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La Visitazione, l’incontro tra Maria ed Elisabetta. L’origine della festa e il suo significato teologico

Sopra il capo di padre Antonio Luigi Piccolo, Rettore Generale dell’Ordine della Madre di Dio, campeggia in tutta la sua bellezza un enorme quadro che ritrae il fondatore dell’importante istituzione religiosa da lui fondata, San Giovanni Leonardi. Gli occhi del santo sono rivolti al Cielo, in contemplazione. L’ufficio dove ci accoglie padre Piccolo è tutto immerso nel silenzio - un silenzio che ha sapore di preghiera - seppur ci troviamo a pochi passi da una delle piazze più  trafficate della Capitale: piazza Venezia. AciStampa è andata a trovare il XXXIV successore di San Giovanni Leonardi per parlare di una delle più belle feste mariane che non a caso chiude il mese di maggio, il mese per antonomasia dedicato alla Vergine Maria: è la Festa della Visitazione di Maria a Santa Elisabetta.

Padre Piccolo, prima di tutto, come nasce questa festa? Qual è il suo percorso all’interno della storia della Chiesa?

L'origine della festa potremmo definrila un po’ “occasionale”. Prima informazione: nasce a Bisanzio quando il 2 luglio si celebrava la deposizione delle vesti della Theotókos. In questa occasione veniva letto l’Evangelo dell’episodio della Visitazione di Maria a Santa Elisabetta. Succesivamente, nel XIV secolo, Papa Urbano VI ufficializzerà tale festa per chiedere alla Vergine Maria di far cessare il grande scisma presente nella Chiesa in quel momento storico. La data era fissata ancora una volta al 2 luglio. Solo con la riforma liturgica del Concilio Vaticano II verrà poi collocata al 31 maggio, come conclusione del mese mariano per eccellenza. In sintesi è una festa che è presente nella storia della Chiesa dal XII-XIII e che ancora oggi rappresenta un momento importante per riflettere sull’importanza che la Madre di Dio ha avuto nel Progetto di Salvezza di Dio per tutta l’umanità.

Un Progetto che inizia con un altro altrettanto importante episodio della vita di Maria: l’Annunciazione.

Certamente: non si può leggere la festa della Visitazione disgiunta dall’Annunciazione. Nell’Annunciazione, Dio, mette nel cuore della Vergine una gioia, un’allegria, una consapevolezza del Suo Progetto su Lei: in sintesi,  cominciano a nascere i frutti che saranno poi cantati da Maria del Magnificat. Questo episodio non può che essere legato a quello successivo: Maria, prima di tutto, grazie proprio all’Annuncio dell’Arcangelo Gabriele  è consapevole che lo sguardo del Signore si sia posato su di Lei. Una consapevolezza che poi canterà  nel  Magnificat. C’è poi l’incontro con Elisabetta: in questo dialogo fra le due donne, la Vergine ha conferma di ciò che Le è stato detto dall’Arcangelo. Maria aspetta un figlio, ma anche Elisabetta ne aspetta uno. Sono due esperienze di maternità davvero speciali: da una parte abbiamo il precursore del Salvatore, Giovanni; dall’altro Colui che salverà il mondo, Gesù Cristo.

Quale può essere il senso di questa festa per ogni cristiano? Per noi del mondo contemporaneo?

La Visitazione ci invita ad aprire lo sguardo e ricominciare sempre. L’esperienza della Vergine ci dice tutto questo: nel momento in cui dice il suo “Sì” a Dio, Lei stessa cambia visione sulla sua vita, ricomincia con “qualcosa” di davvero nuovo e inaspettato. Solamente se seguiamo Dio, se ci facciamo soprendere anche noi dallo Spirito, possiamo fare esperienza del Signore: un’esperienza che vuol dire lasciarsi amare da Dio, farci colmare dalla sua misericordia, per poter affrontare la vita con la gioia nel cuore e la lode sulle labbra. Così come ha fatto Maria.

C’è un tema che sembra fare da “sottotesto” a questo episodio: quello dell’importanza dell’annuncio: Maria va da Elisabetta e le reca non solo la Parola di Dio, ma lo stesso Dio che si fa carne nel grembo di Maria. E’ un’immagine che ci fa riflettere.

L’episodio della Visitazione ci parla anche della Chiesa. Della Chiesa di oggi e di ieri: l’Annuncio deve essere portato a qualcuno perché non può essere contenuto, non può essere “qualcosa” di solitario. Quando c’è un’eccedenza di Grazia - come avviene in Maria - è impossibile tenere solo per sé la Presenza di Dio. Maria si mette in cammino verso Elisabetta: è una Chiesa in cammino. Non è un dettaglio di poco conto il fatto che la Vergine si metta subito in viaggio. E’ trepidante e si reca non solo per condividere l’esperienza ma per rimanere con lei per tre mesi: Elisabetta da un momento all’altro può partorire. Maria, allora, cosa fa? Rimane con lei, assiste sua cugina. In quel suo “Eccomi sono la serva del Signore” si mette subito a servizio di Dio. Non va solo dalla cugina, ma è a sua disposizione: è lì con lei per aiutarla. Ecco, l’altro insegnamento importante: essere al servizio delle sorelle e dei fratelli. Così come fa la Chiesa che nel suo “Eccomi” dovrebbe sempre mettersi a servizio degli altri. Così facendo, si mette al servizio di Dio.

Parla di una Chiesa missionaria?

Sì, precisamente. Dobbiamo essere noi imitatori di Maria. E dico “noi” intendendo non solo noi sacerdoti, ma la Chiesa tutta. Bisogna divenire missionari, sempre disponibili e pronti all’apostolato. Sulle orme che Maria ha tracciato, seguendo il Figlio in ogni occasione. 

Questa immagine mi suggerisce un riferimento al luogo in cui ora ci troviamo: la chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli a Roma.

Maria esce dal portico di casa per entrare in un’altro portico: quello della casa della cugina Elisabetta. Ma allo stesso tempo “portico” è anche il luogo in cui ci si incontra: l’agorà greca per intenderci. L’Ordine della Madre di Dio che vede il suo sviluppo a Roma grazie a questa chiesa vuole ricordare anche questo spirito missionario dell’essere “sull’uscio”, definiamolo così. Vogliamo essere una chiesa nella Chiesa sempre pronta ad accogliere ogni fedele come figlio di Maria, di Dio. E come Maria sempre pronti ad annunciare il Vangelo; a metterci in cammino per cantare il Magnificat della Chiesa universale. 

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