Spello, 08 October, 2024 / 2:00 PM
A metà settembre alla ‘Casa San Girolamo’ di Spello si sono svolte le ‘Conversazioni di Spello’ con il prof. Luigi Alici, docente emerito di ‘Filosofia morale’ e già presidente nazionale dell’Azione Cattolica, Lorenzo Zardi, vicepresidente nazionale per il settore Giovani di Azione Cattolica, la prof.ssa Pina De Simone, ordinaria di ‘Filosofia della religione’ e direttrice di ‘Dialoghi’, con gli intermezzi musicali del violinista Stefano Rimoldi, sul tema ‘Per una cultura del noi. Alle radici del fare cultura e del senso di comunità’, introdotti dal presidente nazionale di Azione Cattolica Italiana, prof. Giuseppe Notarstefano.
Durante l’incontro il prof. Alici ha invitato ad aprire gli ‘orizzonti relazionali’: “Il laico cristiano riconosce e testimonia che in ogni relazione filtra una luce infinita: c’è una mistica anche della vita attiva, che cerca l’unità nelle giunture, la comunione nelle differenze, la prossimità nella distanza; che incontra Dio anche nel cuore dell’uomo e dell’umanità, alla radice degli spazi vissuti e oltre le distanze temporali. Riconoscere e aprire infinitamente questi orizzonti relazionali disegna lo spazio di incontro e dialogo tra credenti e non credenti”.
Al termine dell’incontro con il prof. Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale di Azione Cattolica, abbiamo riflettuto sulla necessità della cultura del ‘noi’: “Viviamo in un tempo in cui prevale un senso di individualismo, spesso portato fino all’eccesso, dovuto da tanti fattori, non ultimo da una cultura economicista, che ha pervaso la vita sociale con l’enfatizzazione dei valori dell’utilità e della competizione e mettendo in ombra i valori della cooperazione e dell’amicizia sociale.
Quindi quello della ricostruzione e del legame comunitario è un tema importante; però il ‘noi’ non può essere una chiusura nel gruppo, ma deve essere qualcosa di inclusivo ed aperto. In questo cammino aiuta l’esperienza ecclesiale, che ci fa vivere la comunità non come qualcosa di esclusivo e di chiusura, ma che cresce attraverso il dialogo con l’altro e nell’esperienza dell’accoglienza dell’altro. Questo è un’esperienza che si può vedere nella Chiesa sinodale e nel magistero di papa Francesco. Come associazione crediamo che occorre dare anche una mediazione culturale a quest’esperienza”.
Quindi quanta ‘sinodalità’ si sta sviluppando nella Chiesa?
“E’ un cammino. Credo che il Sinodo abbia introdotto stili e pratiche che, dal basso, stanno animando una conversione pastorale: penso allo stile della conversione spirituale, che è un modo di ripensare il nostro incontrarci a partire da un ascolto sincero dell’altro. Dobbiamo imparare a costruire insieme le decisioni: questa è la sfida che abbiamo davanti; guardiamo con grande fiducia al cammino dei vescovi, ma guardiamo anche con grande fiducia al cammino delle Chiese italiane, perché le assemblee dei vescovi, che si terranno nel prossimo novembre ed a maggio del prossimo anno possano essere un’esperienza, dove tutti concorrono a scegliere insieme quelle questioni cruciali che riguardano la vita della Chiesa. E’ una sfida che deve essere affrontata con grande speranza, senza dimenticare il monito di papa Francesco, che afferma che questa deve essere soprattutto un’esperienza spirituale: insieme sotto la guida dello Spirito Santo”.
Secondo papa Francesco il processo sinodale è una delle ‘più preziose’ eredità del Concilio Vaticano II: c’è continuità tra queste due esperienze?
“Abbiamo da un lato una partecipazione al Sinodo dei vescovi che ha una prospettiva universale, una dinamica di coinvolgimento che prevede un ascolto dal basso e che mette a tema la Sinodalità come postura essenziale del cammino della Chiesa. Dall’altro tutto ciò si intreccia con il cammino voluto dallo stesso papa Francesco quando, al convegno di Firenze, ha chiesto a tutti di mettersi a servizio nella Chiesa italiana secondo quella conversione pastorale che aveva descritto in quel potentissimo strumento che è l’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ di papa Francesco, debitore dell’esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’ di papa san Paolo VI e che qualcuno ha definito una specie di ‘software di installazione’ del Concilio Vaticano II.
I punti di contatto tra la stagione del Sinodo e quella del Concilio sono molteplici: anzitutto direi la pastoralità voluta da papa san Giovanni XXIII, che aveva in mente un Concilio che non fosse soltanto dogmatico bensì un gesto di amore verso il Signore e verso l’uomo. L’altro aspetto è quello dell’universalità: un progetto ampio, che ci offre il senso di una Chiesa come un popolo che cammina nella storia e che ha una grande diffusione in tutte le parti del pianeta, con intensità e realtà diverse, e una comune dimensione universale”.
Ed in questo ‘tempo’ quali saranno le linee guida dell’Azione Cattolica Italiana?
“L’Azione Cattolica Italiana ha messo a tema per questo triennio la speranza, che è soprattutto giubilare. Quindi vorremmo sviluppare alcune linee di lavoro che riguardano un’associazione, che deve essere capace di aiutare le persone a rimettere al centro della propria vita l’esperienza cristiana attraverso uno stile sinodale. Questo stile si traduce anche nella vita sociale attraverso la costruzione di reti per perseguire impegni per il bene comune.
Abbiamo il desiderio di accompagnare le persone nelle sfide quotidiane, lavorando nel dialogo intergenerazionale e di prenderci cura degli ambienti di vita, quale l’università od il mondo del lavoro e delle professioni, che sono spazi in cui l’associazione è presente con i propri movimenti, che vogliamo rilanciare attraverso proposte per la formazione culturale e spirituale”.
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