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Giovanni XXIII e il suo "Giornale dell'anima"

Papa Giovanni XXIII

“È il giovedì santo, il gran giorno del Cuore di Gesù, il giorno delle sue nozze e insieme del suo testamento d'amore! Come di un tratto un fulgido raggio di sole scioglie le nubi del cielo e richiamala vita, così il mio buon Maestro si è degnato sollevarmi, rischiararmi in questo giorno che per me è forse il più solenne di tutto l'anno. Mi sono sentito inondare da una grande abbondanza di pace, quando mi sono accostato a riceverlo; ho sentito tutta la gioia della sua presenza, ho ascoltato con commozione il suo ultimo sermone, le ultime parole di addio, e dolcemente tremando in tutta la persona per una non so qual tenerezza che mi inumidiva le ciglia, l'ho accompagnato alla sua custodia”. Queste parole recano sopra la seguente dicitura: “ESERCIZI PER L’ORDINAZIONE AL SACRO SUDDIACONATO ROMA 1-10 APRILE 1903”. A scriverle è San Giovanni XXIII nel suo “Giornale dell’anima”, volume preziosissimo per comprendere l’uomo e sacerdote Angelo Roncalli.  

Il "Giornale" è una serie quasi ininterrotta di scritti e note spirituali, dal 1895, quando l’autore aveva quattordici anni appena, al 1962, a pochi mesi dalla sua morte. Il testo racchiude l’intera vita di un sacerdote divenuto Papa. Sono annotazioni varie redatte con cadenza irregolare e di varia ampiezza: sentimenti, emozioni, paure speranze dell’ “anima” di Giovanni XXIII. Di questa sorta di “diario dell’anima” lo stesso Roncalli scriverà: “La mia anima è in questi fogli più che in qualsiasi altro scritto”. Tanti i temi che tocca Roncalli nelle pagine di questo diario:  il senso della vita cristiana, ad esempio; oppure dell’imitazione di Cristo; c’è anche spazio alla sua  devozione mariana. "Fascicoli slabbrati, quadernini sgualciti, egli li teneva costantemente presso di sé, né rileggeva spesso lunghi tratti, vi si trovava conforme e vi si specchiava. Li conoscevano i suoi direttori d’anime e poche altre persone intime e confidenti": così presenta le pagine del diario il suo fedele segretario Monsignor Loris Capovilla, una vita al servizio di Roncalli. 

La storia editoriale di questo volume offre anche alcuni episodi davvero particolari come quello che coinvolse Hannah Arendt, la storica e filosofa tedesca naturalizzata statunitense, una delle più famose e influenti menti del XX secolo. Nel 1965, a due anni dalla prima pubblicazione del “Giornale”, fu chiesto alla filosofa di scrivere una recensione. Queste le sue parole: “Egli si era sempre accontentato di vivere “giorno per giorno”, anzi “di ora in ora”, come i gigli di campo: e ora pronunciò la “regola fondamentale di condotta” per la sua nuova condizione di papa”.  

Da quei “fascicoli slabbrati, quadernini sgualciti”  emerge un animo critico verso la sua stessa persona, come - ad esempio - nella pagina che reca la data 22 aprile 1903: “Peccati e malinconia fuori di casa mia. Anche le cose che urtano la mia suscettibilità, i compagni che non mi vanno a genio, li debbo sopportare con grande tranquillità; diversamente dov’è il merito, il piacere di Dio? Mi sforzerò sempre di trovare delle virtù anche dove non sembrano apparire. Soprattutto penserò come, per tanti e tanti miei difetti, gli altri debbano fare dei grandi sacrifici per sopportare la mia povera persona”. 

E poi ci sono molti episodi anche simpatici, come  l’aneddoto relativo alla sua udienza con Papa Pio XII, avvenuta poco prima della sua partenza come per Parigi nel 1944 come Nunzio. Il Papa diede inizio all’udienza dicendo a Roncalli,  appena nominato Nunzio a Parigie, che poteva dedicargli solo sette minuti. Roncalli non ci pensò due volte per congedarsi subito con una battuta: “In tal caso, i restanti sei minuti sono del tutto superflui”. Vi è poi, anche la deliziosa storia che vede protagonista un giovane sacerdote straniero assai carrierista. Voleva a tutti i costi fare una buona impressione sui suoi superiori. Roncalli, allora, gli rivolse queste parole: “Mio caro figliolo, smettila di preoccuparti così tanto. Puoi essere certo che nel giorno del Giudizio Gesù non ti chiederà: e come te la sei passata con il Sant’Uffizio?”.

Significative, infine, le parole da Pontefice: “Da quando il Signore mi ha voluto, miserabile qual sono, a questo grande servizio, non mi sento più come appartenente a qualcosa di particolare nella vita: famiglia, patria terrena, nazione, orientazioni particolari in materia di studi di progetti, anche se buoni. Ora più che mai non mi riconosco che indegno ed umile “servus Dei et servus servorum Dei”. Tutto il mondo è la mia famiglia”. In quel “tutto il mondo è la mia famiglia” vi è la sintesi più perfetta di tutto il suo Pontificato. 



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