Roma, 23 August, 2024 / 12:30 AM
Le "Madonnelle Romane" accompagnano da secoli cittadini di Roma e turisti lungo le vie della Capitale.
"O Madonnelle" romane dei secc. XIV-XX sono state raccolte e studiate in particolare nel libro "Madonnelle romane e religiosità popolare", edito da Romana Società Editrice, in occasione della mostra mariana in San Michele a Ripa Grande del 1991. Il volume contiene 75 illustrazioni riproducenti altrettante Edicole romane scelte tra quelle di carattere devozionale, miracoloso, artistico, storico e tecnico.
Oggi grazie al volume scopriamo la Madonna in Maestà, in Via di Santa Maria dell’Anima, situata nel Rione Parione.
Secondo il libro è un grandioso affresco collocato sul retro dell’abside della Chiesa di Sant’Agnese in Agone, posta quasi al centro di uno dei lati più lunghi di piazza Navona.
La datazione dell’opera oscilla tra la seconda metà del 1300 e la prima metà del 1400 e viene attribuita ad un seguace di Pietro Cavallini, o, inserita in ambito antoniazzesco, con richiami stilistici all’immagine che si venera nella chiesa di Sant’Apollinare. Ha subito molti interventi di restauro.
Nel rifacimento della chiesa di Sant’Agnese, voluta dai Doria Pamphili intorno alla metà del 1600, fu staccato dalla sede originaria e collocato al posto di adesso. La famiglia Doria Pamphili se ne prese cura.
La Madonna ha sulle ginocchia il Bambino con il rotolo della Legge in mano e guarda i devoti. L’iconografia è quella della Madonna in Maestà da cui prende il nome. In alto, due angeli reggicorona, in legno, fanno da coronamento al semicerchio della cornice.
La lampada che illumina l’immagine sacra risale al XIX secolo, è in ferro battuto e reca alla sommità un globo di vetro. Lavori effettuati nel 1867 riguardarono il restauro dell’affresco e quello degli elementi decorativi del tabernacolo. L’incarico fu affidato all’architetto Andrea Busiri Vici.
Sempre secondo il volume il vetro di protezione risale al 1974. In tale occasione fu portato alla luce il testo, collocato a piè dell’immagine, a ricordo del suddetto restauro un’iscrizione “vetusta matris dei imago anno MDCCCLXVII instaurata”.
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