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Si è ripetuto il prodigio del sangue di San Gennaro. Battaglia: "Superare la logica della competizione"

L'Arcivescovo di Napoli Mons. Battaglia mostra l'ampolla

Il sangue di San Gennaro si è sciolto. Ore 10 e un minuto: l'annuncio dell'Arcivescovo di Napoli, Monsignor Domenico Battaglia. La liquefazione del sangue del Santo Patrono di Napoli è avvenuta prima della Celebrazione eucaristica nel Duomo come sempre gremito di fedeli. Il sangue nell'ampolla, portata a spalla dai seminaristi fino all'altare maggiore della Cattedrale, si presentava già sciolto.

Paroli forti quelle usate dall'Arcivescovo Battaglia durante l'omelia: “Questo sangue si mescola sempre con il sangue dei poveri, degli ultimi, con il sangue versato a causa della violenza, dell'incuria umana, del degrado sociale, come purtroppo è accaduto alle vittime del crollo di Scampia ea quelle dell'esplosione di Forcella”. Sempre Monsignor Battaglia ha poi incoraggiato tutto il popolo partenopeo ad avere “il coraggio di superare la logica della competizione ad oltranza per abbracciare quella della cooperazione. Il miracolo della fragilità, il miracolo della cura, della tenerezza, del vivere l'uno con l'altro, l'uno per l'altro. Questo è il miracolo che sorregge Napoli e da cui tutti dobbiamo ripartire”. Infine, un'esortazione alla città: “Napoli, mia amata città ricorda sempre di custodire con tutto te stessa e ripartire ogni giorno dalle poche cose che contano e che reggono ogni giorno la tua speranza e la tua fiducia”.

 

Tre volte l'anno a Napoli si celebra il rito della liquefazione del sangue: il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre, giorno della memoria liturgica di San Gennaro, e - infine - il 16 dicembre. Ogni volta viene eseguita la stessa procedura: il rito prevede l'estrazione di un'ampolla che contiene il sangue da una nicchia della reale cappella del Tesoro di San Gennaro, nel Duomo di Napoli, e l'esibizione ai fedeli convenuti nel Duomo. L'ampolla ha la forma di una grossa lente di ingrandimento; il manico è in argento. Sono ben visibili due vetri, in cui sono sistemati due piccoli contenitori, anch'essi di vetro: il più piccolo è vuoto; il secondo, più grande e tondeggiante, è per metà pieno di una sostanza che quando l'ampolla viene estratta appare solida e di un rosso molto scuro. E' il sangue del santo. 

 

Il rito prosegue in questa maniera. L'Arcivescovo di Napoli, dopo aver preso fra le mani la preziosa reliquia, inizia a scuoterla. Dopo poco, il sangue contenuto nel contenitore più grande inizia a mostrare le proprietà di un liquido. Se il sangue solidificaro si scioglie è di buon auspicio per tutta la cittadinanza; se non avviene ciò, è segno negativo. Nel caso del prodigio della liquefazione, l'ampolla viene mostrata ai fedeli e l'Arcivescvovo di Napoli ringrazia Dio per aver permesso l'avvenimento miracoloso.

 

Bisogna precisare che la Chiesa, seppur abbia sempre rispettato tale rito, rimane prudente su tale segno: la venerazione popolare dello scioglimento è consentita, ma non è riconosciuta. Certamente, sia il prodigio del sangue, sia la devozione popolare al Santo Patrono costituiscono uno dei cardini della fede popolare partenopea che nasce fin dal V secolo, quando il martire Gennaro era considerato già 'santo'. La canonizzazione “ufficiale” da parte della Chiesa si deve a Papa Sisto V nel 1586. La stessa tomba divenne, fin da subito, meta di pellegrinaggio. Un episodio storico che attesta tutta questa fede: nel 472, in occasione di una violenta eruzione del Vesuvio, i napoletani accorsero in massa nella catacomba per chiedere la sua intercessione, iniziando così l'abitudine ad invocarlo nei terremoti e nelle eruzioni. 

I secoli passano ma la tradizione e la devozione popolare restano nei cuori dei fedeli partenopei che anche oggi atteso hanno il prodigio della liquefazione. “Prodigio”, ma per l'immaginario collettivo, per il popolo di Napoli, la parola più famosa e utilizzata rimane comunque una: “miracolo”.  

 

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