Lucca, 13 March, 2024 / 2:00 PM
Proseguono in Vaticano le visite ad limina delle diverse conferenze episcopali regionali d’Italia. La settimana scorsa è stata la volta dei Vescovi della Toscana. Aci Stampa ne ha parlato con uno di loro, Monsignor Paolo Giulietti, Arcivescovo di Lucca.
Innanzitutto va detto che la Visita ad limina è stata preceduta da un periodo di preparazione, caratterizzato dalle redazione dell’impegnativa relazione sullo stato della Diocesi da presentare alla Santa Sede; essa ha coinvolto diverse persone ed uffici di Curia, costituendo l’occasione di fare il punto sul nostro cammino di Chiesa, con le sue luci e le sue ombre. Non è stato facile mettere insieme e raccogliere in modo organico tanti diversi contributi, ma tale sforzo ha consentito non solo al vescovo di mentalizzare l’importanza dell’appuntamento e ha prodotto una sintesi della vita diocesana che è stata utile prima di tutto per chi l’ha scritta. Dopo di che, i giorni romani sono stati segnati soprattutto da due dinamiche: la comunione universale e la fraternità collegiale. L’incontro con Papa Francesco e i colloqui con i Dicasteri della Santa Sede da una parte; la convivenza romana e il pellegrinaggio comunitario dall’altra. A volte, presi dalle mille faccende della propria Diocesi, si affievolisce, nel vescovo, nel clero e nei fedeli, la consapevolezza del dono della comunione universale, che si manifesta prima di tutto nel legame con il Vescovo di Roma e con i Vescovi delle Chiese sorelle. La visita ad limina ha rafforzato entrambi gli aspetti.
Cosa può raccontarci dell’udienza con il Santo Padre?
Mi piace sottolineare il clima estremamente cordiale e la sincera disponibilità del Papa al dialogo su qualsiasi argomento. È la stessa libertà che si sperimenta nel corso delle Assemblee generali della CEI, ma poterla vivere in pochi è un’altra cosa. Siamo tutti usciti molto contenti e rinfrancati. Credo che anche il Santo Padre abbia vissuto questo impegno – tra i tanti della sua giornata – come un momento di gioiosa e fruttuosa comunione.
Cosa è emerso dagli incontri che avete avuto con i responsabili dei dicasteri vaticani? Avete chiesto qualcosa di specifico o sottolineato qualche criticità?
Alcuni dicasteri sono stati molto interessati ad ascoltare da parte nostra alcune esigenze e problemi di interesse per il loro servizio alla Chiesa universale; in altri ha prevalso invece il desiderio di far conoscere la loro attività. Inutile dire che i primi sono stati quelli più apprezzati. Ci è poi capitato di vivere un’esperienza particolare: l’incontro con la Commissione pontificia per la tutela dei minori è avvenuto durante i giorni della loro assemblea plenaria, per cui erano presenti non solamente i responsabili di quell’organismo, ma tutti i suoi membri, provenienti dai cinque continenti e con grande competenza in materia. Ne è scaturita una conversazione non banale, in cui abbiano respirato la drammaticità della questione in alcune Chiese e insieme ribadito la volontà di trattare il fenomeno con la massima serietà.
La Chiesa italiana sta vivendo il suo cammino sinodale, inserita in quello della Chiesa universale. Quanta sinodalità c’è stata in questa esperienza romana?
La visita ad limina è forse la più antica esperienza di sinodalità episcopale, poiché affonda le sue radici nell’VIII secolo. Recarsi in pellegrinaggio ad limina sanctorum apostolurum Petri et Pauli e incontrare il successore di Pietro è un potente segno del cammino comune (syn-odos) di tutta la Chiesa, garantito dal ministero petrino e dalla collegialità episcopale. La presidenza nella carità della Chiesa di Roma e del suo vescovo – lo constatiamo anche dinanzi ai travagli dell’Ortodossia e alla parcellizzazione della Riforma – è garanzia e fermento di unità, come anche presidio di libertà dinanzi ai poteri del mondo. Difficile immaginare un cammino sinodale senza qualcosa o qualcuno che tuteli la comunione come bene supremo della comunità dei discepoli di Cristo.
Cosa ha riportato a Lucca da questa visita ad limina? Sarà un arricchimento anche per la sua Diocesi?
Sono tornato rinfrancato, motivato e anche riposato, per i giorni di forzata lontananza dagli impegni quotidiani; entrambi le cose – credo – siano un bene non solo per la mia persona, ma anche per la Chiesa di Lucca, perché con un animo più sereno e disteso si è in grado di trasmettere fiducia ed entusiasmo alle persone che si incontrano.
Quanto e come gioverà questa esperienza al suo ministero episcopale?
Difficile dirlo ora: tutti i semi hanno bisogno di tempo per produrre i propri frutti. Intanto posso dire che sono grato dell’esperienza vissuta.
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