tra l'altro, del ritrovamento nel 1326 vicino a Bombay, del corpo incorrotto del beato Tommaso da Tolentino, martirizzato... l’11 aprile 1321’.
La notizia dell'influsso nella scelta missionaria di padre Matteo Ricci della vicenda dei beati francescani Tommaso da Tolentino e Odorico da Pordenone è significativa in quanto collega la presenza dei frati Minori in terra di Cina tra XIII e XIV secolo con quella successiva del venerabile maceratese. E tra quei pionieri francescani una particolare menzione merita il minorita Giovanni da Montecorvino, arcivescovo dell’attuale Pechino dal 1307 al 1328. Il settimo centenario della morte di Marco Polo nel 2024 sarà un’occasione propizia per conoscere meglio frati e mercanti che si incamminarono verso la Cina e alla cui posterità attinse anche il gesuita p. Matteo Ricci”.
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