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Gli apostoli della penna: quando la fede diviene letteratura. Raïssa Oumancoff Maritain

Raissa Oumancoff Maritain

La Scrittura, nel corso della storia della letteratura, molte volte è passata attraverso la scrittura, quella con la “s” minuscola. Le pagine di molti libri ci danno testimonianza di questo percorso. E possiamo definirlo percorso, visto che in esso confluiscono diverse biografie, esperienze del sacro, che costituiscono dapprima un cammino personale (quello dello scrittore), per poi divenire “universale”, quello del pubblico di lettori. E’ interessante notare come i due termini, “Scrittura e scrittura” (con la “s” minuscola), siano stati - diverse volte - molto vicini fra loro. La letteratura, nella sua complessità di forme -  prosa o poesia, ad esempio - ha raccolto prestigiose penne, menti sublimi che dal tema del sacro, della fede, hanno attinto. 

Acistampa propone un breve viaggio, un rapido volo, sulle figure più importanti (e a volte nascoste) di questa particolare tipologia di letteratura. Potremmo definirli “Apostoli della penna”: donne e uomi che con la loro scrittura hanno testimoniato la bellezza e la grandezza di Dio.

Un altro volto femminile si affaccia in questa serie di ritratti che AciStampa ha presentato al suo pubblico di lettori: un volto che affascina per bellezza e per eleganza, due doti che Raïssa Oumancoff Maritain (Rostov, Ucraina, 31 agosto 1883 – Parigi, Francia, 4 novembre 1960) incarna perfettamente. Un primo dato va evidenziato: due cognomi. Il secondo, Maritain, fa correre la memoria a uno dei più importanti teologi-filosofi del XX secolo, Jacques Maritain, amico di un tale giovane sacerdote italiano che diverrà San Paolo VI, Papa Montini. E, il cognome di Maritain, va necessariamente ricordato perché non potrebbe esistere Raissa se non ci fosse stato il suo Jacques e viceversa. Una coppia di coniugi speciali, due personaggi illustri della cultura cattolica del secolo scorso: due “pellegrini dell’assoluto” così li definirà lo scrittore e amico  Julien Green, illustre voce poetica del Dio fatto Uomo. 

Un ragazzo e una ragazza si incontrano alla Sorbona di Parigi: tutte e due sono insoddisfatti della loro vita, del loro percorso di studi che non li conduce da nessuna parte. Tutto questo - quasi sull’orlo del suicidio - cambia in un attimo grazie a un incontro che segnerà per sempre la loro storia: dopo la lettura de La donna povera di Léon Bloy, sentono l’esigenza di conoscere lo scrittore che ha intessuto quelle parole su pagine che rimarranno indelebili nel loro cuore. L’incontro avviene e con esso due conversioni: Raïssa, di fede ebraica, sposa il Cattolicesimo; Jacques, di famiglia protestante e ormai divenuto ateo, comprende che l’unica strada da percorrere per poter dare un senso alla vita è quella di Cristo, di Dio, della Vergine Maria e di tutti i Santi. Fra questi, più di tutti, San Tommaso d’Aquino, l’autore della Summa Theologica. Grazie a questo testo, Raissa comprenderà che “stabilire la ragione sulla fede… non era indebolirla, ma fortificarla, non asservirla ma liberarla, non snaturarla ma ricondurla alla purezza della propria natura; come illuminare colui che avanza a tentoni e che cammina nelle tenebre non è condurlo fuori della propria strada, ma fargli vedere la via dove si propone di camminare”.

In Raïssa tutto prende forma di poesia. E di poesia mistica, soprattutto. L’anima artistico-poetica della coppia è rappresentata da lei; mentre il marito Jacques rappresenta una logica che si pega e sposa alla fede, all’imprescutabile mistero di Dio. Nella biografia letteraria della giovane donna incontriamo diversi testi e di diversa natura: articoli; opere autobiografiche; poesie; prefazioni; recensioni; corrispondenze e, infine, anche traduzioni nella lingua francese. Ma Raïssa rimane soprattutto una grande poetessa, una delle più significative poetesse religiose della Francia del secolo scorso. La sua vasta produzione poetica è apparsa in diverse raccolte di poemi che è possibile datare dal 1939 circa al 1954.  Una forza poetica leggera che nasce non “nel rumoreggiare continuo dell’immaginazione, ma nel cuore del silenzio, quando questo silenzio aveva raggiunto un certo grado di profondità e di purezza”: facile pensare alla preghiera, azione quotidiana dei due coniugi.  Per questo motivo si comprende bene come lo scrittore Thomas Merton è riuscito ad affermare che anche quando le sue poesie sembrano non dire nulla di preciso su Dio, sembra che sia la sua intimità con il divino sempre a parlare. Il dialogo, in sintesi, è avvenuto prima della scrittura: si potrebbe immaginare Raïssa tutta presa dalla preghiera, magari davanti al Santissimo Sacramento, e poi, davanti la pagina bianca a scrivere poesie e riguardo la poesia. Come ad esempio fa nel suo Diario nel quale scrive in merito proprio alla contemplazione: “Forse non è completamente vero che la contemplazione tenda essenzialmente al silenzio (...). Come l’azione santa, la parola di sapienza e di bellezza prorompe dalla contemplazione: − i Salmi e tutta la Scrittura ispirata. Avviene, della contemplazione e del canto, ciò che avviene del fiume e del mare. Il fine, l’inclinazione del fiume, è di perdersi nell’oceano; ma, se le acque traboccano dal suo letto, straripano a destra e a sinistra. Il fine dell’anima contemplativa è di perdersi in Dio, − ma il troppo pieno del cuore si esala in canti e in atti”.

Ed è un canto al Signore - assai difficile poter ricavare una silloge dei suoi componimenti - quello che troviamo in una delle sue più belle e semplici poesie dal titolo Dedica: “Voglio cantare per te Signore/ Canti d’amore, canti di dolore./ Al suono dell’arpa./ Accogli questo gran desiderio./ E dalle tue fonti fai fluire/ il canto dell’anima mia./ Ogni fonte in te risiede/ della musica, della fede./ Della poesia”

 

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