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Un servizio di EWTN News

Donne di Rita: Virginia Campanile racconta il perdono dalla morte di un figlio

A Cascia nella festa di santa Rita tre donne riceveranno il riconoscimento del premio internazionale ‘Donne di Rita’: Cristina Fazzi, che da medico nello Zambia cura i bambini che sono gli ultimi della società; Virginia Campanile, che ha perso suo figlio ma è mamma per tanti genitori e ragazzi in difficoltà, e Anna Jabbour, profuga siriana che per sua figlia ha attraversato la guerra divenendo testimone di pace. ‘Donne di Rita’, sono chiamate le donne scelte per il prestigioso Riconoscimento Internazionale Santa Rita, che dal 1988 premia donne che come Rita da Cascia sanno incarnare i valori su cui si fonda il presente, :

Cristina Fazzi, medico di Enna (Sicilia), che riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 per il rispetto, la giustizia e l'amore con cui nei suoi 24 anni di servizio, professionale e umano, nello Zambia, in Africa, ha protetto la vita e costruito il futuro di tante persone nelle aree di estrema povertà, con un'attenzione speciale ai bambini e ai giovani, in una società dove sono ultimi tra gli ultimi, spesso abusati e maltrattati: ha creato il primo centro di salute mentale del Paese per i minori e progetti formativi, per generare opportunità di cambiamento e realizzazione;

Anna Jabbour, nata ad Aleppo (Siria) ma oggi vive a Roma, riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 per la testimonianza di pace, fratellanza e fede che incarna con la sua storia, da profuga di guerra a mamma di speranza e coraggio per sua figlia e allo stesso tempo per tutti coloro che incontra, non avendo mai perduto il forte desiderio di sognare e impegnarsi per un futuro di umanità e unione che possa cancellare ogni odio e sofferenza;

Virginia Campanile vive a Otranto (Lecce) e riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 perché dal dolore indescrivibile per la perdita del figlio Daniele e dalla libertà e pace acquisite grazie al perdono offerto a chi ne ha causato la morte in un incidente stradale, ha fatto nascere un ‘investimento d’amore’ che condivide con gli altri: ascoltando e aiutando tanti genitori toccati dal lutto a ritornare a vivere e impegnandosi coi giovani per tutelarli nella fragilità sociale e psicologica, accompagnandoli a riscoprire la bellezza della vita, che così si presenta:

“Mi presento: sono Virginia Campanile, vivo da sempre ad Otranto (LE), Via S. Francesco 70. Sono nata a Bari il 25 Marzo 1950. Ho frequentato il Liceo Artistico e Accademia di Belle Arti di Lecce. Il mio impegno da sempre nel sociale; ho insegnato e creato una cooperativa di tessitura (Terra d’Otranto) con mostre annuali nel Castello Aragonese di Otranto. Il mio lavoro definitivo, la mia gioielleria (Oro Daniel) ad Otranto. 

Tutto crolla quando il 15 Giugno del 1998, per un incidente stradale viene a mancare mio figlio Daniele di 22 anni, ricorreva la festa del Sacro Cuore a cui io sono fermamente devota. La mia mamma, dopo la triste notizia, dopo poco minuti anche lei vola in cielo insieme a mio figlio”.

Cosa significa credere in Dio dopo la perdita di un figlio?

“Qui inizia un cammino faticoso, indescrivibile, non ci sono parole per descrivere questo dolore. Da subito, il mio unico pensiero, trovare altre mamme come me. Prendo consapevolezza e conoscenza che queste, restano chiuse in casa, come fosse una colpa perdere un figlio. Il mio pensiero fisso e costante, trasformare questo dolore della perdita in un investimento nel sociale. Inizio il mio cammino a piccoli passi, bussando alla porta di madri come me. Nell’immediatezza sono consapevole di aver trovato la strada giusta: condivisione. Riunisco madri che si erano ammalate dal dolore. Inizio a formare il primo gruppo, dopo poco tempo, altri gruppi dei paesi vicini si uniscono”.

Perchè ha fondato l'associazione 'Figli in Paradiso. Ali tra cielo e terra’?

“Da più parti mi veniva consigliato di lasciar perdere, ma con l’aiuto dell’amore per mio figlio e dei tanti ragazzi, di cui ogni giorno venivo a conoscenza, il desiderio di continuare diveniva sempre più forte. Fondo un Associazione ‘Figli in Paradiso, ali tra cielo e terra ODV’, con sede legale ad Otranto in Via S. Francesco 70, ricoprendo, fino ad oggi, il ruolo di fondatrice, presidente e promotrice.

La mia famiglia da sempre devotissima a sant’Antonio da Padova, santa Rita da Cascia, san Pio da Pietralcina, ricordando che da piccola, quando mia madre raccomandava mio padre all’arrivo della pensione o stipendio bisognava, prima di tutto, fare il bollettino a Sant’Antonio e a Santa Rita, che puntualmente arrivavano. La devozione, nel tempo, è rimasta immutata per questa Santa dei casi impossibili, madre, moglie con tanta sofferenza”.

In quale modo la fede trasforma il dolore?

“Intanto, col pensiero di portare avanti l’associazione  ‘Figli in Paradiso’, inizio pian piano, ad allontanarmi dalla mia bella gioielleria e nel 2007 chiudo il mio amato negozio per dedicarmi a tempo pieno ad altri genitori. Ogni giorno un paese, ogni giorno un gruppo di genitori, ogni giorno una celebrazione eucaristica per i nostri ragazzi. Ogni giorno l’ascolto per poter plasmare la rabbia, il rancore, l’odio, la vendetta. Come unico scopo principale, aiutare le famiglie a non restare isolate, recluse, ma ‘ritornare a vivere da vivi’.

