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Adorare il Santissimo Sacramento: cosa vuol dire?

Il Santissimo Sacramento

In questi giorni si alternano diverse riflessioni e meditazioni al 53° Congresso internazionale di Quito. Cosa vuol dire vivere l'Eucaristia oggi? Cosa ha da dirci, nel nostro tempo presente, questo fondamentale Sacramento? Molto spesso si corre il rischio di guadare all'Eucaristia come a un “qualcosa” di esterno e di lontano. E, invece, è proprio l'Eucaristia che riesce ad accompagnarci nella vita di tutti i giorni.

Il Vescovo di Orihuela-Alicante, Monsignor José Ignacio Munilla, ha tenuto mercoledì scorso una conferenza al Congresso Eucaristico Internazionale di Quito (8-15 settembre). Un intervento in cui ha incoraggiato tutti a rivolgere lo sguardo a Gesù: “Abbiamo bisogno di Cristo per amare. Senza Gesù Cristo non sappiamo amare”. E ha continuato: “Potremmo noi compiere il comandamento di amare il prossimo come noi stessi, senza la grazia di Gesù Cristo? Impossibile".

 

Amare, il verbo "cardine". E deve andare di pari passo con un altro verbo “adorare”. Si adora la bellezza; si adora la persona amata; si adora ciò che ci rende migliori. L'Eucaristia riesce proprio a compiere questo “miracolo”: ci rende capaci di amare se si chiede al Signore la sua Grazia. Ma, allora, cosa vuol dire adorare il Santissimo Sacramento?

Le prime parole che ci vengono in mente sono quelle di San Tommaso d'Aquino, illustre teologo del 1200, autore di uno dei più famosi inni al Santissimo Sacramento, il Tantum Ergo: “Tantum ergo sacramentum/ veneremur cernui,/ et antiquum documentum/ novo cedat ritui;/ praestet fides supplementum/ sensuum Defectui” (Adoriamo, dunque, prostrati/ un sì gran sacramento;/ l'antica legge/ ceda al nuovo rito,/ e la fede supplisca/ al difetto dei nostri sensi”. In poche righe, San Tommaso d'Aquino riesce a sintetizzare la potenza e la bellezza dell'Eucaristia esposta ai fedeli Il fedele è davanti al Signore vivo in quel “pezzo” di Ostia e Dio, della creatura con il suo Creatore Ogni volta che adoriamo ci si unisce al Cielo: è al Cielo che rivolgiamo le nostre preghiere. 

Per comprendere ancor di più cosa vuol dire adorare il Signore nel Santissmo Sacramento, dell'Eucaristia bisogna necessariamente partire da un concetto-base: lì, in quel “pezzo” di Eucaristia è presente reale e divino Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. E' stato lo stesso Gesù Cristo, nella cena di Pasqua con i suoi Apostoli, nella notte in cui veniva tradito, a dircelo: in quel suo “Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo dato per voi” si compie il dono che ogni volta che prendiamo (sarebbe forse più giusto e bello scrivere “accogliamo”) la Comunione o che adoriamo il Santissimo Sacramento rinnoviamo.

La Chiesa crede e confessa che “nel sacramento dell'Eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vino, è veramente, realmente e sostanzialmente presente nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e uomo, sotto l'apparenza di quelle cose sensibili” (Concilio di Trento, 1551). E' questa Presenza a essere al centro dell'adorazione: da questo dato comincia tutto il dialogo tra il fedele e il Signore. 

“Quando la Chiesa ci invita ad adorare Cristo, nascosto sotto i veli eucaristici, ea chiedergli i doni spirituali e temporali di cui abbiamo bisogno in qualsiasi momento, manifesta la fede viva con cui crede che il suo Sposo divino viva realmente sotto questi veli, gli esprime la sua gratitudine e gioisce della sua intima familiarità” (Lettera Enciclica Mediator Dei di Papa Pio XII, 1947).

Sant'Agostino scriveva: “Nessuno mangi questa carne senza prima adorarla. Peccheremmo se non la adorassimo”. Il silenzio attorno a noi, nel momento dell'adorazione, vuol dire anche questo: adorare il Signore e comprendere ancora di più la sua importanza nella nostra vita. Nel momento in cui si adora il Santissimo Sacramento, si testimonia prima di tutto l'amore ricevuto dal Signore: un amore che andrà poi condiviso con il mondo. Nella vita. In ogni luogo. In ogni momento. 

 

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