Roma, 02 July, 2024 / 12:30 AM
Si chiama “Chiesa e democrazia” (Soc. Coop. Frate Jacopa) l’ultimo libro del vescovo Mario Toso, che guida la diocesi di Faenza – Modigliana ma che è uno dei massimi esperti di Dottrina Sociale della Chiesa in Italia. Ed è un libro che si pone nel centro di un dibattito cruciale, in vista della Settimana Sociale dei Cattolici in Italia che si terrà a Trieste dal 2 al 7 luglio e che avrà come tema “Al cuore della democrazia”. Sì, ma quale democrazia? In che modo il modello democratico funziona per la Chiesa e quando?
È un tema dirimente, considerando anche che in questi ultimi mesi i vescovi italiani non hanno taciuto le proprie opinioni su alcune riforme, e sono stati tacciati di ingerenza, con una dialettica che è parte dell’eterno dibattito riguardo la possibilità, per persone credenti, di esprimere il proprio punto di vista e la propria visione del mondo nell’arena pubblica senza essere messi a tacere, come se le convinzioni religiose fossero un pregiudizio troppo forte per avere idee lucide.
Esattamente l’opposto di quello che pensa il vescovo Toso, che tratteggia la storia di come la Chiesa ha abbracciato la democrazia, passo dopo passo, e di come oggi forse stia un po’ abdicando al suo ruolo di guida spirituale e intellettuale, fornitrice dei valori di cui si dovrebbe nutrire la politica. La dottrina sociale, appunto.
Di tutto questo, il vescovo Toso ha parlato in dialogo con il Cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, lo scorso 12 giugno all’Università Link.
Il Cardinale Zuppi ha notato fino al messaggio natalizio di Pio XII nel 1944 la democrazia non aveva ancora ricevuto il “battesimo” dalla Chiesa cattolica.
Ma quello tra Chiesa e democrazia è un rapporto dinamico, non statico. Di fatto, dice il Cardinale Zuppi, “c’è richiesta di maggiore democrazia, non il contrario”, e in questa situazione oggi “ci vuole una ispirazione cristiana”, che si basa sulla “bellezza della Dottrina Sociale della Chiesa”.
Si è parlato di Chiesa e democrazia in varie Settimane Sociali del passato, e questo per il Cardinale Zuppi è il segno che “i cattolici hanno preso sul serio il loro impegno politico”, tanto che la visione cristiana ha “contribuito alla straordinaria sintesi ideale della Costituzione Italiana”.
Il presidente della CEI ha messo in guardia dalla presenza di “democrazie procedurali senza contenuto, dove ognuno si sente libero, ma anche vincolato dai valori”. Si tratta di una “democrazia minimalista, senza sguardi profetici, senza visione ampia della comunità”, che “finisce di essere attratta da una cultura di morte, di declino e non di futuro”.
Ci vuole, insomma, un cambio di passo, che guardi anche a livello internazionale, ad un “multilateralismo per la modernizzazione delle relazioni internazionali” che possa essere “obiettivo europeo”.
Da parte sua, il vescovo Toso ha parlato anche dell’importanza di avviare una “discussione sui partiti”, specialmente oggi che da anni non c’è più un partito in cui tutti i cattolici si riconoscano e i cattolici si trovano adesso in diaspora. “Ma oggi che partiti abbiamo? – si è chiesto il vescovo – abbiamo partiti che consentono la comunicazione della linfa che dalla società civile giunge fino alle istituzioni politiche?”
Il vescovo ha notato la diminuzione della partecipazione al voto, e questo “è anche causato dal fatto che i nostri partiti non sempre consentono la partecipazione, perché se le liste dei candidati sono bloccate non ci può essere una partecipazione”.
Il vescovo Toso suppone che, nella Settimana Sociale di Trieste, i cattolici di chiederanno anche “di come poter meglio partecipare alla vita politica e su come si debbano definire le strutture per partecipare meglio alla vita politica”, fermo restando che “le riforme vanno fatte in riferimento ai soggetti cui si riferiscono”.
Il vescovo Toso ritorna su un vecchio tema del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace – in realtà sviluppato già da Paolo VI e da Benedetto XVI – ovvero quello di una autorità mondiale con competenza universale, la quale “dovrebbe favorire la fioritura della democrazia in tutti i Paesi”.
L’ex numero due di Giustizia e Pace ha notato anche un certo provincialismo italiano che fa pensare “di poter risolvere i problemi nostri a livello nazionale e locale disinteressandoci o dell’Europa o addirittura di una autorità politica mondiale che deve continuare ad essere quella che è”.
In un periodo di crisi delle democrazie, e di una crisi anche della sua “anima etico-culturale”, e questa situazione non riesce “a garantire l’universalizzazione della democrazia”.
E questo perché il problema “non è l’esportabilità delle regole procedurali”, ma piuttosto “l’anima della democrazia che ogni popolo deve coltivare attraverso lo spirito, il senso di rispetto, di tolleranza”.
Insomma, “di fronte ad uno Stato liberale che non si riesce a tenere in piedi, casa costruita su valori mutuati da tradizioni religiose, ma Stato di diritto sembra non avere più e non sembra più interessata ad avere presupposti giuridici”. Anche perché, aggiunge il vescovo Toso, “uno Stato di diritto senza presupposti giuridici con sfondamento è difficile che possa stare insieme. Erodi questo diritto, erodi quell’altro, erodi quell’altro ancora e ci si chiede cosa rimane se saltano pilastri principali”.
Il vescovo si chiede se lo stato di diritto liberale andrà a rivitalizzare le democrazie, e l’idea è quella di partire dalla difesa della libertà religiosa di tutte le confessioni in modo che in una società di discuta in uno spazio pubblico per suggerire una proposta di vita buona.
C’è molto, insomma, su cui riflettere nel percorso verso Trieste. Forse non tornerà il partito cattolico. Forse, però, è tempo di guardare alla politica in chiave almeno europea.
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