Da questo dolore trarre le opportunità positive, quale l’elaborazione del dolore, in un mondo che ci costringe a correre e ci allontana dai tempi dell’elaborazione. Il dolore se raccontato e condiviso ci rende liberi dalle tante maschere che siamo costretti ad indossare. La condivisione è un potente strumento per rigenerare le relazioni. Io volevo dare voce al mio dolore, ascoltandolo.

Da qui ho iniziato il percorso del perdono, ispirandomi a santa Rita, decidendo di andare ad incontrare lei, l’assassina, causa della perdita di mio figlio, e riconciliarmi; è stato un percorso duro, facendomi accompagnare con la preghiera e con il costante dialogo con Dio. Ci sono riuscita. Ho perdonato la mia assassina, faticoso cammino. La parola perdono l’ho trasformata in ‘per-dono’; perdonarsi in ‘per-donarsi’; perdonare in ‘per-donare’ al fratello come me. Alla fine del percorso perdono – riconciliazione, sono diventata una persona libera”.

Lei ha scritto un libro intitolato ‘Tu vivi in me’: come è possibile?

“Da persona libera, è la fede che mi accompagna e mi sostiene, rendendomi forte in questo percorso. Potevo sperare in tutto, tranne nel totale cambiamento di mio marito, il quale, da tanta indifferenza mostrata negli anni, adesso mi accompagna ovunque, parlando di nostro figlio con amore e serenità. Anche mio figlio Luigi, pian piano, ha faticosamente elaborato il dolore, e con la mia grande gioia, ora lo vedo più sereno, convinto di non aver perso un fratello, perché la sua presenza aleggia in casa, nell’Associazione oltre che nel cuore.

E’ vero, la maggior parte delle famiglie, dopo la perdita di un figlio, di un fratello si frantuma, la nostra no. Temevo che non avrei mai potuto parlare con Luigi dell’accaduto di suo fratello Daniel, invece, come per incanto, ne parlavamo spesso; ancora oggi, lontano da casa per lavoro, mi telefona, contento di sentirmi lontano da casa per l’impegno dell’associazione. Io li chiamo i piccoli miracoli di famiglia”.

In quale modo un lutto può trasformarsi in dono di Dio?

“Tutto questo è dono di Dio, e, perché no, anche certamente dell’aiuto celeste di Daniel. Mai mi sono sentita abbandonata; la mia fede, suffragata dalla partecipazione all’Eucarestia mensile, con le altre famiglie, genera tanti genitori, facendoli diventare guaritori feriti, favorendo l’impegno, nelle proprie parrocchie, come catechista, come volontario, come sostegno e aiuto verso gli anziani e malati, trasformando così il dolore indicibile in speranza, serenità dell’anima, convinta e convinti che con la fede si può tutto”.

 Perchè condividere il dolore con altri genitori?

“Pur lavorando ancora nel settore turistico, con la collaborazione della mia famiglia, offro l’opportunità, gratuitamente, nei periodi di fermo, a genitori che vengono da lontano, di essere ospitati nel mio residence, così da poter seguire la formazione dei gruppi A.M.A. (auto-muto-aiuto), strumento riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per il recupero della persona, facilitando l’elaborazione del dolore per la perdita di un figlio, per incidente stradale, malattia, suicidio, omicidio, depressione, mal di vivere, femminicidio e bullismo.

 Un percorso iniziato nell’anno 1999, presente, oggi, in Italia centrale e meridionale (Umbria, Basilicata, Campania, Calabria, comprese le isole di Ischia, Sardegna, Sicilia, e tra breve anche in Toscana e Piemonte). In questi percorsi, per grazia di Dio, abbiamo accanto professionisti competenti, come il camilliano p. Arnaldo Pangrazzi, dottor Antonio Loperfido suicidologo, dottor Enrico Cazzaniga psicoterapeuta, sempre presenti nei convegni nazionali e regionali. Con questa organizzazione cerchiamo di gestire un numero notevole di gruppi (120) sparsi nelle Regioni con la richiesta di nuove aperture”.

 In conclusione, quali sono le attività che l’associazione svolge?

(La storia continua sotto)

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“Attualmente dirigiamo una scuola Materna, Ecole des Angels-a Makua nel Congo francese, inaugurata nel 2022 con la mia presenza in loco. Dal 2012 organizziamo Convegni Nazionali ad Assisi (Domus Pacis). Annualmente organizziamo sei Convegni Regionali.

 Dal 2010 sono nel direttivo del coordinamento nazionale A.M.A. e nel direttivo del CSVS Brindisi-Lecce, organizzando nelle scuole di secondo grado con i ragazzi, dai 15 ai 18 anni, convegni di prevenzione al suicidio, con il tema ‘Protagonista del tuo futuro’; ed, infine,  nel direttivo nazionale della pastorale della salute A.I.P.A.S. (Associazione Italiana di Pastorale Sanitaria).

 Attualmente sono anche presidente, nella cattedrale di Otranto, del Consiglio Pastorale, presidente dell’Apostolato della Preghiera; inoltre collaboro con il parroco nella preparazione dei genitori per il Battesimo dei loro figli e sono ministro straordinario della Comunione.  Infine portiamo avanti l’iniziativa del 5xmille a favore del reparto pediatrico dell’ospedale Vito-Fazzi di Lecce”.

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